TURCHIA: Il Sultano riceve altri 3 mld per i migranti, come buttare soldi nel cesso

Doveva durare solo poche ore, ma il vertice tra UE e Turchia è finito a tarda notte con un’intesa che vede l’Europa capitolare di fronte a un paese che da mesi ci sta prendendo per i fondelli. Un paese che, di fatto, finanzia l’ISIS acquistandone il petrolio sottobanco. Un paese che finge di bombardare i fondamentalisti in Siria e invece attacca quelli che, almeno sullo carta, sarebbero i suoi alleati, ovvero i curdi. Un paese che, ancora contro i curdi, sta conducendo una guerra interna rifiutando ogni soluzione politica. Un paese che usa i migranti come strumento per ottenere dall’Europa concessioni economiche, politiche e – infine – il riconoscimento delle proprie mire espansionistiche nella regione. Un paese che si sta trasformando in un regime autoritario e ottiene, in nome ti tali democratici sforzi, l’apertura di nuovi capitoli negoziali per l’adesione all’UE.

L’Europa alla corte del Sultano

Ecco, di fronte a un siffatto paese, i cicisbei brussellesi e le loro germaniche maîtresse non trovano di meglio che un bieco accordo, per poi concionare di vite da salvare in mare o dalle bombe che cadono sugli inermi – eppure proprio da loro sganciate. Gli europei credono forse così di rabbonire il sacripante turco, di blandirlo e portarlo a più miti consigli, ma si illudono. Come già si è potuto vedere in altri scenari, come quello ucraino, le potenze (o presunte tali) che circondano il pollaio europeo sono volpi esperte, capaci di ingannare e ottenere un poco alla volta, con pressioni graduali, quanto mai avrebbero ottenuto battendo i pugni sul tavolo.

Non mi si fraintenda, chi scrive non intende giocare al moralista sulle timidezze europee. Né appartiene a quella schiera di utopisti liberal che ritiene si debba fare accordi solo con gli immacolati. Il realismo impone che si parli con tutti, siano essi sultani, raìs, autocrati, assassini al potere, poiché la diplomazia è l’unica arma contro la guerra. Ciò tuttavia non significa che, in nome del quieto vivere, ci si lasci trattare da imbecilli, nel senso di imbelli.

Soldi buttati nel cesso, non fermeranno i migranti

I turchi escono dal vertice da veri vincitori ottenendo – in primo luogo – altri soldi, ovvero tre miliardi di euro che “sono per i profughi siriani”, chiosa il premier Davatoglu. Certo, ma i profughi siriani sono il risultato (anche) dell’appoggio turco all’ISIS. Quel denaro, quindi, serve ad ammortizzare le spese, ad affrontare i costi collaterali della guerra. I migranti sono una conseguenza di quella guerra. E solo risolvere la crisi siriana, ponendo fine ai combattimenti, può fermare l’emigrazione. Ma cosa fa l’Europa? Offre denaro ai carnefici, a chi alimenta la guerra. 

Ma c’è dell’altro, poiché quel denaro non servirà tanto per l’assistenza, quanto per il rimpatrio dei migranti siriani. Quel rimpatrio che, dentro i confini europei, tanto indigna l’opinione pubblica continentale ma che, se avviene al di fuori, occhio non vede e cuore non duole. Insomma, alla Turchia diamo denaro per fare il lavoro sporco e – in cambio – offriamo piena connivenza, silenzio assenso, alle sue manovre in Medio Oriente. Non solo, poiché tali politiche non fermeranno i flussi migratori ma li devieranno verso il crimine organizzato, aggiungendo al problema della migrazione quello della criminalità. Ecco perché i soldi ad Ankara sono, da ogni punto di vista, buttati nel cesso.

Anche la NATO per fermare i migranti

La Turchia ha altresì ottenuto che le navi della NATO vengano usate per pattugliare le coste ed evitare gli sbarchi dei migranti. La NATO contro i migranti. Che belli i tempi in cui c’era solo (!) Frontex, l’Europa sembrava ancora la terra del diritto e della libertà.

Ankara ottiene anche la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi e l’apertura di cinque nuovi capitoli negoziali per il processo di adesione all’UE. E poco importa se pochi giorni fa la polizia turca ha fatto irruzione nel principale quotidiano del paese, Zaman, guarda caso all’opposizione, commissariandolo con la scusa di corruzione e riciclaggio di denaro.

L’Unione Europea così attenta – giustamente – alle questioni delle libertà e dei diritti concede a un paese in piena deriva autoritaria una rinnovata possibilità di adesione? Non deve stupire. Pensiamo ai muri di filo spinato e alle frontiere chiuse: anche l’Europa è in preda a derive illiberali. Dimmi con chi vai, e ti dirò chi sei.

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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