TURCHIA: Doppio attacco a Istanbul. La matrice è forse alevita

Sparatoria di fronte alla questura centrale di Istanbul. Nel pomeriggio due individui armati sono stati bloccati dalla polizia mentre tentavano di entrare nell’edificio, che si trova sulla Vatan Caddesi, nel centralissimo quartiere di Fatih. Uno degli attentatori è stato ferito nel conflitto a fuoco, mentre l’altro sarebbe stato ucciso. Secondo le prime indiscrezioni si tratterebbe di una donna che aveva con sé dell’esplosivo. Un comunicato delle forze dell’ordine riporta che la donna aveva con sé un fucile, una pistola e due bombe a mano. Gli ordigni sono stati disinnescati dagli artificieri. La zona è stata blindata dalle forze dell’ordine. Gli inquirenti stanno interrogando l’attentatore sopravvissuto per ricostruire la dinamica degli eventi e verificare eventuali collegamenti con gli altri episodi di quest’ultima ondata di attacchi alle principali istituzioni, che sta aumentando la tensione nel Paese a due mesi dalle elezioni legislative.

Poche ore prima si era verificato un altro attacco da parte di un uomo armato a Istanbul, questa volta alla sede dell’AKP, il partito di Erdogan, presso il quartiere di Kartal, nella periferia est della città. Lo riferisce il quotidiano turco Hurriyet. All’inizio si riteneva si trattasse di almeno due uomini, poi è emerso che era una sola la persona armata penetrata nella sede del partito. Dalla finestra del palazzo ha sventolato una bandiera rossa. Non si tratta di un vessillo di sinistra, come quello del DHKP-C, il partito marxista-leninista che ha condotto l’attacco di ieri presso il tribunale di Istanbul, ma di una bandiera turca con una stella e una spada. La spada sarebbe quella di Alì, cugino e genero del profeta Maometto, figura di riferimento per gli aleviti, setta sciita duodecimana che vanta molti fedeli in Turchia. Anche l’attentato di ieri, secondo alcune fonti, pescherebbe dal mondo alevita. Al momento mancano ulteriori prove a suffragio di questa tesi. Dopo poche ore sono entrate in azione le teste di cuoio e hanno arrestato l’uomo.

Intanto un aereo, diretto a Lisbona, è stato fatto rientrare a Istanbul a seguito di un allarma bomba, poi rivelatosi infondato.

L’attentato al giornale Adimral

Si tratta del terzo attacco in pochi giorni. Il primo è stato quello del 25 marzo, ai danni del giornale,Adımlar  che ha causato la morte di un redattore. L’attentato è con ogni evidenza legato alla linea editoriale della testata, vicina agli ambienti più estremisti del radicalismo religioso islamico. Adımlar è infatti legato all’İBDA-C (acronimo di İslami Büyükdoğu Akıncılar Cephesi, Fronte dei guerriglieri del Grande Oriente islamico), un piccolo gruppo jihadista di Istanbul, attivo dagli anni ’70 ma sconosciuto ai più. L’attentato, che non è ancora stato rivendicato, è da ascriversi secondo gli inquirenti al gruppo terrorista DHKP-C.

L’attacco al tribunale

Nella giornata del 31 marzo lo stesso DHKP-C, gruppo di ispirazione marxista-leninista fondato nel 1978, ha fatto irruzione nel tribunale di Istanbul prendendo in ostaggio il procuratore Mehmet Selim Kiraz. Il magistrato stava indagando sul caso della morte di Berkin Elvan, un ragazzo di quindici anni colpito da una granata di lacrimogeni della polizia durante le proteste contro il governo turco nel 2013, al parco Gezi, e morto dopo molti mesi di coma. “Giustizia per Gezi Park” è stato lo slogan del gruppo armato che, dopo ore di infruttuose trattative, ha subito la reazione delle forze di polizia che ha causato la morte degli attentatori e del procuratore. 

Lo strano black-out

Non è chiaro come il gruppo armato abbia potuto penetrare indisturbato all’interno del sorvegliatissimo tribunale di Istanbul. Forse ad averli aiutati è stato il misterioso black out che, nella stessa giornata del 31 marzo, ha colpito l’intera Turchia lasciando al buio le principali città del paese. Le ragioni del black-out restano ignote. Il premier Ahmet Davutoglu non ha escluso alcuna ipotesi, neanche quella di un attacco terroristico. Per il ministro dell’energia potrebbe perfino essere stato un ‘cyber-attacco’. Il silenzio stampa è stato imposto sull’intera vicenda da parte del governo: una norma che consente di imporre la censura a stampa e televisioni per ragioni di sicurezza nazionale o ordine pubblico. Una facoltà usata spesso e volentieri in Turchia su vicende sensibili o scabrose.

La reale dinamica degli attentati fin qui occorsi, e la natura dei gruppi che li hanno condotti, resta al momento poco chiara come pure resta ancora difficile tracciare una linea che colleghi i diversi fatti. Il prossimo 13 giugno in Turchia si terranno le elezioni parlamentari.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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