Si è interrotta la fragile tregua di Kiev, i manifestanti tornano alla carica dei palazzi del potere. Il rilascio di 234 manifestanti arrestati durante gli scontri delle scorse settimane, e l’amnistia verso gli oppositori, non sono serviti a fermare le proteste. Ventimila manifestanti hanno fronteggiato la polizia rompendo parte dei blocchi. Presa d’assalto anche una sede del partito di Yanukovich. Finora si registrato 150 feriti tra i manifestanti, 30 tra le forze dell’ordine e tre morti.
A scatenare la rabbia è lo stallo in Parlamento della legge costituzionale, promessa da Yanukovich, che dovrebbe limitare i poteri del presidente.
I manifestanti antigovernativi hanno rioccupato la ‘Casa degli ufficiali’, in via Grushevski, che è stata teatro di violenti scontri a fine gennaio. Il ministero della Difesa ucraino è intervenuto ordinando agli insorti di sgomberare immediatamente l’edificio, di pertinenza del ministero stesso.
Dentro un Parlamento assediato l’opposizione cerca di bloccare i lavori della Camera intonando l’inno nazionale, consapevole che alla legge di riforma costituzionale mancano i numeri per essere votata.
La protesta esce dall’abituale piazza Indipendenza e apre due nuovi fronti, il primo al parco Marinski e il secondo in via Grushevski, già teatro dei combattimenti di fine gennaio in cui hanno perso la vita almeno quattro persone. Per quanto violenta, la protesta si concentra intorno ai palazzi del potere in circa due chilometri quadrati. Qui si registrano gli scontri più accesi, qui ci sono i blocchi della polizia e le barricate dei manifestanti. La città tuttavia non sembra versare in stato d’assedio.
Mosca intanto resta a guardare. Il Cremlino non ha ancora versato la prima tranche di aiuti, per un totale di 15 miliardi, promessa a Yanukovich: vuole prima vedere chi sarà, dopo le dimissioni forzate di Azarov, il nuovo primo ministro e quale politica estera (e interna) intenderà perseguire. I leader dell’opposizione di Kiev – l’ex pugile Vitali Klitschko e il capogruppo del partito di Timoshenko, Arseni Iatseniuk – intanto si rivolgono alla Merkel perché faccia pressioni sull’Unione Europea per convincerla a porre delle sanzioni economiche all’Ucraina. Sanzioni che, nelle intenzioni, indeboliranno il potere di Yanukovich ma che non potranno non avere ricadute sulla popolazione.
La crisi ucraina sembra ancora lontana dal trovare una soluzione.
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Foto di ©Olga Jakimovich, photographer
Ciao Matteo, in realtà Mosca ha versato già 3 miliardi e oggi ha annunciato di essere pronta a scucirne altri due. Saluti.
Soldi buttati, l’Ucraina è uno stato fallito senza rimedio. Putin farebbe meglio a spendere i soldi per la Russia
La colpa è tutta della debolezza di Yanukovic, un presidente inetto e corrotto. La “rivoluzione” è fatta da bande paramilitari finanziate dall’estero, se lui avesse usato subito il pugno duro sarebbe finita li senza spargimento di sangue. Invece lui non sapeva su quale sedia sedersi, aveva paura che l’Europa gli congelasse i conti correnti e ha cercato di guadagnar tempo, col risultato che adesso si rischia un bagno di sangue. Quando ci hanno provato in Bielorussia, il buon Lukashenko ha fatto piazza pulita della marmaglia in mezza giornata, e i bielorussi ancora lo ringraziano, nel loro paese si vive di gran lunga meglio che nella disastrata Ucraina.
D’accordo in quasi tutto con Vlad. Non su Lukashenko: il perché mi sembra banale. Per il resto, però, coma dargli torto?