Pushkin Odesa

Pushkin scompare a Odessa: la derussificazione avanza

La copertura del busto di Pushkin nel cuore di Odessa scrive un ulteriore capitolo nel processo di derussificazione dell’Ucraina. Un gesto emblematico che riflette lo scontro tra governo centrale ed élite regionali, in una città in cui la guerra sta lasciando segni profondi.

DA ODESSA –

Nel pomeriggio di mercoledì 29 ottobre le autorità di Odessa – città portuale nel sud-est dell’Ucraina- hanno coperto un’importante statua di Alexander Pushkin con dei pannelli di legno, rendendola irriconoscibile. Il busto di bronzo del poeta, considerato padre della letteratura russa, segnava l’inizio della strada Prymorskyi, quella che porta dal Teatro dell’Opera e del Balletto alla Scalinata Potëmkin. In pieno centro dunque, impossibile da ignorare per chiunque facesse visita alla “Perla sul Mar Nero”.

Dalla Rivoluzione della Dignità (Euromaidan) in poi, e ancor più dopo l’invasione russa su larga scala, il monumento era finito nel mirino di quelle politiche, definite di “derussificazione”, che hanno come obiettivo l’eliminazione sistematica dei simboli della cultura russa dalla vita civile del paese. Basti pensare che negli ultimi tre anni tra busti, targhe e memoriali, in tutto il paese sono spariti 34 monumenti dedicati ad Alexander Pushkin.

Ma non tutte le statue hanno lo stesso peso; perché l’Ucraina è un paese molto eterogeneo, in cui quello che succede a nord-ovest non si può paragonare a ciò che avviene a sud-est.

L’Odessa moderna è stata fondata nel 1794 dalla zarina russa Caterina la Grande, ospitando, pochi anni dopo, l’esilio proprio di Alexander Pushkin, che qui trasse ispirazione per scrivere uno dei suoi più celebri poemi in versi: l’Eugene Onegin. Qui la popolazione russofona negli ultimi decenni ha costituito una minoranza consistente e rumorosa, sempre ben rappresentata politicamente. Il sindaco Hennadyi Truchanov (2014-2025), ad esempio, era considerato da molti un “filorusso”, perché troppo lontano dalle posizioni post-Maidan incarnate oggi da Zelensky.

Ed è proprio quest’ultimo dato a spiegare parte della faccenda. Truchanov era da tempo osteggiato dal presidente ucraino per le sue posizioni “morbide” nei confronti della Russia, espresse soprattutto nella scarsa partecipazione del sindaco al già citato processo di derussificazione: motivo per cui il Pushkin di Odessa negli ultimi anni era rimasto illeso. Ma qualche settimana fa, il 14 ottobre, le autorità hanno revocato attraverso un decreto presidenziale la cittadinanza ucraina a Truchanov, sollevandolo dall’incarico che ricopriva dal 2014 e instituendo in città un’amministrazione militare. La nuova reggenza – guidata dall’ufficiale Serhiy Lysak – non ha perso tempo, ponendo il dossier Pushkin tra le priorità politiche del comune di Odessa. Un messaggio chiaro agli odessiti (одесситы) e all’Ucraina tutta, che ci ricorda una delle tante battaglie combattute contestualmente a quella militare: lo scontro tra la tendenza centralizzatrice della presidenza ucraina e le élite regionali.

L’emergenza bellica tutt’oggi in corso, che fa della città portuale uno dei principali obiettivi militari dell’esercito e della marina russa, così come l’approccio di Zelensky alla questione elettorale, non fa presagire nel breve periodo l’indizione di nuove elezioni comunali. Suggerendoci che nei prossimi mesi, settimane, o giorni, molti altri simboli della cultura russa a Odessa potrebbero essere giudicati dal governo centrale.

In questo senso attenzione speciale andrà data alla Scalinata Potëmkin, che già da qualche anno appare nei documenti ufficiali con la denominazione Scalinata Primorsky (“prima del mare”). La celebrazione proletaria di Eisenstein, espressa nella leggendaria pellicola, fa degli illustri scalini un obiettivo particolarmente sensibile: una facile preda della desovietizzazione, variante storica della derussificazione. In questo caso la strategia non sarebbe di rimozione ma di rinominazione, per fare in modo che nessuno più si riferisca ad essa con i termini del passato.

In tutto ciò, l’ultima parola spetterà ai cittadini, che in questa guerra stanno giocando un ruolo centrale. Ogni tentativo di occupazione russa di Odessa infatti, fallirebbe senza il sostegno – o almeno la collaborazione – della popolazione locale. Così come la prosecuzione dello sforzo bellico ucraino nel sud-est del paese non esisterebbe senza la resistenza attiva di chi vive in città -fianco invisibile di chi combatte al fronte. Qualsiasi azione del governo quindi dovrà fare i conti con l’opinione e l’umore degli odessiti, che fino a questo momento però hanno osservato in silenzio alle trasformazioni della propria città, sottoposta da tre anni ad una duplice furia iconoclasta: quella civile portata avanti dal governo ucraino, e quella militare generata dai bombardamenti russi.

Fonte immagine: Intent website.

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Chi è Livio Maone

Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali a Roma Tre. Attualmente è studente magistrale all’Università di Bologna.

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