Russia e Cecenia tra conquista e resistenza

Il territorio che oggi costituisce la Cecenia è stato conquistato dai russi appena due secoli fa. Fin da subito, alla conquista seguirono le guerre che però mai portarono a un punto risolutivo: i russi non riuscirono a radicarsi nel territorio, i ceceni non poterono liberarsi della presenza e del potere russo. Eppure per i russi era necessario controllare il Caucaso del Nord, anche in vista dell’espansione verso sud nelle terre che furono dei persiani e degli ottomani, e per questo non cessarono mai di impegnarsi militarmente nella regione.

Occorre dire che prima della conquista russa non esisteva uno stato ceceno.  Il Caucaso del Nord è fatto di montagne e valli profonde e isolate. In questi territori le società si dividevano in comunità in cui i rapporti con l’esterno erano scarsi e quelli interni, invece, si regolavano attraverso i clan e le tribù. Vi erano però grandi differenze a seconda della popolazione: i cabardi o gli osseti hanno dato luogo a strutture sociali gerarchizzate e verticali, mentre ceceni e ingusci si organizzavano in modo orizzontale e relativamente egualitario dove il potere era esercitato dai capifamiglia. Gli anziani esercitavano la giustizia e il diritto consuetudinario (adat) non era stato scalzato dalla legge islamica (shari’a) giunta insieme alla diffusione della fede musulmana. E’ in questo contesto che arrivano i russi.

La Russia tendeva ad assimilare le aristocrazie locali per radicarsi nei territori conquistati ma i ceceni non avevano un notabilato locale da usare come interlocutore per cooptare la popolazione. Di fronte alle resistenze di quest’ultima, usò la violenza incontrando una tenace resistenza armata. La prima rivolta fu guidata da Mansur, sceicco della confraternita islamica (tariqaat) detta Naqshbandiya. Il ruolo delle confraternite islamiche nel Caucaso è fondamentale: da una lato esprimono e conservano un Islam di tipo moderato, aperto al sincretismo con le culture locali; dall’altro diventano elemento identitario della popolazione. Le tariqat sono le tipiche organizzazioni del sufismo, corrente mistica dell’Islam che fu importante per la diffusione della religione musulmana in Africa proprio in virtù della sua capacità di legarsi alla cultura locale. Questa parentesi verrà utile nel proseguo del racconto.

La resistenza di Mansur (1785 – 1791) si concluse con una sconfitta. Come pure quella organizzata da Shamil, membro della stessa confraternita di Mansur, che tra il 1824 e il 1859 terrà testa ai russi proclamando la jihad e diventando un eroe popolare. La novità di Shamil fu che seppe uscire dai confini tradizionali della famiglia e del clan, mobilitando un vero esercito e organizzando una struttura amministrativa, nominando governatori locali affiancati da un muftì, interprete della legge islamica. E’ l’embrione di una stato ceceno che trova, nell’Islam, legittimità e coerenza. Non furono dunque i russi a creare uno stato ceceno, ma la necessità di questi ultimi di organizzarsi. Shamil venne sconfitto ma ci vollero ancora decenni prima che i russi potessero imporre la loro autorità sulle regioni cecene e quindi una relativa pace.

Quando l’impero zarista cadde fu di nuovo tempo di conflitti e un pronipote di Shamil proclamò la nascita di un Emirato del Caucaso sfidando il generale “bianco” Denikin. Quando, nel 1920, i “bianchi” vennero sconfitti dall’Armata Rossa, la situazione peggiorò poiché i bolscevichi intendevano estirpare l’elemento religioso, così importante per l’identità dei ceceni che infatti ripresero le armi. Fu inutile. L’élite religiosa venne deportata o uccisa. La struttura sociale clanica venne annientata con la forzata collettivizzazione. Si cominciò però a formare una classe intermedia di quadri politici locali che seppe mettere in comunicazione la popolazione con l’autorità sovietica. Tuttavia la freddezza dell’adesione cecena alla causa sovietica spinse, negli anni Trenta, a una feroce repressione che portò a una nuova ondata di resistenza armata.

Nel 1942 l’esercito nazista arrivò a poche centinaia di chilometri dal territorio ceceno. La collaborazione con i nazisti da parte delle bande armate cecene vi fu, seppur limitata, ma questo bastò a Stalin per dichiarare l’intero popolo ceceno colpevole di tradimento e – come accadde ad altri musulmani, i tatari di Crimea – condannarlo alla deportazione in Asia centrale.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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