TURCHIA: Quindici città in piazza a favore dell'aborto

Venerdì 9 giugno, contemporanemanete in 15 città della Turchia, ci sono state manifestazioni di protesta a favore dell’aborto per criticare le recenti affermazioni pubbliche del premier Erdoğan contro l’interruzione della gravidanza. L’aborto in Turchia è legale dai primi anni ‘80 ed è possibile sottoporsi all’operazione fino alla decima settimana di gravidanza. A fine maggio il primo ministro Recep Tayyip Erdoğan aveva sostenuto che l’aborto è come un omicidio dichiarando “Ogni aborto è una Uludere” in riferimento al tragico accadimento del 28 dicembre 2011 quando 36 civili che stavano attraversando il confine tra la Turchia e l’Iraq sono stati uccisi in condizioni tuttora poco chiare in un’operazione anti terrorismo. La dichiarazione del premier ha infiammato il dibattito in Turchia creando due fronti contrapposti anche se le frasi di Erdoğan non hanno avuto alcun seguito a livello legislativo. Non si sa di preciso se la legge sull’aborto verrà modificata e come, non ci sono certezze sui tempi e probabilmente in Turchia l’aborto rimarrà un diritto protetto dalla legge. Ma molte persone temono che possa avvenire il contrario.

“Forse entro un mese l’aborto in Turchia non sarà più un diritto protetto dalla legge”, con queste parole una delle manifestanti a İstanbul mi spiega perché una folla di donne ha deciso di occupare per ore una delle strade più frequentate della città manifestando il proprio dissenso verso le dichiarazioni del primo ministro. Nel tardo pomeriggio, davanti al Liceo Galatasaray in İstiklal Caddesi, circa un migliaio di donne di tutte le età si sono radunate per dare il via alla protesta. Non un corteo ma un sit-in imponente con moltissime persone a gridare in maniera pacifica ma determinata le proprie convinzioni sulla libertà di scelta. La questione dell’aborto viene affrontata in prima persone dalle donne: gli uomini presenti stanno ai margini della folla e quando mi avvicino per parlare con qualche manifestante mi spiegano gentilmente che non posso accedere al centro del sit-in “perché le donne vogliono parlare di loro stesse”.

Momenti di protesta gioiosa si alternano a slogan molto determinati che vengono scanditi a squarciagola dalla folla: “Il corpo è mio” (“Bedenim benim”), “Non vogliamo un primo ministro sessista” (“Cinsiyetci başbakan istemiyoruz”) e “L’aborto è un diritto, Uludere è un assassinio” (“Kurtajaktır Uludere cinayet”). A manifestare si trovano donne di tutte le età, ragazze col velo e non, studentesse universitarie, donne di mezza età e turiste straniere che decidono di appoggiare la protesta. Il sit-in va avanti per ore e poco prima di mezzanotte dalle casse comincia a diffondersi musica ad alto volume e la protesta si trasforma in una danza di festa.

Le manifestazioni continueranno nelle prossime settimane in tutto il paese. Come era prevedibile le dichiarazioni del primo ministro sull’aborto hanno provocato una condanna da parte dell’Unione Europea e sono invece state sostenute da alcuni imam in Turchia. Oltre alle critiche da parte del maggiore partito di opposizione, il CHP, e delle associazioni femminili, è necessario sottolineare anche come la frase del premier sull’aborto abbia creato imbarazzo anche all’interno del partito dello stesso Erdoğan: Nursuna Memecan, deputata dell’AKP, ha infatti dichiarato recentemente che proibire l’aborto per legge potrebbe portare “grandi danni” alla Turchia.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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