GAZPROMENADE /8: Paesi a rischio

di Matteo Zola

CECENIA

Sulla strada della pipeline molti sono i paesi a rischio, coinvolti in strategie globali più grandi di loro che costano a quelle popolazioni massacri, guerre, pulizia etnica. Il caso più evidente è quello della Cecenia, il gasdotto Transcaspico e l’oleodotto Baku-Novorossijsk attraversano la regione del Caucaso proprio all’altezza di Grozny.

Non approfondiremo qui le cause e le vicende del conflitto ceceno ma esse si legano a doppio filo con le condotte degli idrocarburi. Il moderno indipendentismo ceceno nasce laico e guidato da ex ufficiali dell’esercito sovietico decisi ad approfittare dello sfascio russo seguito ai convulsi giorni dell’Autunno del 1991 per affermare l’indipendenza di un territorio che avrebbe potuto contare sulla rendita del transito petrolifero per garantirsi una certa prosperità. Gli anni successivi vedono la progressiva emarginazione della leadership laica e la sua sostituzione con una religiosa a base wahabita il cui finanziamento veniva effettuato in primo luogo dalla monarchia saudita desiderosa di estendere la propria influenza politica su tutti i territori a maggioranza islamica tramite l’esportazione della versione reazionaria ed oscurantista della religione musulmana. Non vanno dimenticati gli interessi della Chevron-Texaco, compagnia petrolifera americana, la cui consigliere per l’area caucasica è stata per otto anni Condoleeza Rice.

GEORGIA

La questione cecena è legata a quella georgiana: l’appoggio di Tblisi alla guerriglia cecena si motivava con le speranze di Saakashvili di scatenare una guerra di breve durata che piegasse gli osseti, provocandone la fuga verso il territorio russo consentendogli di annettersi il territorio ribelle. La Georgia condivide questi piani con l’amministrazione americana poiché la cacciata russa dalle basi ossete ed abkhaze vorrebbe dire l’emarginazione di Mosca da qualsiasi gioco caucasico e il diffondersi della ribellione all’interno delle molte repubbliche autonome della Federazione. Ossetia del Sud e Abkazia sono due regioni separatiste formalmente sotto il controllo di Tblisi ma occupate militarmente dalla Russia, esse sono al centro della recente guerra che, nell’agosto scorso, ha visto contrapposte Russia e Georgia con esiti disastrosi per quest’ultima (vedi: Guerra in Georgia, cause e conseguenze, nella categoria Georgia).

DAGHESTAN

Tra le repubbliche più turbolente, sulla via del Transcaspico e del Baku-Novorossijsk, c’è quella del Daghestan. Nel 1998 una serie di attentati terroristici a Mosca e l’occupazione di alcuni ospedali della regione da parte di guerriglieri ha acceso i riflettori sulla piccola repubblica caucasica. Quelle azioni erano però guidate dal capo guerrigliero Dasayev, concorrente del Presidente ceceno in esilio Maskhadov, responsabile anche del rapimento carneficina di Beslan. Guerriglia cecena, dunque, in Daghestan. Ciò evidenzia come le vicende delle varie repubbliche caucasiche siano tutte legate tra loro: alla Cecenia si lega la Georgia, alla Georgia si legano Ossetia del Sud e Abkatia, così l’Inguscetia e il Daghestan dipendono dalla situazione in Ossetia e in Cecenia. Guerre etniche e politiche dilaniano quei piccoli paesi al loro interno, mentre sulla loro testa si gioca la partita energetica.

UCRAINA

In questa partita è coinvolta anche l’Ucraina, legata alla Georgia nei destini di integrazione alla Nato e all’Unione Europea. I piani russi prevedono per l’Ucraina una divisione del paese in tre aree, che approfondiremo altrove (vedi: La spartizione dell’Ucraina, nella categoria Ucraina). Non bisogna sottovalutare le intenzioni russe, pensando si tratti di fantapolitica. La Georgia insegna che i piani russi, lungi dall’essere fantapolitici, sono in fase di realizzazione. E quanti credono marginali le questioni del Caucaso, non potranno distogliere lo sguardo da vicende che riguardano il cuore dell’Europa. Durante il conflitto russo-georgiano dell’estate 2008 buona parte della stampa internazionale ha parlato di second cold war alle porte.

L’ingenuità di tali affermazioni non si spiega, se non con la volontà di disinformare, poiché basta analizzare i rapporti economici tra Russia e old Europe per comprendere quale sia la geopolitica in atto. Una geopolitica, certo non immutabile, che prevede la spartizione delle sfere d’influenza tra Nato e Russia. Una partita ancora tutta da giocare che rischia di compromettere il destino dell’Europa.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

Leggi anche

Andrea Borelli Putin

Putin non è fascista. Un libro di Andrea Borelli per capire il putinismo

Secondo molti osservatori, Putin sarebbe il volto del fascismo moderno. Un bel libro di Andre Borelli ci mostra invece quanto il putinismo sia debitore allo stalinismo, aiutandoci a comprendere meglio l'ideologia del Cremlino...

Un commento

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com