Pamyat & Co. Dove va il neonazismo russo

di Matteo Zola

Il Partito nazional-socialista russo (Русская Национальная Социалистическая Партия) è un partito neonazista russo che nasce subito dopo il disfacimento dell’Unione Sovietica dall’iniziativa di Konstantin Kasimovsky, un membro della classe dirigente dell’organizzazione Pamyat. Pamyat era un’organizzazione a sfondo culturale nata negli anni Settanta che a metà degli anni Ottanta diventa associazione parapolitica, fondata sui valori del “patriottismo cristiano-ortodosso”. La trasformazione da associazione culturale a organizzazione politica frantuma il Pamyat in decine di groppuscoli.

Uno di questi è il Fronte Patriottico Nazionale dalle cui fila, nel 1992, esce Kasimovsky fondando (nel 1993) un suo partito, chiamato “Unione Nazionale Russa”. Dalla galassia dell’ultra destra ortodossa russa emerge anche il “Fronte Nazionale Patriottico”, fondato nel 1990 da  Aleksandr Barkashov. Quest’ultimo promuove il culto della svastica che diventa simbolo del suo partito. Dall’unione dei movimenti di Kasimovsky e Barkashov nasce (nel 1998) il “Partito nazional-socialista russo”.

Il partito è fondato su quattro principî: cristianità ortodossa, forte statalismo, aggressivo nazionalismo russo, socialismo non-marxista. Oggi il simbolo del partito è il labaro di Costantino il Grande (insegna militare romana sormontata dal monogramma di Cristo).

Dal 1999 il partito neonazista russo pubblica un giornale chiamato Pravoye Soprotivleniye (“Resistenza di Destra”), erede del precedente giornale Shturmovik “truppa d’assalto”, nome che si rifà volutamente a quello della rivista nazista tedesca Der Stürmer di Julius Streicher. Anche qui il radicalismo religioso, la tradizione imperiale, l’antisemitismo e il neonazismo si mescolano.

La realtà del neonazismo russo è assai complessa e molti sono i movimenti che si intersecano. Il grado di fedeltà al gruppo cui si appartiene è tale da non consentire fusioni tra i vari gruppi. Ecco perché difficilmente si assiste -in Russia come altrove- alla nascita di veri e propri partiti nazisti capaci di concorrere per dei seggi in Parlamento. Un esempio, in tal senso, viene dalla Germania dove i due partiti neonazisti presenti non riescono a unirsi rimanendo così marginali nella vita politica. In caso contrario potrebbero invece conquistare seggi in qualche land (come l’Assia) dove già sono forti. L’assenza del neonazismo dalla grande  politica è dunque da considerarsi dovuto non alla marginalità del fenomeno ma alla sua frammentazione.

Tornando alla Russia, un dato di cronaca. Il mese scorso a Mosca è stato ucciso con due colpi alla nuca il giudice Eduard Chuvashov che aveva precedentemente condannato a 10 anni di carcere due membri del gruppo di estrema destra “Ryno Gang” per aver ucciso 20 persone di aspetto “non slavo”. I due avevano pubblicato online le immagini delle brutali esecuzioni. L’agenzia russa Interfax ha riportato il commento del presidente Dmitry Medvedev, secondo cui “sarà fatto tutto il possibile perché i mandanti e gli esecutori di questo omicidio cinico vengano scovati e puniti”. I neonazionalisti potrebbero essere dunque i responsabili dell’uccisione, secondo l’agenzia di stampa che cita una fonte di polizia in condizione di anonimato. Gli attivisti accusano la crescente xenofobia e la corruzione delle forze dell’ordine di contribuire al prosperare dei gruppi di estrema destra. Sova, un’organizzazione non governativa russa, dice che l’odio razziale ha comportato lo scorso anno l’uccisione di almeno 60 persone e il ferimento di altre 306. Secondo Allison Gill, del Human Rights Watch (HRW) di Mosca, i giudici, gli avvocati, gli attivisti dei diritti umani e i giornalisti “sono diventati chiari obiettivi” dei movimenti neonazionalisti. Chuvashov in febbraio aveva condannato altri nove membri del gruppo fascista russo “Lupi bianchi”, composto in gran parte da teenager, che avevano brutalmente assassinato undici migranti dall’Asia centrale per la loro pelle scura. Nel gennaio 2009, l’avvocato per i diritti umani Stanislav Markelov e il giornalista di opposizione Anastasia Baburova sono stati uccisi vicino al Cremlino, secondo le autorità da gruppi di neo-nazisti.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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