BOSNIA: Scarcerato dopo vent’anni Bruno Stojic, criminale di guerra croato-bosniaco

Bruno Stojić, politico croato-bosniaco oggi 70enne, condannato all’Aja per crimini di guerra commessi dalle milizie croate durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina, è stato rilasciato venerdì 7 novembre, dopo 20 anni di carcere. Lo ha confermato la sua avvocata, Senka Nožica.

Chi è Bruno Stojic

Nato nel 1955 presso Čitluk, in Erzegovina, Stojić è stato nominato nel 1992 da Mate Boban (capo politico dei Croati di Bosnia) a “ministro della difesa” a capo dell’HVO – il Consiglio di Difesa Croato, milizia armata foraggiata da Zagabria – e l’anno successivo è passato a dirigere la produzione e vendita di armi e attrezzature militari.

Durante il conflitto tra la Repubblica di Bosnia Erzegovina e le milizie croato-bosniache dell’Herzeg-Bosna, come riconosciuto dal Tribunale dell’Aja, Stojić era a capo della polizia militare, dell’intelligence, della propaganda, delle carceri, e della produzione e logistica militare.

Il processo e la condanna all’Aja

Il 5 aprile 2004 Stojić si è consegnato volontariamente al Tribunale del’Aja. Nel verdetto, la corte ha concluso che Stojić “ha diretto ed esercitato un controllo effettivo sulle forze armate dell’HVO e sulla polizia militare”, e “non ha compiuto sforzi seri per porre fine alla commissione di crimini, sebbene ne avesse l’autorità e il dovere”.

Per la sua responsabilità rispetto alla commissione di crimini contro l’umanità e violazioni del diritto bellico e delle Convenzioni di Ginevra (tra cui persecuzioni, stupri, deportazioni, saccheggi, trattamenti disumani dei prigionieri, lavori forzati) Stojić era stato condannato a 20 anni di carcere, che ha scontato in Austria.

La condanna dell’Aja sull’Herzeg-Bosna

Stojić è uno dei “sei dell’Herzeg-Bosna“, sei dirigenti del Consiglio di Difesa Croato, condannati nel 2013 (e in appello nel 2017) a un totale di 111 anni di carcere per crimini commessi in Bosnia ed Erzegovina, tra cui Jadranko Prlić, Slobodan Praljak, Milivoj Petković, Valentin Ćorić e Berislav Pušić.

Il Tribunale ha stabilito che i sei facevano parte di un’impresa criminale congiunta (JCE) con l’obiettivo di creare un’entità politica croata in Bosnia Erzegovina fondata sulla dominazione e sulla pulizia etnica della popolazione musulmana bosniaca attraverso un sistema di deportazione forzata, uccisioni arbitrarie, distruzione di istituzioni religiose, culturali e di proprietà individuali, prigionia e lavori forzati in centri di detenzione, e altri crimini contro l’umanità.

La sentenza individuava inoltre le responsabilità della Repubblica di Croazia, definendo i combattimenti tra HVO ed Esercito di Bosnia Erzegovina (Armija BiH) come “conflitto dal carattere internazionale”: le forze armate di Zagabria combattevano a fianco dell’HVO, e la Croazia “aveva pieno controllo sulle autorità civili e militari della Herceg-Bosna”.

La sentenza indicava in Franjo Tudjman il vero mandante politico di cui i quadri politici e militari dell’Herceg-Bosna, staterello fantoccio de facto dipendente da Zagabria, sarebbero stati esecutori materiali. Responsabilità storiche che la Croazia – oggi nell’UE e nella NATO – preferisce passare sotto silenzio, presentandosi invece nella propria narrazione come alleata e salvatrice della Bosnia Erzegovina dall’aggressione serba.

La scarcerazione di Stojić

Bruno Stojić ha presentato la sua terza richiesta di scarcerazione anticipata nel gennaio 2025. Nella sua richiesta, Stojić ha sottolineato di aver regolarmente partecipato a tutti i programmi di riabilitazione disponibili, dimostrando così il suo impegno nel processo di risocializzazione.

Il rilascio anticipato è stato deciso dopo un’attenta valutazione della sua condotta durante la pena, tenendo conto della sua partecipazione a programmi di riabilitazione e della sua volontà di assumersi la responsabilità dei crimini commessi.

Uno psicologo che ha monitorato la sua riabilitazione nel novembre 2024 aveva confermato che Stojić aveva completato con successo il programma, assumendosi pienamente la responsabilità personale, non solo per i crimini descritti nei verdetti, ma anche per il contesto più ampio dell’impresa criminale congiunta la cui esistenza è stata chiaramente stabilita dal Tribunale dell’Aja.

Stojić si è inoltre impegnato a non avere alcun contatto né tentare in alcun modo di danneggiare, intimidire o interferire con le vittime e i testimoni coinvolti nel suo caso o in altri casi dinanzi al Tribunale dell’Aja, né con le loro famiglie.

Un busto per Praljak a Čapljina

Intanto, sempre settimana scorsa è stato inaugurato a Čapljina, cittadina di confine al sud dell’Erzegovina, un busto in onore del generale Slobodan Praljak, anch’egli condannato tra i “sei dell’Herzeg-Bosna” per crimini di guerra e suicidatosi in diretta tv alla lettura della sentenza definitiva nel 2017 (da allora, le sentenze dell’Aja vengono trasmesse con una certa differita).

L’erezione di un monumento a un criminale di guerra è stata condannata dai consiglieri bosgnacchi del cantone di Mostar, che hanno invitato il comune di Čapljina a rimuoverlo. La sezione di Čapljina del partito nazionale bosgnacco SDA si è associata alla condanna e ha inoltre invitato le istituzioni competenti a perseguire e punire tali atti in linea con la legislazione penale contro la glorificazione dei criminali di guerra. La Procura statale della Bosnia Erzegovina ha confermato di aver aperto un fascicolo sul caso.

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