Come le dichiarazioni di Putin a sostegno di Orbán hanno messo in difficoltà il governo ungherese
Da BUDAPEST – «Un caso senza precedenti». Così il russista Zoltán Sz. Bíró ha definito le recenti dichiarazioni di Putin a favore del governo ungherese attualmente in carica. E anche le rassicurazioni del leader russo sul suo disinteresse nei confronti della politica interna magiara non sono da prendere alla lettera, secondo l’esperto.
Il 3 ottobre scorso al Valdai forum di Sochi Putin ha pubblicamente sostenuto Orbán e il suo partito Fidesz nella campagna politica che li vede impegnati in vista delle prossime elezioni di aprile 2026. E riferendosi agli ungheresi ha affermato: «Ritengo che la maggioranza voglia rimanere ungherese e sosterrà Orbán. Se non vogliono rimanere ungheresi, allora sostengano Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ma in tal caso diventeranno Ursula von der Leyen».
Non è stato questo l’unico tentativo di intromissione. Già a fine agosto i servizi di intelligence russi avevano pubblicamente dichiarato che, secondo le loro fonti, la Commissione europea spinge per un cambio di governo in Ungheria.
L’attacco diretto e personale a Ursula von der Leyen è conseguenza, nella logica putiniana, dello strenuo sostegno di quest’ultima alla causa ucraina e al suo leader, Volodymyr Zelensky. Così, lungi dal rimanere un affare slavo, la retorica antiucraina di Putin è pensata su scala europea. E non poteva non coinvolgere l’Ungheria di Orbán, che da tempo ha scatenato una violenta campagna contro l’adesione dell’Ucraina all’Ue giustificandola in termini finanziari (i soldi della comunità europea sarebbero stati sottratti a Budapest per andare nelle casse di Kiev) e in termini sociali (gli ucraini sarebbero diventati i nuovi migranti). Inoltre, per chiudere il cerchio, Orbán non si è lasciato sfuggire l’occasione di attaccare il suo più diretto avversario, l’eurodeputato e leader del partito Tisza, Péter Magyar. Quest’ultimo viene apostrofato come un burattino nelle mani, appunto, di Ursula von der Leyen.
Che Putin sostenga la rielezione di Orbán è evidente: l’Ungheria di Fidesz rappresenta una pedina importante nel quadro della sua strategia geopolitica. Budapest è dentro l’Unione europea e nel ruolo di Stato membro può, come fa da tempo, bloccare le sanzioni contro la Russia e impedire l’adesione di Kiev. Ma che Putin lo abbia fatto così pubblicamente è un fatto interessante da analizzare.
L’attacco mediatico
Da una parte, vengono alla luce i meccanismi della retorica putiniana: le dimostrazioni di forza a parole sono sempre inversamente proporzionali allo stato dell’economia del paese. Meno l’economia russa produce, più aumentano le provocazioni e le minacce del Cremlino.
Dall’altra, nonostante l’apparente convergenza di interessi tra Putin e Orbán, è chiaro che le dichiarazioni del leader russo non abbiamo reso un grande servizio al Primo ministro ungherese. In primo luogo, perché la sovranità nazionale, tema tanto caro a Fidesz, è stata evidentemente minacciata. In secondo luogo, perché le dichiarazioni di Putin espongono Orbán agli attacchi dell’opposizione. Péter Magyar ha così a disposizione un tema serio contro il suo avversario: il sospetto che egli sia in una qualche forma di debito coi russi. Il silenzio di Orbán alle dichiarazioni di Putin è la dimostrazione dell’imbarazzo che si respira in casa Fidesz.
L’arma della disinformazione
Ma c’è un’altra cosa da tenere in considerazione. Sappiamo che, al di là delle dichiarazioni pubbliche, la strategia di Putin si muove anche dietro le quinte. È stato il caso del Russiagate alle elezioni statunitensi del 2016, del tentato colpo di stato in Montenegro nello stesso anno, o alle recenti campagne elettorali in Moldavia, Repubblica Ceca e Romania.
Le armi a disposizione di Mosca sono una massiccia disinformazione attraverso i canali social e una guerra digitale senza precedenti. Staremo a vedere se nel caso dell’Ungheria verranno usate le stesse modalità o se assisteremo a qualcosa di nuovo.
Foto: Foreign Policy