Bagno di folla a Budapest per il Pride. Il governo vacilla?
Da Budapest – Erano previste 35 mila persone, ce n’erano circa 200 mila sabato a Budapest, secondo gli organizzatori. Per il trentesimo anniversario del Pride della capitale ungherese la manifestazione, a lungo oggetto di contestazione, si è svolta nel migliore dei modi. Pacifica, sorridente, colorata, educata e determinata a non farsi intimidire, la folla ha attraversato le vie della città e non si è scomposta neanche quando il percorso assegnato è stato cambiato all’ultimo minuto. Invece di attraversare il ponte della Libertà, occupato dalla contromanifestazione di poche decine di persone organizzata dal partito di estrema destra Mi Hazánk Mozgalom, i partecipanti al Pride sono stati dirottati sul ponte Elisabetta per poi raggiungere il luogo di arrivo, non lontano dal famoso Hotel Gellért.
«O siamo liberi tutti insieme, oppure nessuno di noi lo è». È stato questo il commento del sindaco di Budapest, Gergely Karácsony, dal palco al termine dell’evento. Lui, forse, è il vero volto del Pride 2025. Uscito in sordina, è riuscito nelle ultime settimane a cogliere un doppio risultato. Da una parte, ha raggirato la legge nazionale del marzo scorso, che vieta ogni forma di manifestazione pubblica non autorizzata, presentando l’evento come una marcia cittadina. D’altra parte, ha convogliato su di sé il sostegno del mondo politico internazionale: più di 70 membri del Parlamento europeo, alcuni sindaci e organizzazioni non governative hanno preso parte al corteo.
Le minacce
A nulla sono valse le minacce che si sono levate da più fronti. Il pericolo di scontri con le contromanifestazioni degli esponenti di estrema destra era nell’aria, ma si è rivelato un flop. Non da meno era il comportamento che avrebbero tenuto le forze dell’ordine. La polizia, invece, si è mostrata super efficiente nel mantenere l’ordine e la sicurezza tanto che lo stesso sindaco dal palco della manifestazione ha applaudito alla loro professionalità.
Le minacce sono arrivate anche da parte delle autorità governative che hanno sottolineato il fatto che prendere parte ad una manifestazione illegale comporta per gli organizzatori (e non solo) sia una sanzione penale (fino ad un anno di carcere) che una pecuniaria (una multa di circa 500 euro). Lo stesso Orbán, il giorno prima nel consueto programma radio del venerdì Jó reggelt, Magyarország! (Buongiorno, Ungheria), era intervenuto con toni paternalistici: «Siamo adulti. Dunque consiglio a tutti di decidere cosa vogliono. Rispettate le leggi, io lo faccio, e consiglierei anche questo: se non le rispettate, dovrete fare i conti con chiare e scritte conseguenze legali». Ed escludendo il ricorso alla violenza («l’Ungheria è un paese civile, non siamo soliti farci del male a vicenda»), ha aggiunto che sarà attraverso la formula cristiana “ama il prossimo tuo” che si riuscirà a convincere le persone a rispettare la legge.
Le reazioni
Resta il dubbio, ora che l’evento si è concluso, di come e se le autorità utilizzeranno il sistema del riconoscimento facciale. Sul percorso, all’altezza del monte Gellért, c’era un piccolo furgone con telecamere installate. Prontamente fotografato dal leader del movimento Momentum, Ákos Hadházy, sul suo profilo Facebook.
Il leader di TiSza, Peter Magyar era invece assente alla marcia. Pur non menzionando il Pride, sul quale d’altronde è rimasto sempre in silenzio, ha dichiarato che «stiamo assistendo al completo collasso del governo». Secondo lui, FiDeSz negli ultimi mesi ha minacciato e istigato alla violenza, fomentando l’odio. Ora, però, questa politica non sembra stia dando i suoi frutti.
Il giorno del Pride anche Orbán ha pubblicato una foto e un post su facebook dai toni di paternalistica superiorità. Ritratto in compagnia dei nipotini con scritto in calce «ciò di cui sono orgoglioso», ha aggiunto nel messaggio «io di loro sono orgoglioso». Solo un intermezzo familiare per poi passare all’attacco la mattina del giorno seguente. «Questa [il Pride] è la prova di come sarebbe la nostra vita se a capo del paese non ci fosse un governo nazionale che difende la nostra sovranità»: sono state le parole del premier, che ha anche puntato il dito contro Bruxelles, rea di aver dato l’«ordine» di organizzare il Pride. Gli fa eco il think tank filo orbániano Nezőpont, che ha sottolineato come Orbán sia riuscito a smascherare l’opposizione che, pur di compiacere Bruxelles, ha ignorato l’opinione pubblica nazionale.
Al di là delle diverse narrazioni, una cosa è certa: mai come con Pride 2025 Budapest si è mostrata al mondo intero come una vera città europea. Che difende i diritti di tutti. Qualora ce ne fosse stato bisogno.
Foto: https://444.hu/kepek/2025/06/28/igy-nezett-ki-a-budapest-pride-os-tomeg-az-erzsebet-hidon