I risultati
Il PAS (Partito di Azione e Solidarietà) si riconferma prima forza politica del paese con il 50.1% di voti, equivalenti a 55 seggi in parlamento. Il partito di Igor Grosu sostenuto dalla presidente in carica Maia Sandu sarà quindi in grado di formare una coalizione di governo sostenuta dalla maggioranza del parlamento moldavo.
Il “Blocco Patriottico” – coalizione elettorale tra i socialisti di Igor Dodon e i comunisti di Vladimir Voronin – si ferma invece al 24.2%, perdendo ulteriore terreno rispetto alle parlamentari del 2021 (27%) ma restando comunque la principale forza di opposizione.
Attorno al PAS e ai “patrioti”, nei prossimi 4 anni in parlamento siederanno 8 eletti del “Blocco Alternativa” (8%) guidato dal sindaco di Chisinau Ion Ceban, 8 del “Partidul Nostru” di Renato Usatii (6.2%), e 6 del PPDA – Partito Politico Democrazia a Casa – unica fazione apertamente unionista ad aver superato la soglia di sbarramento del 5%.
La mappa del voto
Chisinau si conferma roccaforte del PAS con picchi da oltre il 60%. Lo stesso vale per le regioni centrali, quelle intorno alla capitale, dove il partito di Sandu oscura quasi del tutto la coalizione di Dodon. Quest’ultima vince solo nelle regioni tradizionalmente più permeabili al nostalgismo sovietico e alla propaganda filo-russa: l’estremo nord del paese, la Transnistria e la Gagauzia.
In Transnistria il PAS ottiene il 30% contro il 50% del Blocco Patriottico, un risultato apparentemente promettente per il governo e la presidente in carica ma che in realtà nasconde problemi ben più profondi: solo 12mila persone su una popolazione di circa 300mila sono andate a votare. Altrettanto inquietanti i risultati dalla regione autonoma della Gagauzia, dove Sandu sparisce (3%) e Dodon dilaga (82%).
All’estero, la diaspora riafferma il suo protagonismo, con oltre 250mila cittadini moldavi al voto. Conferma anche il suo orientamento pro-Europeo, affidandosi per l’80% al PAS. L’Italia è il paese in cui si vota di più: 78mila schede scrutinate di cui 60mila a favore del PAS.
La vittoria del PAS
Considerazioni più approfondite arriveranno nei prossimi giorni sulle pagine virtuali di EastJournal e sulle frequenze del podcast EastCalling. Ma intanto, di certo, un punto lo si può evidenziare: in Moldavia, oggi, nessuno è in grado di scalfire il predominio politico del PAS.
Lo ha dimostrato lo stesso Igor Dodon, leader dell’opposizione, ieri sera davanti alla sede del suo partito. Munito di microfono, circondato da una decina di sostenitori e da altrettanti poliziotti, ha chiesto l’annullamento delle elezioni parlamentari, ripetendo goffamente un copione che ormai contraddistingue questo tipo di forze politiche. I socialisti, rivendutisi come patrioti, durante la scorsa legislatura non sono stati in grado di fornire ai moldavi un’alternativa credibile all’integrazione europea, rimanendo appesi alla Russia, che nel frattempo si è incastrata in Ucraina, e finendo per puntare su un nazionalismo di bassa lega che in Moldavia ha da tempo fatto il suo corso.
Lo hanno dimostrato anche Ion Ceban e Alexander Stoianoglu (Blocco Alternativa). Da sempre ambigui sull’integrazione europea e spesso vicini alla Russia di Putin, si sono rivenduti come ferventi europeisti giusto qualche settimana prima delle elezioni. Un cambio di rotta che gli ha permesso di superare agevolmente il 5%, restando però all’ombra di chi sull’UE punta da ormai quasi 10 anni: il PAS e Maia Sandu.
Non è una questione quantitativa ma qualitativa. I numeri all’opposizione non mancano, così come non mancano gli euro-scettici tra la popolazione moldava. Ciò che è completamente assente sono i contenuti: la capacità di raccontare il mondo attraverso delle lenti nuove, come ha fatto il PAS con l’europeismo, senza dover scimmiottare il nazionalismo russo o la propaganda d’epoca sovietica.