Il film Made in EU del bulgaro Stephan Komandarev, già noto per Blaga’s Lessons, alla Mostra del Cinema di Venezia.
“Colgo l’ironia: facciamo un film sullo sfruttamento lavorativo nell’industria tessile, e poi presentiamo il film a Venezia, in Italia, il centro dell’alta moda!” Con queste parole, Stephan Komandarev scherza sul curioso caso della presenza di Made in EU alla Mostra del Cinema di Venezia. Effettivamente, come ormai è suo solito in un cinema consolidatissimo, Komandarev firma un’opera di denuncia sociale, che muove importanti accuse e critiche nel confronto di uno sfruttamento radicato nell’industria tessile e della moda, che sfrutta la disparità economica di alcuni paesi dell’Unione Europea per compiere uno sfruttamento feroce della forza lavoro. In Bulgaria, uno dei più poveri paesi dell’Unione, così si ritrovano le cosiddette “sweatshop” che non differiscono molto dalle fabbriche dei prodotti “made in Asia” di alcune firme.
Tutto questo rimane però un contesto, e non il testo, in Made in EU, che, come nel caso del precedente Blaga’s Lessons, vincitore nel 2023 del premio al miglior film al Karlovy Vary Film Festival, si lascia guidare dai suoi personaggi e dal suo svolgimento. Sono le vicende di Iva, che lavora in una di queste fabbriche e viene ostracizzata dal paese di provincia quando viene accusata di essere il paziente zero locale, durante i primi giorni della pandemia COVID-19, a rendere coinvolgente Made in EU, attraverso tecniche visive sottili, un uso di un montaggio limpido e di movimenti di macchina precisi e mimetici, che discostano il film dall’essere l’ennesimo “film a tesi”, pur essendo i temi talmente numerosi che appesantiscono leggermente la trama: il figlio di Iva che vuole emigrare in Germania, a simbolo dell’esodo generazionale, il COVID e la mentalità alla quale ha portato, lo sfruttamento lavorativo…
Come Blaga’s Lessons era riuscito a porre temi etico-morali di senso generale, universale, così ci si avvicina Made in EU, che, in fin dei conti, è un film sulla ferocia della società, su quell’ente collettivo che è la massa e che sembra avere un proprio pensiero ed un proprio obiettivo. Pur avvicinandosi a questa forma di universalità, Komandarev non la raggiunge, ci si approssima appena.