Ha aperto le sue porte domenica 26 ottobre la Cattedrale Nazionale della Romania, o Cattedrale della Salvezza del Popolo, oggi la più grande chiesa cristiana ortodossa al mondo, inaugurata dopo 15 anni di lavori.
Migliaia di fedeli e di funzionari pubblici vi si sono riversati per la funzione domenicale, tra cui il presidente Nicusor Dan e il primo ministro Ilie Bolojan, ma anche la presidente moldava Maia Sandu. Molti hanno dovuto accontentarsi di seguire dai maxischermi in piazza.
Una cattedrale nazionale come simbolo dell’identità romena
Il progetto della cattedrazione nazionale era stato approvato nel 1884 dal’allora Re Carlo di Romania, senza aver avuto seguito. Ventun anni fa, nell’ottobre 2004, il Parlamento romeno ne autorizzò la costruzione. I lavori hanno avuto inizio nel 2010 e il suo altare è stato consacrato a fine 2018, nel centenario dello stato romeno. Alcuni lavori devono ancora essere terminati. Finora è costata circa 270 milioni di euro, di cui almeno il 70% (ma forse fino al 90%) a carico dello Stato.
La nuova cattedrale di Bucarest supera i 127 metri di altezza e ha una capienza di 5.000 fedeli. Gli opulenti interni sono ricoperti di affreschi e mosaici raffiguranti santi e icone, che coprono 17.800 metri quadrati. L’iconostasi è anch’essa la più grande al mondo (23,8 m × 17,1 m). Secondo Daniel Codrescu, che ha lavorato per sette anni agli interni, ha dichiarato all’AP che l’iconografia è ispirata da dipinti medievali romeni e bizantini. “È stata una collaborazione complessa con la chiesa, con gli storici dell’arte, con gli artisti”, ha affermato. “Spero che (la cattedrale) avrà un impatto molto importante sulla società perché… è uno spazio pubblico”.
Tuttavia, non tutti sono convinti del valore artistico dell’opera. “Una cattedrale non è solo una rappresentazione simbolica della fede”, ha dichiarato a BIRN l’antropologo Giuseppe Tateo, ricercatore al’Università Roma Tre e autore del libro Under the Sign of the Cross (Berghahn, 2020) sulla cattedrale nazionale romena. “È anche un edificio con uno stile architettonico ben definito che dovrebbe essere rappresentativo della città. La maggior parte degli architetti con cui ho parlato ritiene che il progetto manchi di valore estetico… perché non mostra alcuna creatività o innovazione. I costruttori si sono limitati a seguire le linee guida del Patriarcato, che stabilivano che la cattedrale dovesse fungere da simbolo della fede e del prestigio nazionale.”
Critiche per le spese faraoniche in un paese in crisi
La Cattedrale svetta oggi a poca distanza dal Palazzo del Popolo del leader comunista romeno Nicolae Ceausescu. La Chiesa ortodossa romena ha definito la cattedrale “un simbolo di identità nazionale“. Ma le notevoli spese per un progetto faraonico di edilizia religiosa hanno attratto critiche, in un paese con uno dei maggiori deficit di bilancio dell’UE – fondi che sarebbero potuti essere spesi per un sistema sociale alla strette.
Claudiu Tufis, professore associato di scienze politiche all’Università di Bucarest, ha affermato ad AP che il progetto è uno “spreco di denaro pubblico”, ma ha aggiunto che potrebbe offrire “una spinta all’orgoglio e all’identità nazionale”. “Il fatto che abbiano costretto, anno dopo anno, i politici a finanziarlo, in alcuni casi prendendo soldi da comunità che ne avevano davvero bisogno, indica che si è trattato di una dimostrazione di forza, non di umiltà e amore per Dio”, ha affermato. “Economicamente, potrebbe essere accettabile a lungo termine, poiché diventerà un’attrazione turistica”.
Secondo Tateo, la cattedrale nazionale dimostra la rinascita organizzativa della Chiesa ortodossa romena, piuttosto che il risveglio spirituale della società. “Ciò che distingue la Chiesa ortodossa rumena è la sua capacità di costruire su larga scala. Negli ultimi trent’anni sono state erette non meno di 34 cattedrali ortodosse… e progetti così monumentali hanno naturalmente richiesto risorse ingenti, la maggior parte delle quali provenienti da fondi pubblici“. Ciononostante, non è stata la Chiesa ortodossa a costruire il maggior numero di chiese dopo il comunismo, ma altre confessioni, in particolare le comunità neo-evangeliche.
L’85% dei romeni si dichiara credente, una delle percentali più alte tra i paesi UE. “Le chiese sono spesso la principale occasione di interazione sociale per una popolazione sempre più anziana. Mentre la Romania continua a invecchiare, l’Ortodossia rimane cruciale per la vita di molte persone”, spiega Tateo. Al contempo, “nell’ultimo decennio, il numero di cristiani ortodossi ufficialmente registrati è diminuito di circa due milioni. Ciò è dovuto in parte all’emigrazione, ma anche al fatto che molti giovani non si identificano più come credenti o non si sentono più legati all’Ortodossia”.
Foto: Luigi Ivanciu (Ziarul Lumina)
East Journal Quotidiano di politica internazionale