In concorso al Karlovy Vary Film Festival 2025, Divia di Dmytro Hreshko ripropone la guerra Ucraina, esplorandone una nuova prospettiva.
A tre anni dall’inizio della guerra, ormai il cinema documentario dedicato all’invasione dell’Ucraina sembrava trovare un momento di “stagnamento”, una proposta continua di temi sempre rilevanti, ma troppo simili, troppo ripetitivi. Il 2025 ha visto un rifiorimento nuovo, grazie a film come Militantropos. Divia, un documentario di produzione polacco-ucraina diretto da Dmytro Hreshko e presentato nel prestigioso Karlovy Vary Film Festival, riesce a trovare un punto di vista troppo poco discusso: l’impatto ambientale del conflitto.
Il film si apre con immagini aeree stupende ed idilliache, una Ucraina ante-guerra, dal ricco patrimonio ambientale e faunistico. Un’atmosfera stupenda, che nulla ha da invidiare ai migliori documentari naturalistici di David Attenborough – essendo, in fondo, appunto questo, un documentario naturalistico, ma su una natura martoriata, ferita dall’impatto dell’uomo. Non è l’inquinamento delle fabbriche o delle normali attività umane a causare il danno, ma i bombardamenti, le mine, i veicoli e missili arrugginiti.
Divia presenta la propria posizione in modo estremamente lucido e chiaro, ma in assoluto silenzio: se c’è un commentario, è nella colonna sonora, il verbale è completamente in secondo piano. La riflessione cadrà inevitabilmente sui temi che Hreshko intende trattare, ma il film non si impone, respira e permette la digestione.
Divia si impone immediatamente come un classico, nell’immaginario del cinema documentaristico legato all’Ucraina post-invasione. Attualmente non è confermata una data d’uscita italiana.