Fuori concorso The Disappearance of Joseph Mengele di Kirill Serebrennikov, secondo lungometraggio non-russofono del grande cineasta russo.

CINEMA: Cannes – Mengele e Serebrennikov

Fuori concorso The Disappearance of Joseph Mengele di Kirill Serebrennikov, secondo lungometraggio non-russofono del grande cineasta russo.

Scelta curiosa, quella del direttore artistico del Festival di Cannes, Thierry Fremaux, di introdurre Serebrennikov come regista “non più russo”, scelta forse dettata dalle polemiche dello scorso anno sorte in alcuni ambienti sulla sua presenza in concorso, perlopiù con un film su Limonov, un intellettuale ma anche un estremista molto problematico, ma una scelta che suona vuota, ripensando a quanto il cinema di Serebrennikov sia erede comunque di un’identità profondamente russa, ma antitetica alle tirannie ed i regimi che l’hanno dominata nei millenni. A lavorare su The Disappearance of Joseph Mengele è stata la stessa troupe che l’ha accompagnato in Petrov’s Flu, Tchaikosvky’s Wife, Limonov, anche se è effettivamente vero che, per la prima volta, l’argomento del film si allontana dalla propria identità nazionale, e si avvicina al paese in cui vive, la Germania.

Adattamento dell’opera non-fiction di Olivier Guez sugli anni di esilio di Joseph Mengele, dopo aver stabilito una sorta di aderenza forense nell’incipit, immediatamente il film entra nel bianco e nero, nel cinema noir, mentre segue gli spostamenti e le paranoie crescenti di un uomo sempre più anziano, un tempo gerarca, divenuto un simbolo vivente della crudeltà nazista. Eccetto per la non-linearità, Serebrennikov sembra in qualche modo “ritornare” su un découpage meno post-moderno, come poteva essere Limonov o La Moglie di Tchaikovsky, optando per scelte più classiche ma non per questo meno coinvolgenti – il monocromo squisito del film utilizza al massimo ombre, textures, come molto raramente accade nel cinema contemporaneo in bianco e nero. Inoltre, l’assenza dell’esuberanza dei suoi film precedenti forse permette a Serebrennikov di approfondire meglio il protagonista, interpretato da un grandissimo August Diehl.

Non è un film sulla “banalità del male” solita: la paranoia di Mengele sembra nascere dalla consapevolezza di aver compiuto il male, senza che questa porti al rimorso o il senso di colpa, e di certo (e giustamente) lasciandolo ben lontano da qualsiasi redenzione. In più, il film riesce ad evitare anche la demonizzazione estrema che spesso porta paradossalmente a mitizzare figure come la sua – un punto di forza indiscusso. Forse così si può interpretare anche la scelta di evitare di approfondire alcune delle questioni più note sul gerarca nazista, come la sua ossessione per i gemelli – ossessione che divenne oggetto di teorie del complotto circa gli anni in cui è ambientato il film. Una scena, in particolare, che a molti potrebbe risultare problematica a causa della sua intensità, presenta in modo indiscutibile chi era effettivamente Joseph Mengele, usando gli stilemi dei documenti filmici girati dagli stessi nazisti negli anni quaranta, una scelta atta a cercare di riprodurre il più fedelmente possibile una serie di eventi impossibili da inscenare, drammatizzare.

The Disappearance of Joseph Mengele sembra essere un film tra i migliori di Serebrennikov, e che permette di sollevare ulteriori quesiti su un tema ampiamente dibattuto, ma meno da questa prospettiva.

Il film verrà distribuito in Italia da europictures.

Chi è Viktor Toth

Critico cinematografico specializzato in cinema dell'Europa centro-orientale, collabora con East Journal dal 2022. Ha inoltre curato le riprese ed il montaggio per alcuni servizi dal confine ungherese-ucraino per il Telefriuli ed il TG Regionale RAI del Friuli-Venezia Giulia.

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