Il presidente serbo Aleksandar Vučić è stato in Russia per partecipare alle celebrazioni degli 80 anni dalla sconfitta del nazifascismo. Il suo incontro con il presidente russo Vladimir Putin ha suscitato grande indignazione in Europa. Ma se Vučić è sempre stato preservato in nome della stabilità, cosa può fare Bruxelles?
Vučić rafforza l’alleanza con Putin
Nonostante gli avvertimenti dell’UE il presidente serbo Aleksandar Vučić ha deciso di recarsi a Mosca per partecipare alle celebrazioni della Giornata della Vittoria, in occasione degli 80 anni di sconfitta del nazifascismo. Fallito il tentativo di incontrare il presidente americano Donald Trump in Florida qualche giorno prima, l’ipotesi di mancare anche la visita a Mosca non era contemplabile, tanto più alla luce del motivo principale della sua trasferta moscovita ventilato da molti: rafforzare l’immagine di alleato russo del presidente serbo.
Vučić ha sicuramente messo in conto che la visita a Putin avrebbe potuto recare danno alla Serbia, bloccando o mettendo a repentaglio i negoziati di adesione del paese all’UE. Quella che è una conseguenza a livello statale, con Vučić diventa un affare personale e, soprattutto, propagandistico: il presidente ha dichiarato che sarà lui a pagare di persona eventuali ripercussioni negative, e non la Serbia: “Se l’Unione europea vuole punire qualcuno, punisca me”, ha aggiunto, reiterando la volontà di proseguire sulla strada del martirio autoproclamato poco tempo fa. Spavaldo come non mai, l’uomo forte di Belgrado si è confessato perfettamente consapevole delle “dure reazioni” in arrivo da Bruxelles, aggiungendo che non intende restare in silenzio e che a tali reazioni risponderà in maniera seria e responsabile.
Vučić sembra quindi essere convinto del fatto che per ora l’unica mossa a disposizione dell’UE sia la sospensione dei negoziati di adesione, già congelati a causa del rifiuto del presidente serbo di aderire alle sanzioni occidentali contro Mosca, e in forte stallo anche a causa dei mancati miglioramenti nel processo di normalizzazione delle relazioni con il Kosovo. Vučić deve avere anche pensato che la maggior parte dei cittadini serbi, e in particolare la sua base elettorale, non si curi troppo delle ripercussioni in arrivo da Bruxelles. Forse il presidente serbo dà per scontato che nonostante il suo ammiccamento a Mosca l’UE non adotterà misure radicali come il congelamento dei fondi o degli investimenti dell’unione.
Il doppiogioco del presidente
Da sempre fautore del doppiogiochismo, con un piede in Europa e lo sguardo verso Mosca, il presidente serbo vola da Putin sperando che le potenze europee continuino a mantenere relazioni pragmatiche e a concludere vantaggiosi accordi bilaterali (come la vendita degli aerei da combattimento Rafale da parte della Francia di Emmanuel Macron o il potenziale sfruttamento del litio per alimentare la transizione elettrica dell’industria automobilistica tedesca). Tuttavia, il fatto che Vučić sia stato l’unico leader europeo presente alla parata di Mosca insieme al primo ministro slovacco Robert Fico, rischia di apparire una provocazione troppo grande perché Bruxelles possa fingere di nulla, tanto più ora che i 21 maratoneti serbi sono giunti al Parlamento europeo per portare la loro lotta alle istituzioni del vecchio continente, sempre più consapevole di quanto sia necessario agire in Serbia per cambiare lo status delle cose. Dopo sei mesi di blokade, un governo caduto, università occupate, risse in parlamento, manifestazioni gigantesche, maratone e biciclettate a Bruxelles e Strasburgo, sembra che sia rimasto solo il presidente serbo l’unico a non capire quanto la sua leadership sia corrosiva per il paese che si ostina a guidare.
Ma Vučić capisce benissimo, solo non vuole mollare la poltrona. Ed è proprio questa sua ostinazione che l’ha spinto ad azzardare tanto, volando a Mosca: Vučić pare convinto che l’integrazione della Serbia all’UE non sia più una leva politica necessaria per garantire la continuità del suo potere. Gli ultimi sei mesi di avvenimenti nel suo paese hanno infatti rivelato la vera natura del suo regime e l’inconsistenza del suo filo-europeismo. Vučić vuole solo una cosa: continuare ad essere Vučić. E per farlo deve boicottare le riforme dello Stato di diritto e della libertà dei media richieste dall’UE per il processo di integrazione, altrimenti il monopolio del potere sarebbe messo a repentaglio.
Esemplificativa di questa strategia è la questione della creazione di un organismo indipendente per la regolamentazione dei media audiovisivi (REM), una delle richieste principali di Bruxelles. Se Vučić accettasse, la presa del governo sui media diventerebbe troppo debole, e questo è un elemento che il regime non è disposto ad accettare. Vučić sa anche che non può contare sul sostegno dell’UE per reprimere le proteste interne o applicare misure repressive contro i cittadini. In tal senso l’appoggio di Mosca e Pechino risulta essere fondamentale.
La retorica anti-occidentale e le risposte dell’UE
La Russia ha nuovamente dimostrato la propria solidarietà al fratello serbo quando i suoi servizi segreti, su richiesta delle autorità di Vučić, hanno pubblicato un rapporto secondo cui alla maxi-protesta del 15 marzo a Belgrado nessuna arma proibita (il cannone sonico) è stata utilizzata, nonostante le testimonianze di centinaia di cittadini affermassero il contrario. La visita a Mosca è quindi accompagnata da un inevitabile rafforzamento della retorica antioccidentale, come espresso da Vučić stesso nella Piazza Rossa in merito alle ingiustizie dell’Occidente nei confronti della Serbia, dalle guerre degli anni Novanta alle attuali pressioni per imporre sanzioni alla Russia.
Dopo aver sfilato accanto a Putin, sono in molti a credere che Vučić abbia oltrepassato il limite e non sia più nella posizione di aprire nuovi capitoli di negoziati a tempo indeterminato. Oltre a ribadire gli impegni di Belgrado verso l’Europa, la Commissione europea ha espresso un “profondo rammarico” per la presenza di Vučić a Mosca, presenza che “legittima l’aggressione della Russia contro l’Ucraina”. I Socialisti e Democratici europei si spingono oltre e chiedono una rivalutazione dei negoziati di adesione con Belgrado. L’eurodeputato croato Tonino Picula, relatore per la Serbia al Parlamento europeo, ritiene che questa visita rappresenti un “chiaro allineamento con Putin”, dal momento che la politica di Vučić “congela” il cammino del paese verso l’UE.
Dal primo novembre 2024 la Serbia è percorsa da una movimento di protesta senza precedenti, che è diventato una vera e propria rivendicazione nazionale e transnazionale, investendo anche altri paesi della regione che appoggiano la lotta alla corruzione e chiedono il rispetto dello stato di diritto. Come sostengono da mesi gli attivisti, la lotta non riguarda più soltanto la Serbia, ma interessa l’impegno di tutta Europa per la democrazia, la giustizia e la dignità. Per ora le reazioni di Bruxelles sono state molto blande. Per ottenere quanto richiesto da buona parte della popolazione serba in protesta da sei mesi è essenziale il sostegno dell’Unione Europea. Gli unici che sembrano averlo capito davvero sono ancora una volta gli studenti serbi. E ancora una volta è tutto nelle loro mani.
Foto: telegraph.uk