Vučić Mosca

BALCANI: Vucic e Dodik a Mosca per il 9 maggio. Cresce l’irritazione dell’UE

Venerdì 9 maggio Vučić e Dodik si sono recati a Mosca per la parata militare russa nell’anniversario della vittoria sul nazi-fascimo, suscitando aspre critiche dai vertici UE

Dodik habitué del Cremlino

Dei numerosi inviti a partecipare alla parata militare del 9 maggio, organizzata a Mosca per celebrare l’80° anniversario della vittoria sovietica sul nazi-fascismo, tre hanno suscitato maggiori polemiche da parte dei vertici europei: quelli al presidente della Serbia Aleksandar Vučić, al presidente della Republika Srpska – l’entità a maggioranza serba della Bosnia Erzegovina – Milorad Dodik e al premier della Slovacchia Robert Fico, l’unico capo di governo di un paese UE presente.

Milorad Dodik si era già recato a Mosca il 1° aprile scorso – nonostante il Tribunale della Bosnia Erzegovina avesse spiccato un mandato di arresto nei suoi confronti – per cercare il sostegno russo alle sue politiche secessioniste. Sfidando nuovamente le forze di polizia, l’8 maggio Dodik  è tornato nella capitale russa.

Secondo quanto riportato da Radio Slobodna Evropa, il presidente della RS e quello russo si sono incontrati ben quattro volte nell’arco di due giorni, arrivando così a un totale di circa 30 incontri tra i due. Dodik ha cercato supporto per la sicurezza della RS in quanto la Russia, dal suo punto di vista, è l’unico vero garante degli Accordi di pace di Dayton e degli interessi dell’entità serbo-bosniaca. Al termine della visita, Putin ha assicurato che rimarranno in contatto e che gli accordi discussi a Mosca verranno attuati.

E Vučić?

Più scomoda è la posizione del presidente serbo. Una delle prime a esprimersi in merito al suo invito è stata la commissaria europea per l’allargamento Marta Kos, che il 29 aprile ha avvertito come il viaggio di Vučić a Mosca avrebbe avuto delle conseguenze sul percorso di integrazione europea della Serbia. Secondo Kos, non si possono più ignorare i rapporti che Belgrado intesse con Mosca e ha ribadito che è giunto il momento in cui la Serbia si allinei pienamente alla politica estera di Bruxelles.

In questo clima di tensione, ha destato sospetti l’improvviso malore che ha colpito il presidente serbo mentre era in visita negli Stati Uniti a inizio maggio. Costretto a tornare a Belgrado e a cancellare gli incontri previsti per i giorni seguenti, compreso quello con il presidente americano Donald Trump in Florida, molti hanno interpretato l’episodio come un teatrino in grado di fornire a Vučić il pretesto per non partecipare alla parata del 9 maggio. Tuttavia, l’assenza giustificata da cause di forza maggiore equivale a una partecipazione.

Consapevole delle critiche che sarebbero arrivate da Bruxelles, Vučić ha ugualmente deciso di prendere parte alle celebrazioni del Giorno della Vittoria, ma non senza difficoltà: Lettonia e Lituania si sono subito dichiarate contrarie all’attraversamento del proprio spazio aereo da parte del presidente serbo, che ha quindi dovuto sorvolare Turchia e Azerbaijan. Sorte simile è toccata anche al premier slovacco Fico che, dopo il blocco aereo di Estonia e Polonia, ha dovuto sorvolare Ungheria, Romania e Georgia.

Nell’incontro – il primo dall’invasione russa in Ucraina nel febbraio 2022 – Vučić e Putin hanno sottolineato l’importanza della collaborazione tra i due paesi e la necessità di rafforzarla in tutti gli ambiti. Due dei punti principali toccati sono stati la questione dell’approvvigionamento di gas, per il quale sono stati proposti nuovi favorevoli accordi, e le conseguenze delle sanzioni americane imposte sull’azienda pubblica serba dell’energia Naftna Industrija Srbije (NIS), a maggioranza di proprietà russa.

Infine, il presidente serbo ha ringraziato Putin per il suo “enorme sostegno all’integrità territoriale e alla sovranità della Serbia”, con riferimento alla situazione in Kosovo.

Il gioco russo nei Balcani

Dopo l’incontro tra le delegazioni e la partecipazione alla grande parata militare tenutasi nella Piazza Rossa di Mosca, Vučić ha dichiarato di aver ribadito al presidente russo che “la Serbia è sulla strada europea, ma non rinuncia ai tradizionali amici”. “Perché proprio questa coerenza” – ha continuato – “è uno dei fondamenti della politica seria e responsabile che portiamo avanti”.

Più che di coerenza, in questo caso si può parlare di convenienza strategica. La politica estera multivettoriale portata avanti da Vučić gli permette di mantenersi in equilibrio tra i vari attori internazionali senza mai schierarsi apertamente, ottenendo così numerosi vantaggi. Come ha osservato l’europarlamentare Tonino Picula, però, la Serbia non potrà tenere sempre il piede in due scarpe.

Se gli interessi serbi nel mantenere questo equilibrio precario sono chiari, lo sono meno quelli della Russia nel mantenere la propria presenza nell’area. Spesso si giustifica l’influenza russa nella regione con i legami culturali e religiosi che legano i due popoli. Il fatto che tali vicinanze esistano è innegabile, ma queste sono poi state sfruttate e amplificate per creare il mito della fratellanza slava.

Nella pratica, il sostegno russo alla Serbia – e più in generale al popolo serbo, se consideriamo anche la RS – è minimo, sia in termini economici che politici. La Russia è riuscita a mantenere la propria presenza, ad esempio, sostenendo le posizioni di Belgrado nella questione kosovara e le politiche secessioniste dei serbo-bosniaci di Milorad Dodik, e sfruttando i media locali per la diffusione della propria propaganda.

Appoggiando le politiche locali che destabilizzano la regione, e dunque partecipando alla sua destabilizzazione, la Russia ottiene sia di allontanare questi paesi da altre sfere di influenza, in primis UE e NATO, sia di limitare il proprio isolamento.

Resta da capire se la Serbia di Vučić abbia davvero intenzione di percorrere fino in fondo la strada europea o se preferisca restare sospesa in una zona grigia, finendo però per avvantaggiare solo chi ha interesse a mantenere i Balcani instabili.

Immagine: Alexander Zemlianichenko/Pool/Reuters

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