Dijana Hrka

SERBIA: Lo sciopero della fame di Dijana Hrka, la madre che sfida il presidente Vučić

Nel mezzo dell’agitazione politica in Serbia, emerge potente la figura di Dijana Hrka, la madre che nei giorni scorsi ha tenuto uno sciopero della fame. La sua azione – personale ma dal forte significato simbolico – non solo si inserisce in un contesto di lutto e richiesta di giustizia, ma diventa un segnale verso il sistema politico e istituzionale del paese.

Per otto giorni la quarantaseienne Dijana Hrka è stata accampata in una tenda davanti al Parlamento serbo. Qui la donna ha portato avanti uno sciopero della fame, iniziato il 2 novembre alle 11:52, l’ora in cui, un anno prima, la pensilina della stazione ferroviaria di Novi Sad crollò uccidendo suo figlio Stefan e altre quindici persone.

Dijana aveva annunciato la decisione di intraprendere il digiuno il giorno precedente, in occasione della gigantesca manifestazione di Novi Sad del primo novembre, a un anno esatto dalla tragedia che ha innescato le rivolte in tutto il paese. La scelta di protestare ricorrendo al digiuno sottolinea la gravità e l’urgenza della sua richiesta (la stessa che avanzano gli studenti da ormai dodici mesi): verità e giustizia per le vittime di quello che è a tutti gli effetti un omicidio di stato, dettato da corruzione, negligenza, appalti truccati, clientelismo e materiali scadenti adoperati per la ristrutturazione della pensilina crollata.

Una madre contro il sistema

Avvolta in una maglia bianca con la scritta Mama protiv mašinerije (una madre contro il sistema, slogan preso in prestito dagli studenti della facoltà di Ingegneria civile dell’Università di Belgrado), Dijana chiede con tutta la disperazione di una madre che i responsabili siano assicurati alla giustizia, che gli studenti incarcerati vengano rilasciati e che vengano indette elezioni anticipate. Queste sue richieste arrivano da una tenda transennata e sorvegliata dalla polizia in tenuta antisommossa, posizionata a pochi metri dalla cosiddetta Ćaćilend, nomignolo con cui è stata ironicamente ribattezzata la zona davanti al parlamento dove sono riuniti i sostenitori del presidente Aleksandar Vučić (e che la polizia le ha interdetto).

Per tutta la durata del suo sciopero, i fedelissimi del presidente hanno indirizzato verso Dijana una vera e propria campagna intimidatoria, con insulti, minacce, bottiglie e petardi lanciati sulla tenda, provocazioni di ogni genere, altoparlanti che risuonavano a tutto volume canzoni nazionaliste a tutte le ore del giorno e della notte. La polizia non ha battuto ciglio, ma in compenso ha arrestato alcuni sostenitori di Dijana. Non solo: si vocifera che autobus carichi di sostenitori del partito di Vučić, l’SNS, siano stati convogliati appositamente (forse addirittura pagati) per ingrossare le fila di Ćaćilend.

Nonostante tutte queste difficoltà, megafono alla mano Dijana ha continuato a fare appello alla coscienza degli agenti schierati di fronte a lei, denunciando al contempo la totale mancanza dello stato di diritto.

Dijana, il popolo e il presidente

Dall’inizio del digiuno questa madre coraggiosa ha goduto di un sostegno solidissimo da parte dei manifestanti, che hanno così ricambiato la costante presenza di Dijana ad ogni raduno studentesco, ad ogni marcia, ad ogni sciopero. Gli studenti, anima delle proteste che si protraggono da 12 mesi, le hanno portato fiori, disegni, tè caldo, accampandosi accanto a lei per manifestarle solidarietà. Nei teatri di Belgrado gli spettacoli si sono conclusi con una standing ovation in suo nome. Non solo: artisti, insegnanti, genitori, atleti – tra cui Novak Djoković – le hanno reso omaggio.

Lo scorso venerdì il presidente Vučić ha affermato di “avere la coscienza pulita” e di essere disposto a incontrarla. Con la sua solita grinta, Dijana ha risposto invitando il presidente a un confronto di persona, e non attraverso i media, piegati all’interesse della classe politica al potere. 

Il simbolo della lotta di un paese intero

Dijana Hrka non è solo una madre in lutto, ma è il simbolo di due percorsi che si intrecciano indissolubilmente: da una parte la ricerca della verità per una tragedia per la quale nessuno ha ancora pagato, dall’altra la richiesta di riforma del sistema istituzionale serbo, avvelenato dal dispotismo pluriennale di Vučić, un sistema che Dijana ha definito “marcio”, poiché favorisce corruzione e impunità.

La sua protesta sottolinea anche altri aspetti fondamentali: l’indifferenza politica verso la vita dei cittadini, le falle della sicurezza pubblica, l’(in)affidabilità delle infrastrutture. Ed è proprio in questo contesto di infrastrutture fatiscenti destinate al crollo, dove le promesse di giustizia restano in sospeso, che la protesta di una madre privata del figlio diventa specchio di un malessere più ampio. Il corpo di Dijana Hrka è diventato il suo ultimo strumento di opposizione: nella fame di Dijana non c’è solo il dolore inconsolabile di una madre, ma la denuncia di un intero paese che si rifiuta di digerire altre ingiustizie.

Foto: Dnevni.ba

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Chi è Paolo Garatti

Appassionato di Storia balcanica contemporanea, ha vissuto a Sarajevo e Belgrado per qualche tempo. Laureato in Filologia moderna presso l'Università degli studi di Verona, viaggia da solo ed esplora l'Est principalmente in treno

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