La protesta degli studenti corre a Bruxelles: 21 runner sono partiti lo scorso 25 aprile per una maratona che da Novi Sad li condurrà a Bruxelles. Prima tappa in Croazia – a Osijek e Vitrovitica – dove sono stati accolti calorosamente dalla popolazione locale.
Le prime tappe della maratona
Dopo la recente gloriosa pedalata da Novi Sad a Strasburgo, continua l’epopea degli studenti serbi per la libertà e la democrazia, con una maratona di 18 giorni partita da Novi Sad e diretta a Bruxelles, dove è prevista una sessione del Parlamento europeo per discutere della difficile situazione nel paese. I 21 maratoneti attraverseranno Croazia, Austria, Germania, Francia, Lussemburgo e Belgio. In un viaggio di 18 giorni i runner percorreranno 1.933 chilometri, arrivando a Bruxelles il 12 maggio per la sessione del Parlamento europeo che verterà, tra le altre cose, sui gravi problemi interni della Serbia. La speranza dei ragazzi è avere il sostegno delle istituzioni europee, ormai sempre più consapevoli del fatto che qualcosa in Serbia va necessariamente cambiato al più presto.
Lo scorso 25 aprile i corridori hanno raggiunto la cittadina croata di Osijek, al confine serbo, dove sono stati accolti calorosamente dalla popolazione locale, che ha riservato loro un benvenuto festoso: cittadini e studenti avevano infatti organizzato un rinfresco nella piazza Vatroslav Lisinski al grido dell’ormai celebre slogan-tormentone delle blokade “Pumpaj”, diventato l’inno del movimento di protesta nazionale che da sei mesi scuote la Serbia dopo la tragedia alla stazione ferroviaria di Novi Sad del primo novembre scorso. I corridori hanno tagliato un nastro rosso allestito nella piazza cittadina, inaugurando i loro primi 105 chilometri di corsa verso le istituzioni europee a Bruxelles. Al loro arrivo, i coetanei croati sventolavano striscioni di supporto alla causa: oltre al già citato “Pumpaj”, si leggeva “Un mondo, una lotta”, “Non restiamo in disparte, siamo con voi” e “La solidarietà non ha confini“. Alcuni studenti hanno pernottato in un ostello, mentre altri sono stati ospitati da cittadini di Osijek.
Il giorno successivo i runner hanno fatto tappa a Virovitica, nel nord della Croazia, al confine con l’Ungheria, dove un rinfresco li aspettava per ristorarli su un tappeto rosso. Anche se non l’hanno mai davvero voluto, il coraggio, la determinazione e la perseveranza degli studenti serbi li hanno fatto diventare delle star. Srotolare un red carpet per accogliere questi ragazzi significa riconoscere la richiesta di un paese intero che vuole uscire dal pantano della corruzione e della criminalità in cui la classe dirigente attuale del presidente serbo Aleksandar Vučić lo costringe. Questi ragazzi protestano, pedalano, corrono, occupano sedi istituzionali, lottano per chiedere pacificamente giustizia di fronte alle istituzioni giudiziarie, ai servizi di informazione pubblici e nelle strade delle città e dei villaggi della loro terra. Tutti loro sono impegnati in quella che è chiaramente diventata una lotta per il bene superiore.
L’appoggio della diaspora e dei veterani di guerra
Mercoledì 30 aprile la staffetta studentesca è entrata in Austria, per la tappa Großwarasdorf-Vienna di circa 90 chilometri. Nella capitale austriaca i serbi della diaspora hanno preparato quello che, a loro dire, è stato “un benvenuto epico” nella piazza Am Hof di Vienna, in pieno centro.
Nelle scorse settimane anche la diaspora serba del Benelux ha dato il proprio sostegno alla causa studentesca del paese d’origine: dall’11 al 15 aprile scorsi alcuni ciclisti hanno pedalato per 626 km verso Strasburgo da Rotterdam, L’Aia, Anversa e Bruxelles per appoggiare la rivolta studentesca contro le tendenze autoritarie in Serbia e denunciare l’inazione delle istituzioni europee. Un’iniziativa transnazionale dalla forte valenza simbolica che sottolinea quanto la solidarietà sia una potente forza motrice per il cambiamento. In realtà è da novembre 2024, dall’inizio delle Blokade, che la diaspora serba organizza regolarmente veglie e manifestazioni a Bruxelles per denunciare l’inazione dell’UE di fronte alla deriva autoritaria in Serbia.
Anche i veterani di guerra serbi hanno offerto il loro sostegno agli studenti in lotta contro il regime di Vučić. Essi promettono che, nonostante le pressioni cui sono sottoposti dal regime, presidieranno tutti i raduni e le azioni organizzate dagli studenti per fornire loro protezione, resasi necessaria dopo i gravi episodi di violenza in questi mesi di Blokade: dalle auto sui manifestanti agli studenti pestati da individui vestiti di nero. La decisione dei veterani di intervenire scaturisce da una presa di coscienza sulla loro posizione nel tessuto sociale del paese: in una sorta di comunione di destini con gli studenti, anche i veterani sentono di lottare da anni contro un sistema che li ignora.
Nel frattempo il primo maggio una folla enorme proveniente da tutta la Serbia si è riunita alla stazione ferroviaria di Novi Sad per rendere silenzioso omaggio alle vittime del crollo della pensilina alla stazione ferroviaria, in occasione dei sei mesi dalla tragedia. Dal canto suo il presidente Vučić, che ha recentemente lanciato il suo nuovo movimento politico “Per lo stato e il popolo“, ha dichiarato che le conseguenze dei “crimini commessi contro la Serbia negli ultimi sei mesi” hanno causato un “calo dei tassi di crescita previsti”. Secondo lui, gli studenti manifestanti avrebbero anche generato la crisi che colpisce principalmente il settore dei servizi, arrivando a definire quanto succede nel suo paese come “il male messo a nudo“.
Dalla Serbia all’Europa: l’ultimo volto delle richieste
Se il presidente Vučić è sempre più scollegato dalla realtà, ostinandosi nel rifiuto di abbandonare la poltrona (e strizzando addirittura l’occhio a un ipotetico martirio), la marcia verso la libertà degli studenti serbi sembra ormai inarrestabile. Una marcia non solo metaforica: una volta giunti a Bruxelles in tempo per la sessione del Parlamento europeo in cui si discuterà della situazione in Serbia, la speranza dei runner è quella di avere il sostegno delle istituzioni europee.
Come sostengono da mesi gli attivisti, la lotta non riguarda più soltanto la Serbia, ma interessa l’impegno di tutta Europa per la democrazia, la giustizia e la dignità. L’attuale mobilitazione, attraverso la sua creatività, il suo radicamento locale e la sua portata transnazionale e al tempo stesso socialmente trasversale, riafferma il ruolo essenziale dei giovani nella difesa dei valori fondamentali, nonché il sostegno significativo e intergenerazionale della diaspora. Dopo anni di smembramenti ed emorragie interne, nel fragile organismo chiamato Serbia pare che stia confluendo da più parti quell’energia vitale troppo a lungo tenuta lontana, avvelenata e repressa di una società che vuole tornare a decidere democraticamente del proprio destino, con una prospettiva completamente nuova, che potrebbe essere una vera e propria rinascita.
Foto: BalkanInsight