Nel weekend dell’8 e 9 giugno si terranno le elezioni europee, nonché le locali in Ungheria. Non mancano sorprese: a catalizzare l’attenzione è Péter Magyar, ormai maggiore oppositore di Orbán.
Si attiva la macchina elettorale di Viktor Orbán. Il modus operandi è ormai conosciuto, i nemici dell’Ungheria anche; a variare sono invece i temi che il partito di governo decide di affrontare con toni belligeranti a ogni tornata elettorale.
Se alle ultime elezioni le ondate migratorie erano al centro della campagna elettorale del Fidesz, oggi è la guerra a rivestire un ruolo cruciale. Così il paese si riempie di manifesti “Stop alla guerra!”, mentre i cittadini ungheresi hanno ricevuto via posta quantità di volantini con lo slogan principale della campagna. Nei numerosi manifesti contro la guerra la dicitura è accostata ai visi del solito George Soros, del sindaco di Budapest Gergely Karácsony e dell’ex-primo ministro Ferenc Gyurcsány (simboli per eccellenza della depravazione di sinistra per i media vicini al governo, politici vicini a un centrismo liberale in realtà).
L’ascesa di Péter Magyar
Accanto a loro, però, si aggiunge la nuova stella della politica ungherese, Péter Magyar. Il politico è riuscito in poco tempo a catalizzare l’attenzione degli oppositori del governo, puntando sulla piazza come sua strategia principale. L’ascesa di Magyar risale allo scorso 10 febbraio, quando la presidente dell’Ungheria Katalin Novák e la ministra della giustizia Judit Varga si sono dimesse a seguito di uno scandalo: la presidente aveva infatti graziato un uomo condannato per aver coperto un caso di abusi perpetrati dal direttore di un istituto per bambini in una piccola città ungherese, sede in cui l’uomo in questione ricopriva il ruolo di vicedirettore. La ministra della giustizia Varga ha seguito la presidente, colpevole di aver approvato il provvedimento. Péter Magyar è l’ex marito della ministra Varga. Da subito ha iniziato a criticare pubblicamente Viktor Orbán e la sua cerchia, pur essendo lui stesso in passato parte integrante di quel sistema.
Magyar ha nel frattempo raggiunto un piccolo partito, Tisza, catapultandolo immediatamente intorno al 20-25% nei sondaggi. L’uomo non ha un chiaro programma politico: si dice contrario a qualsiasi suddivisone tra destra e sinistra – o meglio tra liberali e conservatori nel contesto ungherese. Quello per lui è dunque un voto di protesta: arma a doppio taglio, che lo ha proiettato con estrema velocità all’apice della politica ungherese ma che potrebbe altrettanto rapidamente farlo scomparire. Al momento l’uomo non rappresenta una grande minaccia per Orbán (forse proprio per questo la campagna denigratoria nei suoi confronti si è scatenata così tardivamente, al netto dell’iniziale difficoltà del regime nel confrontare una protesta di piazza di ampiezza e frequenza senza precedenti). Al contrario, Magyar ha mandato in aria qualsiasi velleità di consistenza delle opposizioni: ad oggi, l’unico oppositore a Orbán che sopravvive è l’ex primo ministro Gyurcsány. Tutti gli altri partiti di opposizione sono ridotti ai minimi storici.
Una certa tensione, comunque, traspare nel sistema Orbán. La tv di Stato ungherese ha infatti deciso di ospitare un dibattito tra i leader dei partiti in vista delle elezioni, dopo 18 anni dall’ultimo confronto prima di una tornata elettorale in cui Orbán era uscito sconfitto. L’evento è stato organizzato dopo che Magyar aveva annunciato una protesta davanti agli studi televisivi. Il dibattito, come dimostrato dalle critiche pervenute dai principali leader di opposizione, è stato comunque orchestrato con ingegno: ogni leader aveva infatti solo 8 minuti senza diritto di risposta, e le tematiche trattate sono state limitate e decise in anticipo. Inoltre, i capi di partito principali hanno lamentato la presenza di diversi leader di partiti totalmente insignificanti con lo scopo di annacquare il contenuto del dibattito (hanno infatti partecipato ben undici leader).
Le elezioni locali
Nello stesso weekend delle elezioni europee si terranno anche gli scrutini locali: grande attenzione è rivolta a Budapest. Qui il sindaco uscente Gergely Karácsony cercherà di riconfermare il suo mandato, supportato da una coalizione di socialisti e verdi. La coalizione è nata in risposta ai timori di indebolimento seguite alla crescita del movimento di Magyar, a riprova della minaccia che il nuovo politico rappresenta per le opposizioni ad Orbán; si presenterà con la stessa forma anche alle europee. Non mancano gli scandali anche per queste elezioni: Karácsony ha comunicato sui social che i servizi segreti ungheresi hanno fatto irruzione nell’ufficio del procuratore del sindaco, oltre che in diversi altri luoghi legati a suoi collaboratori. La mossa avrebbe avuto come obiettivo quello di cercare informazioni compromettenti sulle figure di opposizione a Budapest.
Non resta che attendere i risultati delle elezioni per capire la portata della dissidenza anti-Orbán. Come in passato, questa sembra tuttavia ancora molto frammentata, soprattutto dopo l’esperimento fallimentare del 2022, quando l’opposizione unita sotto Péter Márki-Zay aveva cercato di spodestare il premier.
Foto: dal profilo Facebook di Péter Magyar