Video di abusi su minori rinchiusi in riformatorio hanno provocato manifestazioni di piazza a Budapest lo scorso fine settimana.
Da BUDAPEST – Quando venerdì 12 è stato pubblicato su Facebook il secondo video che mostrava gli abusi perpetrati sui giovanissimi ospiti del riformatorio di via Szőlő sulle colline di Buda, è scoppiata la protesta civile. Migliaia di ungheresi sono scesi in piazza per partecipare a due diverse manifestazioni, una il giorno stesso sotto le finestre dell’istituto dove si sono svolte le violenze e l’altra il giorno dopo sotto le finestre del Karmelita kolostor, il quartier generale della presidenza del consiglio, nel castello di Buda.
Già la primavera scorsa le denunce alle autorità e le testimonianze di ex dipendenti avevano determinato le dimissioni e l’arresto del direttore del riformatorio, Péter Pál Juhász. Ma in quell’occasione, seppur indignata, l’opinione pubblica non aveva granché reagito. È stato solo quando – il giorno prima del nuovo video di abusi – è finito in carcere in via cautelare per pericolo concreto di alterazione delle prove e per reiterazione del reato anche il nuovo direttore ad interim Károly Kovács-Buna, insieme ad altri due dipendenti, che la protesta civile è diventata incontenibile.
Le accuse e i video
Nell’affare di via Szőlő si parla di reati che vanno dalla violenza fisica e psicologica agli abusi sessuali, dall’induzione alla prostituzione alla riduzione in schiavitù mediante lavoro forzato e alla tratta di essere umani. Gli indagati si sarebbero appropriati anche di alcune somme di denaro ai danni delle vittime per una cifra che si aggira intorno ai 108 milioni di fiorini, 280 mila euro.
Le prove schiaccianti sono certamente i video pubblicati su Facebook da Péter Juhász, ex membro del consiglio comunale del V distretto di Budapest e fondatore del gruppo facebook Milla (egymillióan a sajtószabadságért, un millione per la libertà di stampa). Juhász è stato più volte oggetto di diffamazione da parte di Origo.hu e Pesti Srácok, due media filo governativi. Le accuse, come quella di aver abusato della sua ex compagna, si sono poi rivelate false. Ma i guai per Juhász non sono finiti qui. Lo scorso ottobre la sua casa è stata perquisita dalle forze dell’ordine, ma ciò non gli ha impedito di divulgare in un secondo momento i materiali video in suo possesso sul caso di via Szőlő. Questi mostrano l’ex direttore ad interim Kovács-Buna, mentre perpetra abusi sui giovani dell’istituto, e un altro membro dello staff che picchia sulla testa un ragazzino con un bastone.
Anche Klára Dobrev, membro del Parlamento europeo dal 2019 e, dopo le dimissioni del suo ex marito Ferenc Gyurcsány, presidente della Coalizione Democratica (DK, Demokratikus Koalició), ha pubblicato sul suo profilo Facebook il video di accusa alle istituzioni per non aver protetto e non aver dato seguito alle richieste di aiuto dei minori intervistando un ragazzo (il volto è coperto) che racconta di essere stato abusato all’età di 14 anni dall’ex direttore. Questa testimonianza ha permesso l’arresto di altri tre sospettati. Ad oggi sono finite in carcere a vario titolo sette persone.
La prima risposta del governo è stata affidata al ministro dell’Interno Sándor Pintér, il quale ha annunciato l’arresto dell’ex direttore e l’apertura delle indagini sul caso di via Szőlő. Inoltre, ha disposto che la gestione di tutti i riformatori nazionali fosse di esclusiva competenza della polizia. Troppo poco per una buona parte dell’opinione pubblica ungherese.
D’altronde non è la prima volta che il governo incappa in storie di abusi e di violenza su minori. Già nel febbraio 2024 l’allora presidente dell’Ungheria Katalin Novák e la ministra della giustizia Judit Varga (ex moglie del leader di TiSza, Péter Magyar) si erano dimesse per aver concesso la grazia al vicedirettore dell’orfanotrofio di Bicske, protagonista di una orribile storia di abusi (e del loro insabbiamento) su minori tra il 2004 e il 2016. Lo scandalo aveva solo fatto vacillare il governo, ma non lo aveva scalfito grazie alla rapidità con cui Orbán aveva costretto alle dimissioni le due donne.
Le manifestazioni di piazza e la linea di governo
Tra gli organizzatori della manifestazione silenziosa sotto le finestre del riformatorio c’è Puzsér Róbert, conduttore del programma web önkényes mérvadó (criterio arbitrario). L’altra manifestazione invece ha visto Péter Magyar, leader di Tisza, tenere il suo discorso nel Castello di Buda davanti a migliaia di ungheresi. I manifestanti hanno urlato a gran voce le dimissioni del presidente del Consiglio e Magyar, pur invitando alla calma, ha cercato di farsi portavoce delle proteste. Ha anche accusato il governo di sapere e di non aver fatto nulla nemmeno nel 2021, quando, in concomitanza con le elezioni politiche, fu promosso un referendum sulla tutela dell’infanzia mentre un rapporto segreto che parlava di 3300 minori abusati veniva insabbiato.
Nelle ultime ore però sembra che sulla vicenda sia cambiata la strategia di governo. Non più appello alle forze dell’ordine affinché risolvano il caso, ma contrattacco ai danni delle opposizioni. Dopo le dichiarazioni di Gyula Budai, membro di FiDeSz, la nuova linea governativa accusa Magyar e gli altri di voler difendere dei criminali, perché tali sono – a suo giudizio – i giovani abusati nei riformatori. Intanto Orbán tace, forse distratto negli ultimi giorni dalle visite fatte a Mosca e a Washington, forse a corto di idee sulla gestione di un caso che rischia di avere conseguenze pesanti sull’esito delle prossime consultazioni nazionali.
Youtube, il canale della protesta
La triste vicenda degli abusi però ci permette anche di dare un’occhiata al clima che si respira all’interno della società civile ungherese (o almeno della capitale Budapest). È vero che da tempo il sistema Orbán ha messo sotto controllo la stampa nazionale. L’Ue, sempre in preda a lungaggini burocratiche, ha fatto entrare in vigore solo l’8 agosto scorso la legge che tutela la libertà, l’indipendenza e il pluralismo dei media, e la prima procedura d’infrazione, avviata pochi giorni fa, è proprio contro l’Ungheria. Ma è altrettanto vero che il primo ministro non è riuscito ad imbavagliare quanti dai loro canali youtube discutono, criticano, ironizzano, diffondono le notizie sul malgoverno in carica. Fra i commentatori più seguiti c’è Ádám Nagy, giovane youtuber, che in una recente intervista alla Reuters ha spiegato quanto sia più libero e più produttivo il lavoro svolto sulle piattaforme web.
Per mercoledì 17 è in programma una riunione straordinaria del Parlamento ungherese su richiesta del movimento Párbeszéd (Dialogo). Con la proposta di istituire una commissione ad hoc sui fatti di via Szőlő e di indagare su eventuali responsabilità di governo.
Una brutta sorpresa sotto l’albero di Natale per il governo Orbán.
Foto: Index.hu