Nuovi partiti europei d’estrema sinistra e destra, lotte intestine tra l’ultra-destra dell’Est: caos a una settimana dalle elezioni.
A qualche giorno dalle elezioni europee si moltiplicano le speculazioni circa la composizione del prossimo Parlamento europeo. Ad alimentarle è soprattutto il turbinio nella vita politica della Germania, che avrebbe però ampie conseguenze per l’Europa centro-orientale.
Il riferimento è al nuovo partito di estrema sinistra fondato da Sahra Wagenknecht e all’esclusione di Alternative für Deutschland (AfD) dal gruppo Identità e Democrazia, il partito europeo d’estrema destra di cui fanno parte la Lega di Matteo Salvini e il Rassemblement National di Marine Le Pen. Entrambi i fatti sembrano aver avviato un processo di rettifica della suddivisione tra macropartiti a livello europeo, e da settimane si parla della creazione di due nuove possibili formazioni, rispettivamente a estrema sinistra e estrema destra, guidate dai due outsider tedeschi. Entrambi i gruppi potrebbero tuttavia prendere vita soltanto raccogliendo partiti di difficile collocazione dell’Est Europa (per formare un nuovo gruppo europeo c’è bisogno al momento di 23 deputati proveniente da almeno sette stati membri).
Un nuovo gruppo rosso-bruno?
Sahra Wagenknecht, ex-rappresentante di spicco della formazione di sinistra Die Linke, è da sempre stata poco a suo agio nel processo di “ammodernamento” del suo partito, erede di seconda generazione del SED, il Partito Socialista Unificato di Germania che ha governato la Germania dell’Est durante i decenni del comunismo e nel quale la stessa Wagenknecht ha iniziato la sua carriera. Parte della sinistra ortodossa e poco riformata, Wagenknecht si è via via distanziata dal suo partito, fino alla fondazione di BSW (Bündnis Sahra Wagenknecht), nota per il suo pronunciato “welfare chauvinism” – ovvero un forte sostegno a politiche di ridistribuzione, ma limitate ad un gruppo ristretto di persone (in questo caso in senso etnico o nazionale) – e da ripetuti flirt con il Cremlino, ben oltre la retorica pacifista.
Wagenknecht ha esplicitamente fatto sapere di aver aperto discussioni circa la formazione di un nuovo partito politico europeo. Si è spinta fino a dichiarare che tale gruppo sarebbe ormai cosa fatta, allarmando il gruppo di estrema sinistra europea GUE/NGL, che inevitabilmente perderebbe qualche suo membro. Molti in Europa sostengono però che la dichiarazione sia stata una semplice manovra elettorale: nessun candidato si è ancora fatto avanti (la formazione del gruppo, in ogni caso, si svolgerebbe dopo le elezioni).
Chi entrerebbe a far parte del nuovo gruppo di sinistra nazionalista? Il connubio tra politiche economiche di sinistra e conservatismo socioculturale trova ampia risonanza oltre Danubio. Tutti gli occhi sono puntati, ovviamente, sullo Smer-SD di Robert Fico. Sospeso dal Partito dei Socialisti Europei da qualche mese per avere formato un governo con l’estrema destra, lo Smer è da tempo una delle pecore nere dei socialisti. Assieme a Smer seguirebbe quasi spontaneamente Hlas-SD, il partito del numero due di Fico, l’attuale Presidente slovacco Peter Pellegrini.
Se le due formazioni hanno poco da perdere entrando in questo nuovo gruppo, decisamente meno fondate sono le speculazioni che vedrebbero altri socialisti dell’Est seguire Fico. Nel corso dei decenni, sia il Partito Socialista Bulgaro (BSP) che il Partito Social Democratico (PSD) di Romania hanno fatto del gruppo dei socialisti europei una grande fonte di legittimazione internazionale riflessa a livello interno. Il PSD rumeno, inoltre, è al momento in una fase di spiccato pragmatismo europeista, avendo in parte allontanato i toni marcatamente nazional-populisti che lo avevano portato ai ferri corti con i socialisti europei qualche anno fa. Il BSP, nonostante sia al momento molto spinto su posizioni nazional conservatrici, ha estrema necessità di non erodere ulteriormente il suo statuto di grande e storico partito: isolato sulla scena interna, rischierebbe di essere relegato a partner minore di un nuovo e fragile partito europeo dopo anni di ripetuti riconoscimenti internazionali (il suo ex Segretario Sergej Stanišev è stato per dieci anni, fino al 2022, presidente dei socialisti europei, e il partito ha rivestito di recente alte cariche nell’Internazionale Socialista). Probabilmente, il BSP resterà dunque tra le fila dei socialisti, rasserenato dalla presenza al suo fianco di altre forze occidentali – e in particolare i danesi – con le loro politiche conservatrici, soprattutto in ambito migratorio. Poco citati, infine, i comunisti della Repubblica Ceca. A maggior ragione perché alle prossime elezioni il Partito Comunista di Boemia e Moravia si presenterà all’interno di una coalizione dichiaratamente rosso-bruna (dal nome Stačilo!, Basta!) ed euroscettica.
Più a destra dell’estrema destra
Parte del processo di repulisti portato avanti da Marine Le Pen per offrire un’immagine di sé ben più moderata, l’AfD è stato espulso dal gruppo Identità e Democrazia per l’ennesimo scandalo dai toni neonazisti: il capolista europeo del partito Maximilian Krah ha infatti dichiarato che non tutte le SS erano criminali. L’espulsione ha fomentato gli animi di tutte quelle formazioni troppo radicali (sic) per far parte dell’estrema destra. Kostadin Kostadinov, leader del partito bulgaro Vazrazhdane, ha proposto all’AfD di fondare un nuovo gruppo “veramente conservatore e sovranista”, dopo che lo stesso è stato rifiutato da Identità e Democrazia. Si vocifera inoltre che Mi Hazánk Mozgalom, partito d’estrema destra ungherese, potrebbe aggiungersi: al momento il gruppo è tra i non iscritti. Qui nascerebbero i vari problemi: se i siti di informazione europea proseguono a questo punto con una lista di partiti estremisti dell’est senza collocazione attuale, è chiaro che queste formazioni non potrebbero mai convivere nello stesso gruppo.
Tutti contro Orbán
Un esempio di tale affermazione è il caos nato all’interno dell’altro partito di destra europeo, il gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR), di cui fanno parte Fratelli d’Italia e il PiS polacco. Il Fidesz di Viktor Orbán cerca infatti famiglia dopo essersi auto-escluso dal Partito Popolare Europeo (anticipando la sua espulsione), e i nazional conservatori sembrano essere il gruppo più adatto al leader ungherese, che ha perciò dichiarato il suo interesse. Immediate le reazioni e le minacce dei colleghi cechi, slovacchi e rumeni. L’ODS ceco ha infatti dichiarato che il gruppo non ha bisogno di chi ha ricattato l’intera UE sulla questione Ucraina, mentre gli slovacchi di SaS sarebbero pronti a raggiungere i popolari (secondo le dichiarazioni del leader Richard Sulík, il capogruppo del PPE Manfred Weber li avrebbe già invitati). Ancora più dura è stata la reazione di AUR, partito d’estrema destra rumeno. La formazione sarebbe infatti pronta a cercarsi un nuovo gruppo nel caso in cui dovesse convivere con i promotori della “Grande Ungheria” e gli “amici di Putin”.
Come sarà formato il nuovo Parlamento europeo è dunque ancora appannaggio di speculazioni politiche. Quello che emerge è però l’estrema frammentarietà dei due estremi del paesaggio politico europeo. Per quanto i leader europei si ingegneranno a far quadrare i conti e a nascondere i malumori, è prevedibile che tra i gruppi in più forte crescita ci sarà quello dei non iscritti.
Foto: dal profilo Facebook di Sahra Wagenknecht