Dopo la vittoria elettorale, Babis è stato nominato Primo ministro della Cechia. E i vicini osservano con rinnovato interesse.
Lo scorso 9 dicembre il Presidente della repubblica Petr Pavel ha affidato ad Andrej Babis l’incarico di formare il nuovo governo del paese. Per il leader di ANO (Azione dei cittadini insoddisfatti) si tratta di un ritorno dopo la parentesi 2017-2021; per il capo dello Stato, nonostante il chiaro responso delle urne, una decisione non scontata, frutto di un lungo negoziato che ha sciolto le riserve rimaste sul tavolo a margine del voto. Grande entusiasmo invece tra i cugini slovacchi, che hanno accolto la notizia come una svolta.
Il nuovo esecutivo
Babis si insedierà ufficialmente il 15 dicembre, giusto in tempo per partecipare al Consiglio europeo in programma pochi giorni dopo. La coalizione di partenza, molto diversa rispetto a quella del primo mandato, riflette la traiettoria politica del nuovo premier, giunto negli ultimi anni su posizioni sempre più conservatrici ed euroscettiche. Ad affiancare ANO saranno il cosiddetto partito degli automobilisti (Přísaha a Motoristé), noto per la sua opposizione al Green Deal di Bruxelles, e quello di estrema destra Libertà e democrazia diretta (Svoboda a přímá demokracie – SPD).
Con questa formazione Babis avrà a disposizione 108 seggi della Camera bassa sui 200 totali. ANO inoltre aggiungerà al capo del governo la nomina di altri otto ministri, mentre i restanti verranno spartiti tra automobilisti (quattro) e SPD (tre). Ma se i numeri garantiscono un margine di sicurezza dagli attacchi esterni, il premier dovrà guardarsi costantemente dal fuoco amico. Il monito è stato espresso tra le righe dallo stesso presidente Pavel, il quale dopo aver affidato l’incarico a Babis ha dichiarato che tutte le sfide, anche le più impopolari, andranno affrontate senza mettere in discussione l’orientamento euro-atlantico della Cechia.
Un avviso che certamente non avrà fatto piacere al leader di SPD Tomio Okamura, fresco di elezione a speaker del parlamento ma costretto ad accantonare la missione storica del suo partito, ovvero il referendum per l’uscita di Praga dalla Nato e dall’Unione Europea. Anche gli automobilisti però non lasciano dormire tranquillo Babis: emblematico il caso legato a Filip Turek, esponente di spicco del partito destinato al ministero dell’ambiente, ma tagliato all’ultimo dalla lista a causa di alcuni post estremisti pubblicati sui social network. Il suo posto verrà occupato ad interim dal collega Petr Macinka, già nominato agli esteri.
La riabilitazione di Babis
Solo una settimana prima dell’investitura lo stesso Primo ministro aveva ripulito la sua fedina politica, risolvendo quel conflitto di interessi legato ad Agrofert che gli impediva di varcare la soglia di Villa Kramar. Pavel infatti riteneva la proprietà e i guadagni derivati dalla holding agro-alimentare incompatibili con la presidenza del governo; un’ambiguità che già durante il primo mandato aveva ispirato critiche e paragoni sarcastici con Donald Trump e Silvio Berlusconi, ed esasperata ulteriormente dal caso giudiziario sui fondi europei, i cui strascichi non si sono ancora sopiti.
Con una mossa tanto netta quanto esplicita Babis ha deciso quindi di troncare i suoi rapporti con Agrofert, lasciando spazio ad un amministratore fiduciario e a un supervisore indipendente. Alla famiglia sarà negato ogni beneficio economico generato dalla holding fino alla morte del Primo ministro; solo in quel momento i figli potranno tornare in sella. Agrofert raggruppa circa 200 aziende e garantisce quasi 30.000 posti di lavoro, di cui 18.000 nella sola Cechia. Un colosso che ha reso Babis uno degli uomini più ricchi del paese.
Nonostante i sospetti delle opposizioni, giuristi e accademici di peso hanno garantito sull’efficacia di questa soluzione, e dal Castello di Praga è arrivata così l’attesa benedizione di Pavel, che si è detto soddisfatto sia dell’accordo raggiunto, sia del modo in cui Babis lo ha comunicato alla cittadinanza.
Ricongiungimento familiare?
Come già anticipato, tra i maggiori sostenitori del nuovo governo ceco figurano senza dubbio i colleghi slovacchi. Da tempo i rapporti di vicinato si erano incrinati, le divergenze di visione interna e di politica estera si erano ampliate al punto tale da interrompere il tradizionale ciclo di consultazioni bilaterali.
La stima reciproca tra Robert Fico e Andrej Babis era nota e numerose dichiarazioni pubbliche avevano lasciato intendere che, in caso di svolta elettorale, riavvicinare i due paesi fosse una priorità condivisa. Ma come due familiari lontani impazienti di riunirsi, i protagonisti hanno deciso di bruciare le tappe. Lo scorso 2 dicembre, una settimana prima che l’esecutivo si concretizzasse, una delegazione ceca guidata da Okamura si è recata a Bratislava per incontrare il presidente slovacco Peter Pellegrini. Un atto in chiara controtendenza rispetto all’ostilità che ha caratterizzato il mandato dell’ex premier Petr Fiala.
Oltre a ricostruire su nuove basi le relazioni diplomatiche, le due parti hanno trovato subito una certa intesa anche su temi di più ampio respiro come la gestione delle frontiere e dei flussi migratori, la contestazione delle politiche energetiche e ambientaliste imposte dall’Unione Europea, ma soprattutto la postura nei confronti del conflitto russo-ucraino. Babis non ha mai fatto mistero di volersi allineare alla neutralità di Fico e di Orban, ma rispetto ai suoi omologhi dovrà contenere gli eccessi, il presidente Pavel rimane vigile sullo sfondo.
Immagine tratta da iROZHLAS