Russia potenza anti-coloniale

La Russia non può definirsi una potenza anti-coloniale, nemmeno in Africa

Un articolo di Al Jazeera spiega perché la Russia rinnega il suo passato quando si erge a potenza anti-coloniale in Africa. Oleksandr Polianichev, ricercatore presso la Södertörn University di Stoccolma, ripercorre le vicende intercorse tra l’Impero russo e l’Etiopia, ricordandoci che anche la Russia ha avuto le sue mire nel continente africano. Riportiamo qui una traduzione abbreviata del suo lavoro, aggiungendo qualche riflessione rispetto il presente…

Nascondere il proprio passato

Nel 1897 l’ultimo zar dell’Impero russo Nicola II inviò una delegazione in Etiopia allo scopo di stabilirvi una missione diplomatica. L’intenzione era di includere il paese africano nel disegno imperiale russo, ma più di un secolo dopo, l’attuale ministro degli Esteri della Federazione Russa, Sergey Lavrov, ha criticato le azioni dei giorni d’oggi del nemico occidentale nel continente africano, colpevole di volere riportare le lancette dell’orologio all’epoca coloniale, come se il suo paese non avesse mai avuto aspirazioni simili in passato.

In realtà, come illustra Polianichev, i fatti storici accertano che anche l’Impero russo avesse intenzione di partecipare alla spartizione coloniale dell’Africa e se non lo ha fatto, non è stato per lo spirito illuminato dei suoi despoti, ma perché ha semplicemente fallito nel suo intento.

La Russia di oggi dunque vuole presentarsi come una Nazione senza macchia -almeno per quanto riguardo l’imperialismo- simbolo di un nuovo ordine mondiale “multipolare”, in cui tutti gli attori sulla scena internazionale possano avere pari dignità, senza soffrire l’influenza di paesi stranieri, anche se sembra essere proprio la Russia a mostrarsi particolarmente attiva su questo fronte. Inoltre, a rendere ancora più controverse le parole di Lavrov, bisogna ricordare che  la guerra che è in corso in Ucraina può essere definita come un conflitto dallo stampo coloniale, nel quale gli ucraini sono descritti come russi degenerati, neonazisti, burattini dell’ occidente.

Nuova Mosca: una colonia fallita

Quando negli anni Ottanta del diciannovesimo secolo le potenze europee iniziarono a spartirsi il continente africano, anche le élites dell’Impero russo cominciarono a manifestare il loro interesse per la posta in gioco. Uno dei nomi da ricordare per narrare l’esperienza imperiale russa in Africa è quello di Nikolai Ashinov, avventuriero e personaggio che vantava una forte abilità di persuasione sulle sfere del potere russo.

Fu Ashinov a portare l’Africa all’attenzione degli alti funzionari imperiali, concentrando le sue ambizioni sul Sudan e sull’Etiopia, paesi nei quali avrebbe voluto gettare le basi per delle colonie. Sarebbe stata un’iniziativa privata al servizio della corona, la quale non avrebbe dovuto nemmeno chiamare in causa l’esercito. A tal proposito, si deve ricordare che la costa sul Mar Rosso aveva acquisito da poco una importanza strategica di fondamentale rilevanza grazie all’apertura del Canale di Suez, avvenuta nel 1869.

Fu nel marzo del 1888 che una nave di guerra russa con a bordo Ashinov e i suoi compagni approdò lungo le coste di Tagiura, nell’odierno Gibuti, paese confinante con l’Etiopia. Sarebbe stato in tal luogo che Ashinov avrebbe gettato le basi per un futuro insediamento russo, che avrebbe preso il nome di “Nuova Mosca”, ma questa colonia non avrebbe mai trovato posto nelle mappe; anzi, presto il governo scoprì che nemmeno esisteva. Gli uomini al servizio di Ashinov fuggirono per la mancanza di qualsiasi mezzo di sussistenza, non avevano di che vivere.

Ma Ashinov avrebbe avuto un’altra opportunità e si arriva così al Gennaio del 1889, quando più di 100 coloni sbarcarono ancora una volta a Tagiura per poi insediarsi nella località di Sagallo. A Sagallo – oggi località del Gibuti – “Nuova Mosca” divenne finalmente realtà e una bandiera russa poteva finalmente sventolare sul forte abbandonato della città. Ma contrariamente alle aspettative dei suoi nuovi abitanti la Francia aveva altri piani, dato che la costa ora in mano russa faceva era contesa dalle truppe francesi, le quali infine bombardarono Sagallo, uccidendo vari cittadini russi; molti altri, fra cui Ashinov, furono presi prigionieri. Il governo russo, per evitare crisi diplomatiche dalle conseguenze imprevedibili, negò ogni coinvolgimento nella presa del forte.

Leontiev: un colonialista trasformato in eroe coloniale

Nikolai Leontiev fu un altro dei protagonisti delle avventure coloniali russe, questa volta in Etiopia, ed oggi viene celebrato come colui che ha stabilito l’amicizia russo-etiope e come un eroe anti-coloniale, nonostante non abbia mai potuto fregiarsi di uno status ufficiale di emissario dell’impero russo.

In verità, la sua storia contrasta con l’immagine che di lui oggi viene offerta. Dopo avere stabilito contatti con gli uomini più vicini all’imperatore etiope Menelik e aver aiutato lo sviluppo delle relazioni diplomatiche con l’Etiopia, Leontiev promise al paese africano armi e munizioni contro l’invasore italiano. In cambio, la Russia avrebbe potuto stabilire una colonia proprio nella strada che da Harar porta al Mar Rosso, ma, contrariamente a quanto promesso, in Etiopia non giunsero mai aiuti militari russi.

Tuttavia, ciò non impedì a Leontiev di ritagliarsi l’immagine di eroe decisivo per la sconfitta italiana ad Adua nel marzo del 1896 e di essere nominato da Menelik in persona a governatore di un territorio situato nel sud dell’Etiopia. Fu in questo frangente che Leontiev richiamò l’attenzione di capitali britannici, francesi e belgi per l’estrazione delle risorse del territorio da lui controllato, dopo che il governo dello zar ignorò i suoi inviti per la fondazione di un protettorato russo nella regione. Alla fine, gli investitori stranieri non ebbero mai il loro denaro di ritorno. In conclusione Leontiev fu espulso dall’Etiopia direttamente dall’imperatore Menelik dal momento che si preparava a vendere il  territorio di sua proprietà direttamente all’impero russo.

Una narrazione ufficiale che contrasta con la storia (e con il presente)

Per quanto riguarda la missione diplomatica russa in Etiopia – inaugurata ad Addis Abeba nel 1897 – viene vista ancora oggi come il simbolo della sensibilità russa alla lotta anti-coloniale; ma anche questo è un falso mito. Secondo la narrazione ufficiale del Cremlino la missione sarebbe stata diretta a proteggere la libertà e la sovranità etiope dalle mire imperialiste occidentali, ma i fatti dimostrano il contrario: l’obiettivo dei diplomatici russi era perseguire un’espansione coloniale nel territorio africano, in linea con quello che stavano facendo altri stati europei, e in questo progetto non mancava una visione razzista degli africani, visti come popolo e razza inferiore.

L’intenzione era di trasformare il paese in una vera e propria colonia per sfruttare le sue risorse d’oro o di svilupparvi una base militare, allo scopo di bilanciare le forze britanniche presenti in Sudan, Uganda e Somaliland.

Insomma, anche la Russia ha cercato di coltivare il suo sogno africano, ma tale disegno non si è mai concretizzato. Intanto, ad oggi, lo spirito imperiale russo appare essere ancora vivo – la guerra in Ucraina lo dimostra – e i suoi politici fanno di tutto per nutrirlo, ricercando forse il legame con una passata grandezza imperiale e coloniale, zarista o sovietica che sia.

 

Chi è Lorenzo Fraccaro

Classe 1998, ha una laurea in scienze politiche presso l’università di Padova. Successivamente ha conseguito il suo titolo magistrale in relazioni internazionali all’Università Ca’ Foscari di Venezia con una tesi sui totalitarismi del Novecento. Grande appassionato di storia e politica internazionale, negli anni ha approfondito eventi e dinamiche riguardanti l’Europa Orientale. Per East Journal è il responsabile dell’area che si occupa di Russia, Ucraina, Bielorussia, Caucaso e Asia Centrale.

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