Al summit di Tirana del 6 dicembre scorso l’Unione Europea rilancia la propria politica di allargamento nei Balcani occidentali
Una Tirana blindata, sotto uno splendente sole d’inverno, ha ospitato lo scorso 6 dicembre il vertice tra i 27 capi di stato e di governo degli stati membri UE e i loro sei omologhi dei Balcani occidentali – Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia.
Il padrone di casa, il primo ministro albanese Edi Rama, ha aperto le porte di quello che lui stesso considera il “paese più europeista della regione” per dialogare con i colleghi di questioni fra cui l’integrazione UE dei paesi balcanici, la crisi energetica e l’aggressione russa dell’Ucraina.
Il vertice a 33 ha voluto riconfermare l’importanza fondamentale del partenariato strategico tra l’UE e i Balcani occidentali, una regione che, secondo la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, ha una chiara prospettiva europea, tanto più alla luce “delle molteplici partnership siglate nel settore economico, energetico e politico”, come lei stessa ha dichiarato nella conferenza stampa di chiusura dell’incontro.
Il primo incontro al vertice in un paese dei Balcani
Si tratta del primo summit UE-Balcani occidentali che si tiene in un paese della regione, dopo gli incontri in Slovenia nel 2021 e a Sofia nel 2020. Un appuntamento al più alto livello politico, a cadenza ormai annuale, e che arriva solo un mese dopo il vertice del processo di Berlino del 3 novembre, che ha sbloccato gli accordi di mobilità regionale.
La discussione si è tenuta in una cornice di maggiore ottimismo per il futuro europeo dei Balcani, con i negoziati d’adesione di Albania e Nord Macedonia avviati a luglio dopo quattro anni di stallo, la liberalizzazione dei visti per il Kosovo visibile all’orizzonte del 2024, e la prospettiva di una discussione al prossimo Consiglio europeo sullo status di paese candidato per la Bosnia Erzegovina.
L’atmosfera non è stata rovinata neanche dalle proteste di piazza dell’opposizione albanese, organizzate a poca distanza per denunciare la corruzione e la deriva autoritaria del premier Rama, accusato anche di eccessiva vicinanza al presidente serbo. Tra la folla, l’ex presidente e leader dell’opposizione Sali Berisha è stato aggredito con un pugno al volto da un uomo, poi subito fermato.
I temi del vertice
I temi principali affrontati a Tirana hanno riguardato le conseguenze dell’aggressione russa contro l’Ucraina, la volontà di rafforzamento della sicurezza e della resilienza contro le interferenze straniere, i flussi migratori, la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata. Al termine del summit è stata sottoscritta da tutti i leader la dichiarazione di Tirana, nella quale viene ribadito il pieno appoggio dell’UE al futuro comunitario dei Balcani occidentali, esprimendo al contempo la volontà di accelerare quanto più possibile questo processo.
Per ribadire il proprio sostegno – e ridare lustro e credibilità al progetto europeo – la Commissione si è impegnata a stanziare altri 400 milioni di euro per sostenere la transizione energetica. Fondi che si aggiungono al miliardo già annunciato durante il summit di Berlino del 3 novembre, la cui prima tranche dovrebbe essere già disponibile nei prossimi mesi per fare fronte ai maggiori costi dell’energia per famiglie e imprese nella regione dei Balcani.
Al summit di Tirana è stato anche firmato un accordo tra i maggiori operatori telefonici per abbassare i costi del roaming tra UE e Balcani occidentali. Un passo che fa seguito all’accordo del luglio 2021 volto ad abolire progressivamente il roaming tra i sei paesi della regione.
Il ruolo strategico dei Balcani
La situazione geopolitica impone all’Europa cautele e concessioni, in virtù della manifesta importanza strategica della regione, ancora più rilevante nell’attuale crisi energetica. Ciò che i leader europei chiedono in cambio ai paesi dei Balcani occidentali è la risoluzione dei problemi che impediscono il loro allineamento alla politica estera UE, soprattutto in merito alle sanzioni contro la Russia. Tale appello è rivolto in particolare alla Serbia, il cui procrastinare aveva già infastidito Bruxelles in sede di presentazione del Pacchetto allargamento di quest’anno. Ciò nonostante, il presidente serbo Aleksandar Vučić e la rappresentante della presidenza della Bosnia Erzegovina, Željka Cvijanović, hanno ribadito il proprio disappunto in merito alle sanzioni, continuando a rifiutarsi di metterle in atto. La guerra in Ucraina mette in risalto il ruolo strategico dei Balcani, palesando gli appetiti geopolitici che visi intersecano: appetiti della Russia – tradizionale “protettrice” degli Slavi del sud – ma anche quelli più recenti dell’UE e quelli un po’ più datati di Cina e Turchia, che da anni investono e finanziano progetti – anche colossali – nella regione.
Sebbene Ursula von der Leyen abbia dichiarato al summit di Tirana che l’obiettivo è “riavvicinare i Balcani il più rapidamente possibile” alla Ue, le lungaggini che si frappongono tra questo traguardo e i sei paesi dei Balcani candidati all’adesione sembrano dire, per ora, il contrario. Segnali positivi, dunque, da Tirana, ma la strada verso l’allargamento europeo nei Balcani occidentali resta ancora lunga.
Foto: Michael Kappeler/dpa/picture alliance