UCRAINA: Izyum è caduta, l’offenisiva russa nel Donbass è fallita

La città di Izyum è caduta, e con lei cede il fronte russo nel Donbass. A confermarlo sono le stesse autorità separatiste dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk attraverso l’account Telegram di Danylo Bezsonov, viceministro dell’Informazione. Si attende ancora la conferma ufficiale da parte delle autorità ucraine, ma molti video confermano la notizia.

La città, conquistata dai russi all’inizio di aprile dopo quattro settimane di scontri, è tornata in mano ucraina. Anche Lyman e Yampil‘, cittadine a est di Slovians’k, sono state liberate dopo che, nei giorni scorsi, una rapida e sorprendente offensiva ucraina aveva portato alla riconquista di ampie fette di territorio a sud di Kharkiv.

Izyum doveva essere la testa di ponte per la conquista del Donbass, base logistica e centro di smistamento per uomini e mezzi provenienti dalla Russia, deposito di munizioni e carri armati, caposaldo da cui sferrare l’offensiva verso Slovians’k, triceramenti e truppe scelte, colpendo così al cuore la resistenza ucraina. E invece no. Izyum è il simbolo della disfatta, i soldati in fuga nell’impossibilità di montare una difesa decente si ritirano dietro al fiume Oksil sperando di farne baluardo. L’arrivo degli ucraini, come riporta Daniele Raineri, ha colto i le truppe russe di sorpresa. Soldati allo sbando, blindati abbandonati, c’è chi si arrende al nemico e chi corre – letteralmente, corre – verso la prossima retrovia.

Dopo la conquista di Kupiansk, si pensava a una lenta manovra che accerchiasse Izyum, ma le cose sono andate diversamente. I russi, impegnati nella regione di Cherson, dove hanno fatto arrivare venticinquemila uomini, hanno forse trascurato il Donbass e sottovalutato la manovra ucraina che, da nord, calava su di loro. In ogni caso, la presa di Izyum non è solo simbolica, ma terribilmente pratica: da lì doveva infatti muovere l’offensiva verso Kramatorsk e Slovians’k. Ora muove solo la rotta dell’esercito russo. Un esercito che dimostra, questa volta in modo palese, la propria inadeguatezza a mantenere un fronte così ampio.

Ogni passo verso la vittoria sarà un lago di sangue, ma l’esercito ucraino ha oggi sovvertito le sorti della battaglia del Donbass, iniziata nella seconda metà di aprile, in cui i russi avrebbero vinto o perso la guerra, giocandosi tutto dopo la ritirata strategica dalla regione di Kiev. Le cose non sono andate come speravano al Cremlino.

La controffensiva, resa possibile dall’invio di armi e dal tardivo arrivo degli  HIMARS americani, ha rovesciato in poche settimane una situazione che sembrava disperata, con l’esercito ucraino logorato dopo la perdita di Severodonet’sk e Lysyčans’k. Ciò che accadrà adesso è difficile prevederlo e la reazione russa potrebbe essere brutale. In questa guerra c’è in gioco il prestigio e il destino della Russia come potenza, oltre che il futuro (non solo politico) di Vladimir Putin. Nella notte i russi hanno già bombardato le città di Mykolaiv, Dnipro e Kharkiv ma la strategia del logoramento e dell’attesa non paga. Se il Cremlino vuole vincere, dovrà cambiare strategia.

Anche i piani di normalizzazione avviati dal Cremlino nei territori occupati, che sarebbero dovuti culminare in una serie di referendum per l’annessione alla Russia in novembre, prima nelle regioni di Cherson e Zaporizhzhia, e poi nel Donbass, potrebbero subire una battuta d’arresto di fronte all’urgenza di avviare nuove offensive militari.

È sicuramente ancora troppo presto per cantare vittoria, e non bisogna sottovalutare l’esercito russo, il suo numero e la sua capacità tecnica. Ma la conquista di Izyum potrebbe segnare l’inizio di una fase nuova, grazie anche al sostegno americano che, dopo alcuni mesi in cui sembrava farsi strada l’ipotesi dell’appeasement, ha infine deciso di voler vincere questa guerra segnando, una volta per tutte, la fine dei disegni egemonici del Cremlino. Sarà una guerra lunga e le sorti del conflitto sono tutt’altro che scritte. Ma l’Ucraina non è ancora morta.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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