Lugansk

UCRAINA: Presa la regione di Lugansk, e ora?

La conquista russa della regione di Lugansk è ultimata, ma prendere il Donbass non sarà facile anche perché ai russi cominciano a mancare soldati e l’avanzata procede troppo lentamente

La situazione della guerra in Ucraina, dopo i limitati progressi dell’esercito russo nel quadrante di Severodonetsk e Lysichansk, con la conquista delle due cittadine, ha ricevuto dalla stampa italiana e internazionale diverse interpretazioni. Appare evidente che, dopo la concentrazione del grosso delle forze russe nell’oblast’ di Lugansk, un’avanzata di circa trenta chilometri, in più di due mesi di guerra, a costo di ingenti perdite in uomini e mezzi, non può essere catalogata come una grande vittoria.
Severodonetsk ha subito pesanti distruzioni, Lysichansk è stata parzialmente risparmiata grazie alla decisione delle forze ucraine di abbandonarne la difesa, pur solida e ben trincerata, per evitare l’altissimo rischio di accerchiamento.

Ora, l’oblast’ di Lugansk è quasi totalmente occupata dalle forze russe, che pur ne avevano già occupata buona parte nel 2014. Certo non si combatte una guerra subendo perdite colossali come queste (gli ucraini stimano in 35 mila le perdite del nemico), per non parlare delle perdite di mezzi, al fine di conquistare qualche frammento in più di due province già possedute che rappresentano solo un debito per il contribuente russo. L’obiettivo dell’autocrate del Cremlino è evidentemente l’intera Ucraina, e si sta attivando per colmare la lacuna più grande dell’esercito, ovvero la scarsità di uomini in proporzione alla bisogna. È iniziata in tutto il paese una mobilitazione occulta, con reclutamento di soldati a contratto, anche nella Crimea occupata, ma i numeri sono scarsi rispetto alle necessità, e Putin intenderebbe prima o poi iniziare una mobilitazione generale, incurante delle possibili proteste e della perdita di consenso nella società.

Secondo la testimonianza di parenti, la compagnia Wagner sta reclutando detenuti nelle carceri, precisamente vicino a San Pietroburgo: la paga promessa è allettante, così come l’estinzione della pena in caso di sopravvivenza. Per un servizio minimo di sei mesi sono garantiti duecentomila rubli (più di tremila euro) e l’amnistia. Già decine di detenuti con esperienza militare, nelle due carceri di cui si ha testimonianza, sono stati reclutati, e saranno scortati sino al Donbass. Un uso perverso dei detenuti comuni è una precisa tradizione di epoca stalinista, quando erano utilizzati comunemente per reprimere e tartassare i detenuti politici.

La quantità di uomini necessaria non solo per conquistare ma per mantenere un territorio occupato delle dimensioni ucraine, anche solo nelle zone occupate, ammonta a centinaia di migliaia, e questi numeri si otterranno solo tramite una mobilitazione generale.

Il prossimo obiettivo strategico è in direzione Donetsk, le due cittadine di Sloviansk e Kramatorsk, che già furono un obiettivo perseguito sin dall’inizio dell’aggressione russa nel 2014. Allora il comandante Girkin si era diretto immediatamente sulle due località, che sono collocate sopra un grande giacimento di shale gas, già individuato dall’avidissimo Yanukovich prima di perdere il potere; dato l’elevato interesse economico furono subito oggetto di un tentativo di occupazione da parte delle brigate mercenarie di Girkin, nel disorientamento ucraino dopo la perdita della Crimea. Il tentativo fallì e gli armati ripiegarono verso Donetsk e Lugansk.

La guerra in corso appare per molti versi e con cospicue evidenze, anche una guerra di saccheggio, in cui qualunque bene portatore di anche minimo valore economico è avidamente perseguito dagli occupanti, spesso originari di province povere del grande paese aggressore.

Si sta cercando di tracciare le rotte delle navi cariche del grano sottratto all’Ucraina, e il governo turco ne sta controllando una con carico sospetto, ma l’entità del saccheggio si estende trasversalmente, dalle costose macchine agricole finite in Cecenia a lavatrici ed elettrodomestici, sino a capi d’abbigliamento e souvenir magnetici sui frigoriferi.

La necessità reale dell’Ucraina è quella di disporre al più presto di un maggior numero di armi di precisione a lunga gittata come gli Himars, che stanno già facendo la differenza, permettendo di colpire i depositi di munizioni del nemico nelle retrovie. Un aumento consistente di questi armamenti è indispensabile per arginare l’avanzata russa nell’unica direzione che le è sinora consentita, grazie alla superiorità numerica e all’enorme sforzo dell’artiglieria, che sta riducendo a un deserto i territori conquistati.

Finché’ l’attuale dirigenza russa manterrà il potere non muterà il disegno originale di annientamento politico e militare dell’ Ucraina. La tecnica di progressiva conquista iniziata nel 2014 prosegue ora in mancanza di maggiori successi, essendo fallita la conquista dell’intero paese. Le pressioni sulla Bielorussia perché entri in qualche modo nel conflitto continuano con forza, e solo la cautela di Lukashenko permette che questo processo di preparazione avvenga il più lentamente possibile.
La lotta continua ad essere mortale, e solo permettendo all’ Ucraina di difendersi con successo l’Occidente potrà soffocare le aspirazioni russe di distruggere gli equilibri europei anche nell’area del Baltico.

Chi è Giovanni Catelli

Giovanni Catelli, cremonese, è scrittore e poeta, esperto di cultura e geopolitica dell’Europa orientale. Suoi racconti sono apparsi in numerose testate e riviste, tra cui il Corriere della Sera, la Nouvelle Revue Française, Nazione Indiana, L’Indice dei Libri. Ha pubblicato In fondo alla notte, Partenze, Geografie, Lontananze, Treni, Diorama dell'Est, Camus deve morire, Il vizio del vuoto, Parigi e un padre (candidato al Premio Strega 2021). Geografie e Camus deve morire (con prefazione di Paul Auster) sono stati tradotti in varie lingue. Collabora con Panorama e dirige Café Golem, la pagina di cultura di East Journal. Da più di vent'anni segue gli eventi letterari, storici e politici dell'Europa orientale, e viaggia come corrispondente nei paesi dell'antico blocco sovietico.

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