Quest’anno a Cannes sono due i film ucraini a competere per il premio Camera d’Or, destinato al miglior debutto, ognuno particolarmente consistente, al punto che non sorprenderebbe una vittoria est europea. Del resto, di pellicole dell’ex blocco orientale vincitori del premio ce ne sono stati, e anche di notevoli.
Camera d’Or, i precedenti dei registi dell’Est
Sin dal 1978, primo anno in cui il prestigioso premio al miglior debutto è stato assegnato, il cinema dell’Europa orientale si è distinto ripetutamente. Il primo Camera d’Or assegnato ad un film dell’Est è stato per l’ungherese La principessa (Adj király katonát) di Pál Erdöss nel 1982, anno in cui, tra l’altro, a Cannes veniva presentato Nostalghia, la pellicola italiana di Andrei Tarkovskij.
In seguito, il riconoscimento è stato ottenuto da un lavoro est europeo altre cinque volte. In alcuni casi si tratta di cineasti oggi ben affermati: Ildikó Enyedi con Il mio XX secolo (Az én XX. századom), capolavoro modernista considerato uno dei migliori film ungheresi mai fatti, ed il rumeno Corneliu Porumboiu con A Est di Bucarest (A fost sau n-a fost?), che ha dato il via a tutto un sottogenere di commedia “fredda” nel cinema rumeno contemporaneo.
Sia la carriera di Enyedi sia quella di Porumboiu è decollata con questo ambito premio. L’anno scorso è stata la croata Antoneta Alamat Kusijanović ad essere premiata per Murina, pellicola di formazione giovanile ambientata sulle rocciose coste di un’isola della Croazia, presentato in anteprima italiana all’ultimo Trieste Film Festival.
Butterfly Vision, la scelta stilistica di Nakonechnyi
Butterfly Vision, il lavoro di debutto di Maksim Nakonechnyi, rientra in tutta una serie di film ucraini incentrati sul conflitto iniziato nel 2014. La peculiarità di Nakonechnyi si riscontra nella scelta stilistica, un curioso legame tra tecnologie ultramoderne (quali i droni militari) ed immagini allegoriche, come la farfalla che dà il titolo all’opera.
Butterfly Vision ha l’ulteriore merito di presentare con lucidità la presenza di problemi di estremismo all’interno della fazione ucraina, ed al contempo lo sfruttamento ideologico che ne viene fatto dalle forze filorusse per alimentare la loro propaganda, aspetto che spesso non viene mostrato sullo schermo con altrettanta chiarezza.
Butterfly Vision è presentato nella sezione Un Certain Regard, di conseguenza è soggetto alla possibilità di ottenere il premio per la categoria o un premio speciale per un ambito tecnico (nel 2018 è stato un altro ucraino, Sergei Loznitsa, a vincere in Un Certain Regard il premio della regia per Donbass).
Pamfir, l’eroe pagano di Sukholytkyy-Sobchuk
Pamfir di Dmytro Sukholytkyy-Sobchuk, anch’esso ucraino, è stato presentato al festival collaterale della Quinzaine di Cannes, così come il vincitore dello scorso anno, Murina, ma tendenzialmente nessuna categoria ha una prevalenza di vittorie negli anni più recenti. In ogni caso, si tratta di un lungometraggio fenomenale, che dimostra una padronanza tecnica notevole e una profonda tematica molto particolare.
Non si lega in alcun modo alla situazione attuale, ma costruisce un personaggio la cui identità è profondamente legata alla dimensione etnico-storica dell’Ucraina, e che si presenta quasi come un eroe del mondo pagano collocato nel presente e che allude ripetutamente al mondo pre-cristiano della regione, grazie alla centralità del Malanka, una festività carnevalesca dalle origini pagane.
La qualità dei film al di là del “fattore Ucraina”
Chiaramente, una vittoria a Cannes ha inevitabilmente una influenza data dalle tematiche di attualità, e la nazionalità delle due opere prime, ucraina, può essere un fattore determinante per una possibile vittoria, ed è naturale insinuare che la qualità possa contare di meno rispetto al messaggio che viene trasmesso con la scelta del premio. Nel caso di Pamfir in particolare, ma anche di Butterfly Vision, vi è comunque una qualità intrinseca significativa che renderebbe una loro eventuale premiazione più che legittima.