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Cos’è la sinistra? La rinascita nei balcani

A differenza degli altri paesi d’Europa orientale, nei balcani la sinistra è più vivace che mai grazie alle numerose battaglie civiche.

In Europa centrale e orientale, le forze politiche di sinistra sembrano destinate alla marginalità, asfissiate dallo scontro frontale tra liberali e conservatori. Lì dove i socialdemocratici restano forti, ovvero in Romania e Slovacchia, parlare di sinistra sembra azzardato, considerati il conservatorismo e la diffusa corruzione che li caratterizza.
Nei paesi dell’ex-Jugoslavia, tuttavia, qualcosa bolle in pentola. In una regione dove il recente passato ha portato a traumi indelebili e dove i conflitti etnici sembrano ancora vivi, un gruppetto di forze politiche si siede intorno ad un tavolo a seguito dello scoppio della pandemia di Covid-19 per stilare una “dichiarazione sulla solidarietà regionale”: giustizia sociale, uguaglianza etnica, di genere e di sessualità, difesa dell’ambiente ed antifascismo diventano i principi di una rinnovata sinistra basata su un’intersezionalità a lungo auspicata da diversi pensatori per salvare ciò che resta della sinistra in Europa.

Levica: il Syriza sloveno?

A guidare questo fenomeno è lo sloveno Levica (“Sinistra”). La Slovenia ha affrontato la transizione capitalista meglio di gran parte dei paesi limitrofi: i forti sindacati, in particolare, hanno salvaguardato il benessere dei suoi lavoratori. È solo con l’entrata in UE e la crisi del 2008 che riforme neoliberali vengono introdotte nel paese, infiammando la rivolta sociale intercettata da “Sinistra unita” (poi Levica), un partito costruito sull’immagine del greco Syriza e dello spagnolo Podemos. I promettenti risultati elettorali alle elezioni europee e parlamentari consentono la partecipazione ad un governo di minoranza, dando impulso a misure come l’introduzione del salario minimo. L’uscita dal governo nel novembre 2019 dovuta a discrepanze ideologiche non preclude un’ulteriore crescita nei sondaggi, fino al sostanziale stallo di oggi. Il grande merito di Levica è sicuramente quello di aver fornito all’intera regione un modello di partito orizzontale, partecipativo e digitale di sinistra. I paragoni con altri movimenti di protesta europei non sono del tutto calzanti: se il Movimento 5 Stelle e Podemos sono partiti fortemente personalistici e con un enorme deficit di presenza locale, quelli balcanici riescono a mantenere una solida struttura locale ed orizzontale.

La rivoluzione rosso-verde di Zagabria: Mozemo. Serbi e montenegrini seguono

In Croazia la formazione di un partito collocato alla sinistra dei socialdemocratici ha richiesto più tempo: varie formazioni e coalizioni si sono presentate nel corso dell’ultimo decennio ai vari appuntamenti elettorali, ottenendo in alcuni casi (come nel 2017 attraverso la coalizione “Zagabria è nostra”) discreti successi. È alle elezioni municipali del 2021 a Zagabria che Možemo! (“Possiamo”) rompe il monopolio dell’ex-sindaco Milan Babić, in ufficio dal 2000 e morto qualche mese prima delle elezioni: il nuovo partito eco-socialista si afferma con il 45% dei voti al primo turno, vincendo il secondo.
Diversi movimenti socialisti ed ecologisti serbi, di fronte allo strabiliante successo della coalizione croata, hanno seguito lo stesso cammino: Moramo (“Dobbiamo”) diventa la coalizione che raggruppa piccoli partiti di sinistra ed il vasto movimento ecologista sviluppatosi di recente in Serbia. A differenza di Slovenia e Croazia, tuttavia, la coalizione si trova a dover combattere all’interno di un sistema autoritario: la macchina di propaganda del presidente Vučić si è da subito attivata, inserendo ad esempio tra le liste elettorali delle vicine elezioni numerosi partiti con loghi molto simili a Moramo per confondere e disperdere l’elettorato.
Il partito montenegrino URA, più liberale dei precedenti ma egualmente ecologista, è riuscito a interrompere il trentennale governo del DPS di Milo Đukanović attraverso la coalizione “In Bianco e Nero”, grande piattaforma politica liberale e progressista che racchiude numerosi movimenti e supportata dai verdi europei.

Il nazionalismo di sinistra kosovaro e macedone

Se i principi di giustizia sociale e stato di diritto vengono pienamente condivisi da Vetëvendosje!, la formazione kosovara si distingue dai colleghi balcanici per il suo rampante nazionalismo albanese. Il partito ha vinto le elezioni del febbraio 2021, formando un governo con altre minoranze non-serbe guidato da Albin Kurti.
Anti-albanese è invece Levica, partito macedone che ha tentato di incanalare alcuni movimenti di sinistra precedentemente soffocati sul nascere dai socialdemocratici. L’identità di sinistra non ha retto alla prova dell’Accordo di Prespa tra Grecia e Macedonia che ha portato quest’ultima a cambiare nome e diventare “Macedonia del Nord”: dopo una scissione, Levica si è schierato con altri partiti di destra.

Il laboratorio bosniaco

La grande assente è la Bosnia-Erzegovina, strozzata di nuovo da rigurgiti nazionalisti che sembrano lasciare poco spazio ad una vera sinistra. Ma alcuni segnali sono incoraggianti: innanzitutto, le resistenze popolari di fronte al riproporsi delle tematiche identitarie. Quello che può sembrare un paese assopito e rivolto al passato, si rivela invece un vivace laboratorio di idee e movimenti, come dimostrato dalla roccaforte socialdemocratica e multietnica di Tuzla, dalle proteste di massa dei lavoratori nel 2014 e da esempi di autogestione in fabbrica.

Un esempio per l’occidente

L’Europa occidentale dovrebbe seguire con interesse le recenti evoluzioni nei Balcani, dove la sinistra si fa protagonista dei movimenti civili e sociali nati come reazione alle drammatiche esperienze del post-socialismo e della transizione neoliberale, senza tralasciare le questioni post-materialiste.
Seppure la sinistra balcanica alle urne abbia ancora un lungo e difficile cammino da percorrere, fioriscono media indipendenti, piattaforme e organizzazioni politiche, iniziative accademiche e festival che tentano di proporre un discorso contro-egemonico di sinistra.

Foto: Možemo! Karlovac

Chi è Gianmarco Bucci

Nato nel 1997 a Pescara, vive a Firenze. Si è laureato in Relazioni Internazionali all'Università di Bologna con una tesi sul movimento socialdemocratico in Cecoslovacchia, Ungheria e Romania. Al momento è ricercatore alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Scrive su East Journal dal dicembre 2021, dove si occupa di Europa centrale e Balcani.

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