Domani la Croazia sarà chiamata a ratificare, attraverso un referendum, l’adesione all’Unione Europea. Un passo importante per il Paese che vent’anni fa ha conquistato l’indipendenza e che dopo un lungo percorso, carico di contraddizioni, è giunto all’appuntamento europeo con un certo ritardo rispetto a quanto preventivato. Oggi l’Unione Europea ha perso molto del suo appeal, preda di una crisi economica senza precedenti, severa fino all’eccesso con le economie meno stabili, non accende più i sogni di benessere e prosperità dei cittadini croati come in passato. Un passato caratterizzato prima dal nazionalismo di Tudjman (che rifiutò di entrare nel Gruppo di Visegrad i cui mebri, oggi, sono già tutti nell’Unione) poi dall’euro-opportunismo di Sanader.
Ma la Croazia ha, nel suo codice genetico, una vocazione cosmopolita che la guerra e il nazionalismo non hanno del tutto cancellato. A quella il Paese dovrà attingere domani disinnescando d’un botto tutta la mitografia nazionale, la guerra degli eroi criminali (come Gotovina), lasciando spazio alla sua nuova intellettualità europea, a quei giovani che potranno (con i programmi europei Erasmus e Leonardo) conoscere l’Europa e portarla in Croazia, e viceversa. In attesa di vedere quali saranno i risultati del voto, pubblichiamo in due parti un interessante lavoro di Nicolò de Fanti che ripercorre le tappe della travagliata adesione croata all’Unione.
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