CROAZIA: Chi è Zoran Milanović, l’uomo più popolare del paese

Di Martina Marazzini

Domenica 12 gennaio Zoran Milanović, sostenuto dal partito progressista socialdemocratico (SDP), si è riconfermato presidente della Croazia. Già al primo turno del 29 dicembre aveva ottenuto il 49,1% dei voti, vincendo poi il ballottaggio con oltre il 74%: una vittoria schiacciante sul candidato sostenuto dal partito conservatore Unione Democratica Croata (HDZ), Dragan Primorac. Si tratta del risultato più alto mai raggiunto nella storia della Croazia indipendente. La figura di Milanović, tuttavia, è controversa e con una linea politica che spazia dal progressismo al conservatorismo ma, forse, è proprio questa la chiave del suo successo.

La formazione e la carriera

Nato a Zagabria il 30 ottobre 1966, Zoran Milanović proviene da una famiglia che riflette la complessità della storia croata: il nonno paterno, partigiano, ha trasmesso gli ideali comunisti al figlio Stipe, membro della Lega dei Comunisti Jugoslavi (SKJ); d’altra parte, il nonno materno sarebbe stato un ustaša (fascisti croati dello Stato indipendente croato, NDH, collaborazionista del nazismo), sebbene non vi siano prove certe.

Laureato in giurisprudenza presso l’Università di Zagabria nel 1991, nel 1998 ha conseguito un Master in Diritto dell’Unione Europea a Bruxelles.

Nel 1993 ha iniziato a lavorare presso il ministero degli Affari Esteri e l’anno seguente ha preso parte a una missione di pace dell’OSCE in Nagorno-Karabakh. Dal 1996 al 1999 è stato consigliere della missione croata presso l’UE e la NATO. Alla fine di questa esperienza ha iniziato il proprio percorso politico entrando nelle file dell’SDP.

Nel 2007, in seguito alla scomparsa di Ivica Račan (primo ministro tra il 2000 e il 2003), è diventato il nuovo presidente del partito e, nello stesso anno, è stato anche presidente del Comitato nazionale per il monitoraggio dei negoziati tra Croazia e UE. Il 4 dicembre 2011 ha vinto le elezioni parlamentari diventando il decimo primo ministro croato grazie alla coalizione Kukuriku, che riuniva quattro partiti di centrosinistra. Insieme a quello di Račan, è stato l’unico esecutivo della Croazia indipendente non guidato da HDZ.

Ritiratosi dalla vita politica nel 2016, vi è tornato vincendo le presidenziali del 2020 sostenuto dall’SDP. Proprio durante la campagna elettorale sarebbe stato pubblicato un documento risalente al 1985 in cui viene dichiarata l’ammissione di Milanović all’SKJ, ma lui stesso ha sempre smentito dichiarando si trattasse di un falso.

Dal 1994 è sposato con l’epidemiologa Sanja Musić, da cui ha avuto due figli, Ante Jakov e Marko.

Il segreto del successo

La popolarità di Milanović è costruita sulla capacità di presentarsi come l’uomo forte di cui il paese ha bisogno. Non a caso, durante la campagna elettorale di fine 2019 si era candidato sotto lo slogan di “presidente con carattere”.

Secondo l’analista politico Žarko Puhovski, Milanović incarna una sorta di “trumpismo”, in cui non c’è un programma politico definito, ma “è lui stesso il programma”. Da una parte, infatti, sostiene visioni progressiste, come nel caso dell’aborto o dei diritti LGBTQA+; dall’altra, ha sviluppato una politica sempre più sovranista e anti-migranti, in cui gli interessi del paese vengono messi al primo posto. Questa ambiguità gli consente di ampliare il proprio elettorato trasversalmente.

Oltre alla retorica populista, Milanović ha anche saputo sfruttare le debolezze dei suoi avversari: durante uno dei comizi pre-elettorali ha accusato il Primo Ministro Andrej Plenković, dell’HDZ, di nepotismo e corruzione, facendo forse riferimento allo scandalo che ha portato all’arresto del ministro della Sanità Vili Beroš. Questo episodio ha fatto perdere credibilità all’HDZ e al suo candidato Dragan Primorac, permettendo a Milanović di guadagnare ancora più consensi anche da parte dell’elettorato avversario.

“Zoran Milanović” – continua Puhovski – “è una di quelle persone che hanno capito […] che bisogna rappresentare un’alternativa al sistema”.

La politica estera secondo Milanović

Anche la politica estera di Milanović riflette l’ambivalenza che caratterizza la sua figura politica.

Sul piano regionale Milanović mantiene dei rapporti diametralmente opposti con il presidente della Republika Srpska (l’entità a maggioranza serba della Bosnia-Erzegovina), Milorad Dodik, e con il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić: un paradosso, considerando lo stretto legame tra i due leader serbi. Con Dodik ha degli ottimi rapporti, tanto che negli ultimi giorni di campagna elettorale il leader serbo-bosniaco ha lanciato un appello ai cittadini croati in Bosnia-Erzegovina affinché votassero per Milanović. Quest’ultimo, infatti, nel discorso che ha tenuto in seguito alla vittoria ha ringraziato entrambi i paesi.

D’altra parte, i rapporti con il leader serbo sono tutt’altro che distesi. Il 9 ottobre 2024, a Dubrovnik, si è tenuto il vertice “Ucraina-Europa sudorientale” durante il quale è stata firmata una Dichiarazione in cui viene espresso sostegno all’Ucraina. Milanović si è sempre detto contrario alla partecipazione di Vučić in quanto la Serbia ha ancora forti legami con la Russia e non ha mai imposto nessuna sanzione su Mosca. Secondo Milanović, per avere un dialogo costruttivo è ora che Vučić prenda una decisione: o con la Russia, o con l’UE.

Le dichiarazioni di Milanović, tuttavia, si scontrano con le sue posizioni sulla questione ucraina e sull’UE. Pur condannando fin dall’inizio l’invasione russa, il presidente croato si è sempre opposto al sostegno militare occidentale in Ucraina, inclusa la missione NSATU della NATO, scatenando accesi dibattiti interni con il governo di Plenković.

Parallelamente, ha assunto atteggiamenti critici anche verso l’UE, tanto da arrivare a definirla un’istituzione non democratica e poco rappresentativa. Le parole di Milanović sono chiare, bisogna riconoscere che all’interno dell’UE ci sono degli stati nazionali con interessi e aspirazioni che “nessuna politica europea potrà cambiare”.

Quello di Milanović non è un caso isolato: stiamo assistendo su larga scala al ritorno in auge del populismo e delle politiche sovraniste ma, nel caso specifico della Croazia, il potere esecutivo resta nelle mani del governo, presieduto dall’HDZ, limitando il margine di manovra del presidente.

Foto: Antonio Bronic, Reuters/Contrasto

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