L’europeismo antijugoslavo di Tudjman
Un rapido processo di integrazione in Europa Era proprio questo il quarto dei dieci punti enunciati nel programma con cui Franjo Tudjman ( il Padre della Patria Croata) si presentò al Sabor di Zagabria e alla neonata Repubblica di Croazia il 30 Maggio 1990. Grazie alla vittoria elettorale della sua Comunità Democratica Croata (Hdz) nelle prime elezioni multipartitiche, una volta acquisita la carica di Presidente della Repubblica, il Supremo aveva infatti un’occasione storica irripetibile: la concreta prospettiva di avviare nel paese, quarantacinque anni dopo l’esperienza mono-partitica comunista, una rapida democratizzazione indirizzandolo verso una virata democratica- europeista.
Di rapido però ci fu soltanto la corsa agli armamenti, e lo scoppio del tragico conflitto Jugoslavo. Fino al 2000 la Croazia di Tudjman, risultò estranea alle Istituzioni Europee, e il suo establishment indifferente alle richieste del Tribunale Internazionale dell’Aja. Il processo di adesione all’Unione Europea trovò vigore solo con la morte dell’ex generale alla fine del 1999 e l’avvento del duo Stejpan Mesic presidente e Ivica Racan premier.
Nonostante dagli albori della sua ascesa politica, Tudjman amasse definire la Croazia come la più “Europea ed Occidentale” repubblica della ex Jugoslavia,tentando di negare in questa maniera ogni vincolo storico di appartenenza balcanica, la sua esperienza governativa andò in tutt’altra direzione.
Tra corruzione e crimini di guerra la fine dei rapporti con l’Unione
Nei dieci anni di potere incontrastato Hdz emersero invece gli aspetti più negativi e radicali quali una corruzione diffusa, una limitata indipendenza degli organi giudiziari, un dilatamento smisurato dell’autorità del Presidente della Repubblica, un sistema di potere clientelare e nepotistico, una chiara tendenza ad estromettere gli elementi “non Croati” dalle attività lavorative e culturali del paese, l’infiltrazione ad ogni livello del potentissimo esercito ed una scarsissima libertà di espressione per gli organi di stampa, culminata con la legge che prevedeva per i giornalisti la pena carceraria in caso di presunta diffamazione.
I rapporti diplomatici tra Unione Europea e Croazia iniziati in pompa magna nei primi anni novanta, si erano infatti bruscamente interrotti già nel 1995, quando con l’offensiva militare Oluja (tempesta) il Supremo si era sbarazzato di 250.000 serbo-croati scacciati brutalmente dalla Krajina. In questa regione posta all’interno del territorio croato, dove si concentrava la maggior parte dei 750 mila serbi presenti complessivamente nella nazione dei primi anni novanta, si ebbe una violenta ribellione al cambiamento imposto da Tudjman che, attraversola Nuova Costituzione Croata, li escludeva improvvisamente dal ruolo di popolo costituente della Repubblica per relegarli a quello di semplice minoranza.
I serbi, maggioranza relativa in Krajina, si autoproclamarono indipendenti dal potere centrale di Zagabria, sottraendosi di fatto al controllo governativo.
Culminata il 4 Agosto 1995, con l’innalzamento di un’enorme bandiera croata nella fortezza medievale di Knin ( capitale della regione) l’Operazione Tempesta mise fine all’autonomia serba della Krajina che perdurava da cinque secoli, e viene da allora commemorata istituzionalmente come giorno della Vittoria e della Gratitudine ai Difensori della Madrepatria.
Quella che per i vertici politici croati rappresentava una “Storica Liberazione” intralcerà per anni le relazioni croate con le Istituzioni europee ed il Tribunale Internazionale, che consideravano invece quella campagna militare ed il successivo proibitivo ritorno dei profughi, un’opera di pulizia etnica perpetrata ai danni della minoranza serbo-croata.
Sotto l’effige della presunta “ Santificazione” della guerra per l’Indipendenza da raggiungere ad ogni costo e con ogni mezzo, sciorinata a più riprese da Tudjman e soci, molti generali croati responsabili di crimini di pulizia etnica, venivano contemplati in patria come dei veri e propri eroi nazionali. Ogni tentativo di portare alla luce fatti e prove riguardanti militari croati coinvolti in crimini di guerra veniva puntualmente insabbiato dal regime Tudjmaniano oppure sdoganato come “sacro ed intoccabile” perche’ commesso in nome della patria .
La spina nel fianco: il Tribunale penale dell’Aja
Al sorgere del nuovo millennio bastò di fatto che Mesic consegnasse i primi documenti , riguardanti l’operato delle truppe croate in Bosnia al Tribunale Internazionale, per causare un vero terremoto nel sistema di potere croato.
Già nel 1998 un ex comandante dei servizi segreti, Milan Levar, aveva finalmente deciso di testimoniare volontariamente dei delitti commessi dalle forze militari croate iniziando una collaborazione attiva con il Tribunale dell’Aja, in cui accusava le alte sfere politiche e militari del paese. Il 28 Agosto 2000 Levar venne fatto saltare in aria con la sua automobile a Gospic città nella Croazia centrale dove risiedeva.
Saltò cosi il tappo nella struttura di “Omertà Statale Croata” e l’opinione pubblica del paese, per anni plagiata dagli organi di stampa del regime, fu messa davanti al fatto che anche militari fedeli a Zagabria si erano resi responsabili di innumerevoli crimini.
L’11 febbraio del 2001 Spalato, seconda città del paese, venne letteralmente sommersa da centomila manifestanti che protestavano contro l’accusa rivolta dal Tribunale al Generale Mirko Norac , imputato di essere responsabile dell’uccisione di centinaia di serbi nei boschi intorno a Gospic nell’Ottobre del 1991.
Si creò in questa maniera una spaccatura all’interno del paese: da una parte la coalizione delle opposizioni di centrosinistra vincitrice delle ultime elezioni che assieme al Presidente Mesic era propensa a collaborare con le Istituzioni Europee ed il Tribunale dell’ Aja, dall’altra l’ancora preponderante apparato di potere Hdz, che invece proseguiva la tendenza nazionalista- isolazionista ostacolando possibili scenari di collaborazione. Ogni richiesta della Commissione Europea e del Tribunale Internazionale veniva vista in Croazia come un attacco frontale all’integrità della Nazione. Iniziarono soprattutto nell’estrema destra Croata, tendenze anti-europeiste che sfociavano generalmente in proteste di piazza o addirittura in minacce ai politici che tentavano di intraprendere le riforme richieste.
Il 2 maggio 2003 i funerali del Generale Bobetko (a sua volta incriminato dal tribunale Internazionale) si trasformarono in una manifestazione politica intenta a chiedere la fine della cooperazione del governo con l’Aja.
L’arrivo di Sanader
Nello stesso anno il governo Racan fece appena in tempo a presentare alla Ue il trattato di adesione della Croazia , che nuove elezioni riportarono al potere l’Hdz, guidato questa volta da un giovane politico dalmata, quell’Ivo Sanader che avrebbe dovuto rappresentare il nuovo corso del maggior partito politico croato e accompagnare finalmente il paese verso l’Europa.
Bell’articolo! Unico refuso: nel 2003 Racan presenta la domanda di adesione, non il trattato 🙂
A rileggervi presto,
davide