KAZAKHSTAN: Le elezioni addomesticate premiano Nazarbayev

di Pietro Acquistapace

In Kazakhstan si sono svolte quelle che, a detta del governo, sarebbero dovute essere le prime elezioni democratiche, prevedendo infatti l’ingresso in parlamento di un partito di opposizione. Al termine della tornata elettorale è arrivato il comunicato ufficiale dell’OSCE, diretto dallo stesso Kazakhstan nel 2010, affermante che anche questa volte le elezioni kazake democratiche non lo sono state affatto.

Tra le varie irregolarità che gli osservatori hanno riscontrato si segnala la presenza di blocchi di schede piegate insieme e l’altissima affluenza (prossima al 100%) in brevissimo tempo in sezioni specifiche mentre in altre sarebbe stata vicina al 20%; il che sembrerebbe confermare la volontà governativa di dati dimostranti un’alta – e filogovernativa – affluenza in modo da evitare la situazione creatasi in Russia a seguito delle recenti elezioni.

Secondo i risultati definitivi Nur Otan, il partito del president Nazarbayev, ha raccolto l’81% dei consensi (perdendo circa l’8% rispetto alle ultime elezioni legislative) ma ben due partiti hanno superato la soglia del 7%, che in ogni caso non avrebbe impedito al partito secondo classificato di eleggere deputati. Le due formazioni politiche in questione sono il Partito Democratico del Kazakistan Ak Žol che raggiungendo la percentuale del 7,4% ha più che raddoppiato i propri voti ed il Partito Popolare Comunista del Kazakistan (KNPK), la vera sorpresa di queste elezioni, che partendo dall’ 1,31% di cinque anni fa è riuscito a guadagnare il consenso del 7,2% dell’elettorato.

Che questi due partiti possano rappresentare una vera opposizione a Nazarbayev sembra improbabile: Ak Žol, che rappresenta piccolo e medi imprenditori, ha una politica di opposizione al governo moderata e conciliatoria, mentre KNPK, che al tradizionale seguito di pensionati e disoccupati ha visto il sostegno di studenti e contadini, ha a sua volta un programma di riforme decisamente moderato. Di fatto sono due partiti che verosimilmente sosterranno il governo in carica.

Per completare il quadro politico va ricordata sia l’esclusione per irregolarità del partito Ruchanijat, dato in forte crescita nelle aree rurali, sia della crisi del Partito Socialdemocratico Nazionale Azat, secondo nelle precedenti elezioni, dovuta sia al fallimento del ruolo di mediatore negli scioperi dei lavoratori della regione del Mengystau, che comprende Zhanaozen (dove si è votato in un clima intimidatorio), sia per la fuoriuscita di diversi membri poi confluiti in Ak Žol.

Nazarbayev si è affrettato, una volta noti i risultati, a dichiare che il popolo kazako tramite il voto si è espresso per “l’unità e la stabilità del Kazakhstan, per il progresso e per lo sviluppo dei programmi governativi”, ossia di avere avuto dal popolo “carta bianca” per il suo programma di governo.

Nel paese centroasiatico nulla sembra quindi essere cambiato, e le sue contraddizioni sembrano altresì lontane dall’essere risolte. Dopo la drammatica vicenda di Zhanaozen militari e poliziotti coinvolti nella repressione sono stati pubblicamente premiati come “difensori dello stato”, ma allo stesso tempo sono stati decapitati i vertici delle amministrazioni regionali e locali, mentre l’amministratore delegato della compagnia petrolifera di Stato – reponsabile della mancata gestione della trattativa sindacale – è stato rimosso. A questo si aggiunge la liberazione di alcuni giornalisti detenuti con pene fino a tre anni per articoli critici nei confronti della politica di Nazarbaiev. Un paese dunque che tenta in ogni modo di offrire al mondo un’immagine positiva di sè, anche ingaggiando alcune tra le più importanti compagnie di PR del mondo.

Ed è proprio di questi giorni la notizia della dura presa di posizione ufficiale del governo kazako, tramite il suo ambasciatore a Washington, contro il rapporto dell’OCSE relativo alle elezioni appena concluse. Il Kazakhstan accusa il rapporto di non essere equilibrato e di non considerare come altre organizzazioni, quali la SCO o la CSI, non abbiano invece rilevato irregolarità nello svolgimento del voto. Dietro agli osservatori internazionali si profilerebbe quindi una volontà politica che potrebbe spingersi fino alla destabilizzazione del paese, ipotesi fortemente temuta da Nazarbayev.

Ed il Kazakhstan continua a rimanere un colosso economico politicamente fragile.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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