STORIA / 5: Vent'anni dopo. Back to Ussr

di Susanne Scholl

Traduzione di Lorenza La Spada

La Russia elegge Boris Eltsin

articolo originale

Per la prima volta nella storia dell’Unione Sovietica, il 12 giugno 1991 si tennero delle elezioni veramente libere nelle quali Boris Eltsin fu eletto Presidente russo.

Le elezioni furono un esperimento di natura particolare. Per la prima volta la gente in Russia avrebbe scelto liberamente tra diversi candidati. Naturalmente il Partito comunista dell’Unione Sovietica aveva fatto di tutto, soprattutto spendendo molto denaro, per far sì che vincesse il suo candidato, Nikolai Ryzhkov.

Ryzhkov era stato per lungo tempo ministro sotto Gorbaciov e questo non gli valse alcuna simpatia. Era uno che tentennava molto e non amava le riforme ed ora durante la campagna elettorale non faceva altro che mettere in guardia dai cambiamenti radicali.

Ma lui non era il solo candidato che si opponeva a Borid Eltsin, il quale poteva contare su una popolarità sicura tra il popolo russo. C’era il sindacalista Aman Tulejev, che aveva grande influenza nelle miniere di carbone in Siberia, e per ultimo c’era anche Vladimir Zhirinovsky, che in seguito sarebbe divenuto molto famoso. Si diceva e si dice tutt’ora che fosse una creatura del KGB. In Russia, naturalmente, correva voce che fosse stato Gorbaciov in persona a sostenerlo per rendere la vita difficile a Eltsin. E questo, nonostante nella tarda primavera del 1991 regnasse apparentemente una grande armonia tra Eltsin e Gorbaciov.

Oltretutto i toni estremamente nazionalisti di Zhirinovsky non potevano certo piacere a Gorbaciov. Zhirinovsky aveva già un seguito: gente che si vedeva danneggiata dai nuovi sviluppi e che nonostante le assurdità proclamate da Zhirinovsky poteva trarne vantaggio.

Eltsin però iniziò un tour attraverso la Russia e parlò con la gente di cambiamenti e miglioramenti. La vita sarebbe diventata più facile, le condizioni più vivibili, l’influsso del potere centrale sarebbe sparito e la Russia avrebbe avuto uno Stato sovrano che avrebbe preso il posto del potere centrale. E il potere centrale era rappresentato in quel momento da Gorbaciov.

La sera del 12 giugno 1991 tre cose divennero certe: che Boris Eltsin era diventato Presidente con un’enorme maggioranza, che Ryzhkov e tutto il potere ancora dominante degli apparati del Partito non potevano trarre giovamento da una vittoria elettorale e che un outsider fino ad allora sconosciuto, che aveva usato slogan xenofobi e ultranazionalisti si era piazzato al terzo posto.

La vittoria di Eltsin non fu però una sorpresa. Già un anno prima aveva dato le dimissioni dal Partito Comunista come atto dimostrativo, una mossa che richiedeva un certo coraggio, ma che aveva fatto raggiungere il culmine alla sua popolarità. Solo il suo comportamento nel tentato golpe dell’agosto seguente avrebbe aumentato la simpatia del popolo verso di lui e l’aspettativa inquietante che lui avrebbe risolto tutti i problemi.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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