BIELORUSSIA: Minsk, prevenire (la rivoluzione) è meglio che curare: la stretta del regime su internet

di Davide Denti

Sarebbe da stupidi lasciare un’arma nella mano del proprio nemico, giusto? E così, dal 6 gennaio 2012, internet in Bielorussia subisce una nuova stretta. Secondo techdirt.com, la nuova legge comporta due restrizioni fondamentali:

– tutti i servizi e business internet devono essere basati o registrati in Bielorussia; anche Google pertanto dovrebbe impiantare una filiale o farsi registrare come “google.by”, per non rischiare sanzioni;
– tutti i gestori di rete (dagli internet café ai wifi condominiali) devono registrare il traffico degli utenti, e applicare filtri ai materiali pornografici (incluso qualsiasi materiale LGBT) o “estremisti”.

Pertanto, sempre secondo techdirt.com “anche se non è affatto vero che la Bielorussia ha reso illegale accedere a un qualsiasi sito estero, l’ha certamente reso rischioso; peggio, si conferma che tutti gli utilizzatori di internet devono essere spiati, e che i siti ‘proibiti’ vanno bloccati. Prese insieme, queste nuove misure consentono al governo di esercitare un controllo estremamente stretto sull’uso della rete nel paese. Con tali sistemi in atto, tagliar fuori veramente la Bielorussia dalla rete diventerebbe relativamente facile, se il suo governo decidesse di prendere tale decisione “estrema”. Anche perché tutti i servizi internet sono forniti dal monopolio statale Beltelecom, parte del Ministero delle Comunicazioni.

Proprio internet rischiava infatti di diventare uno strumento importante nelle mani di una contro-élite: i dati sulla penetrazione della rete nel paese mostrano una forte crescita, dal 29% del 2009 (dato pari alla media mondiale, e già il doppio del 14,6% dell’Ucraina e del 16,2% della Moldavia) al 46,3% del 2011. Il numero delle connessioni a banda larga, tuttavia, resta pressoché inesistente, solo poco più di 11.000 su un totale di 2,8 milioni, lo 0,003% contro il 12% dell’Ucraina e il 6,7% della Moldavia (dati 2009): come paese a basso reddito (300 € al mese, contro 500 €/mese di costo dell’adsl) che si affaccia da poco sulla rete, la Bielorussia ha iniziato dal doppino telefonico.

Il governo di Lukashenko sembra essersi accorto in ritardo della (relativa) libertà lasciata agli utenti di internet nel paese: una élite giovane, urbana, e ancora limitata, considerata non in grado di porre una seria minaccia alla nomenklatura attuale. Il controllo e filtraggio della rete è stato finora deliberato ma episodico, secondo OpenNet, e completato da consolidate pratiche di autocensura.

Proprio la Moldavia potrebbe aver dato un segnale d’allarme al KGB di Minsk: la “twitter revolution” del 2009 a Chisinau non può non essere tornata in mente agli apparatchik di regime quando, lo scorso inverno, gli utenti bielorussi del social network V-kontakte (il facebook russo) hanno lanciato il movimento “la rivoluzione attraverso le reti sociali”. Nella prima parte del 2011, ogni mercoledì pomeriggio alle 7, i giovani bielorussi si davano appuntamento tramite V-kontakte per passeggiare tranquillamente sui viali vicino a Oktobriyskaya: poi, per trenta secondi, un gruppo si fermava ed iniziava ad applaudire al vuoto, come segnale di protesta, per poi subito scomparire tra la normale cittadinanza, senza dare tempo alle forze di polizia di essere riconosciuto ed identificato. La protesta, dai caratteri quasi dadaisti, non ha mancato di suscitare la reazione del regime: i viali sono presto diventati off-limits per la circolazione dei pedoni il mercoledì pomeriggio, e un numero sempre maggiore di arresti sono stati effettuati, fino a più di 100 fermati il 15 giugno 2011. La protesta è da allora andata scemando, ma ha mostrato l’esistenza di una fetta di società bielorussa (giovane e connessa, benché limitata nel numero) che non accetta una lealtà neanche passiva al regime, ed è disposta ad esporsi, almeno relativamente, per dimostrarlo.

E’ in questo senso che va letta la nuova legge sul traffico internet: il regime bielorusso si tiene pronto ad una prova di forza, nel caso in cui la crisi economica e l’isolamento internazionale mettano in seria difficoltà il governo e spingano la gente in piazza:  allora, come avvenuto in Egitto nei giorni di piazza Tahrir, Lukashenko potrebbe tramite un pulsante scollegare l’intero traffico internet del paese. L’opposizione farebbe bene a dotarsi di qualche contromisura, prima di allora.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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