La notte tra il 23 e il 24 dicembre 2020 la Guardia Costiera ha recuperato i corpi di 20 persone al largo della Tunisia, vittime dell’ennesimo naufragio nel Mar Mediterraneo. Sempre il 23 dicembre, a circa mille km più a nord, precisamente a Lipa nell’area di Bihać in Bosnia-Erzegovina, prendeva fuoco uno dei più grandi campi di accoglienza presenti nel paese. Il campo ospitava circa 1500 persone che, dopo l’incendio, si sono ritrovate letteralmente per strada. In queste settimane le immagini provenienti da Lipa hanno fatto il giro del mondo: persone abbandonate al gelo, senza acqua calda, senza servizi, aiutati solo dalle organizzazioni non governative presenti sul territorio. Tutto questo mentre imperversa una pandemia di cui non si vede ancora la fine.
Nonostante gli appelli e le denunce provenienti anche dall’Unione Europea, l’unica soluzione trovata dalle autorità locali è stata quella di costruire una nuova tendopoli lì dove sorgeva il vecchio campo. L’assurda e disumana condizione che vivono i migranti in Bosnia sta, per fortuna, trovando ampio risalto nei media italiani. L’emergenza, però, non nasce oggi ma ha radici ben più profonde e risale almeno al 2016, anno in cui l’Europa chiuse formalmente la cosiddetta “rotta balcanica”. La rotta, in realtà, ha continuato a essere percorsa da migliaia di persone provenienti soprattutto da Afghanistan, Siria, Pakistan, Iraq.
Per i migranti la Bosnia rappresenta l’ultima tappa prima di entrare in Europa, ma non la fine del loro viaggio. Perché in Bosnia i migranti ci restano a tempo indeterminato. Proprio come accade in Libia. In un contesto apparentemente meno violento ma di certo non meno crudele. Rotta mediterranea e rotta balcanica risultano essere quindi meno diverse di quanto possa sembrare. Quello che cambia è il metodo di sfruttamento e violenza perpetrato verso i migranti. Non la sostanza né la gestione dei processi migratori, sempre più strutturali e non emergenziali come spesso raccontato da istituzioni e media.
Di fronte a tutto ciò sono state numerose le iniziative di solidarietà attivate nel nostro paese per portare sostegno a chi è ancora bloccato al confine croato-bosniaco. Tra queste, Routes Roulette lanciata da un gruppo di associazioni di Palermo (Maghweb, HRYO, Naka), cui hanno aderito numerose altre realtà tra cui East Journal. Il nome Routes Roulette, la roulette delle rotte, rimanda immediatamente al concetto di scommessa, di gioco, come i migranti chiamano il tentativo di attraversare i confini per giungere in Europa. Oggi, per milioni di persone in tutto il mondo, migrare rappresenta infatti una vera e propria scommessa, non solo per sé stessi ma anche per i propri cari. Proprio per questo, l’iniziativa vuole legare le due rotte migratorie che non rappresentano altro che due facce della stessa medaglia.
La campagna consiste in una raccolta fondi da far arrivare in Bosnia nelle prossime settimane per sostenere il lavoro delle associazioni presenti sul territorio e contribuire a soddisfare i bisogni materiali dei migranti. I fondi verranno destinati soprattutto all’acquisto di beni di prima necessità e di attrezzature necessarie a migliorare la vivibilità dei luoghi dove sono costretti a vivere i migranti.
Questa azione non può però prescindere da una dura critica verso le politiche migratorie adottate non solo dal nostro paese ma dall’intera Unione Europea. Le guerre che i nostri paesi contribuiscono ad alimentare, la chiusura delle frontiere, i respingimenti illegali, le violenze delle polizie, la nascita di veri e propri lager in cui rinchiudere i migranti non sono episodi isolati, frutto del caso o di un’emergenza, ma sono piuttosto il risultato di decenni di politiche di chiusura, profondamente razziste e ingiuste. Perseguendo l’obiettivo della “sicurezza” queste politiche hanno invece prodotto sempre più insicurezza, dentro e oltre i confini dell’Europa, costringendo migliaia di persone a una vita di privazioni, abusi e morte. Per questo Routes Roulette si pone come altro obiettivo quello di denunciare, con varie iniziative che verranno organizzate nelle prossime settimane, quello che accade alle frontiere europee.
Nella pagina Facebook dell’iniziativa, Routes Roulette, è possibile ricevere tutte le informazioni necessarie per le donazioni, leggere il manifesto di lancio (cui è sempre possibile aderire) e seguire tutti gli aggiornamenti della campagna.