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L’esercito russo in Italia contro il Covid-19, ma finora solo minacce a giornalisti

Il portavoce del ministero della Difesa russo, il generale Igor Konashenkovha pubblicato su Facebook una lettera indirizzata alla Stampa in cui accusa il giornale di aver diffuso articoli non veritieri riguardo agli aiuti inviati dall’esercito russo in Italia per fronteggiare l’emergenza da Covid-19. Oggetto della missiva è il giornalista Jacopo Iacoboni, autore degli articoli. In un passaggio raggelante, il generale Konashenkov scrive: “Chi si scava la fossa, ci finisce dentro“. Un esempio di linguaggio mafioso, volto a intimidire, minacciando di stare attento a non cadere nella “fossa” il giornalista italiano. Fuor di metafora, significa che ci si cerca grane, le trova. Chi vuole il male altrui, trova il proprio. Ma Iacoboni no ha cercato grane, né il male altrui. Ha fatto il suo lavoro. Bene o male, non sta al ministero della Difesa russo stabilirlo, tantomeno attraverso intimidazioni e minacce.

Come non bastasse, l’ambasciata russa in Italia condivide e rilancia le minacce.

Il nostro governo fa orecchie da mercante, e risponde con una nota in cui fornisce i numeri di militari, medici e mezzi russi giunti in Italia. Ma è una risposta? Ovviamente no. Ora, sarebbe il caso che qualcuno dal governo ricordasse ai nostri gentili ospiti che qui non siamo in Russia, e che non si minaccia di morte uno che scrive qualcosa di antipatico, neppure nel caso fosse falso.

Ma le parole di Konashenkov tradiscono nervosismo: è sufficiente una zanzarina (non me ne voglia Iacoboni) a farli sussultare così?

 

 

Che ci fanno qui?

Come è noto, una missione medico-militare russa è in corso in Italia. Si tratta di un contingente di reparti NBC (nucleare, biologico, chimico) inviato dal ministero della Difesa russo con tanto di aerei cargo IL76, diversi medici dei reparti specializzati dell’esercito, unità mobili per il contenimento delle minacce batteriologiche, mezzi per la sanificazione del suolo e poi un numero imprecisato di soldati. E qui domandare è lecito: cosa fanno esattamente questi militari russi? Attualmente si trovano a Bergamo e saranno di aiuto all’ospedale da campo messo in piedi dall’Associazione nazionale alpini. Questo è quello che si sa.

Non si sa invece quanti siano, per quanto tempo rimarranno, quale sia lo scopo della presenza di militari accanto al personale medico. Occorre ricordare che l’esercito italiano dispone dei migliori reparti NBC della Nato. Avevamo bisogno di quelli russi?

Non è poi peregrino ricordare come alla guida dell’operazione ci sia il generale Sergey Kikot, già noto per essersi speso nel tentativo di scagionare il presidente siriano Bashar al Assad dall’accusa di aver usato armi chimiche contro i suoi cittadini. Insomma, è questo il tipo di specialità dei nostri russi? Oppure, come alcuni dicono, sono qui per sanificare le strade benché, come  ricordato dall’Istituto Superiore di Sanità, sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili, non vi sono evidenze a supporto dell’efficacia della sanificazione delle strade e pavimentazioni esterne con prodotti chimici disinfettanti o igienizzanti” nel combattere la diffusione del virus.

Domandare è lecito, ma costa una minaccia di morte.

Non il dito, ma la luna

Dice un proverbio che quando il dito indica la luna, lo stolto guarda il dito. Il dito, in questo caso, è il giornalista autore degli articoli che tanto hanno fatto arrabbiare il ministero della Difesa russo.

Sia chiaro, qui il punto non è la credibilità di Iacoboni – già in passato vittima di qualche inciampo, e spesso autore di articoli sensazionalistici le cui fonti paiono, tuttavia, fumose. In merito si legga meglio su il Post – ma il modo in cui militari stranieri, a casa nostra, ci minacciano. Il fatto che sia in corso un’emergenza sanitaria non può consentire al governo di uno stato autoritario di intimidire la nostra libera stampa.

Questo è il punto. Non che Iacoboni abbia preso di mira, nelle sue passate inchieste, la parte politica oggi al governo. E nemmeno che i suoi articoli sulla presenza russa in Italia lascino effettivamente un po’ a desiderare in quanto a fonti.

Usque tandem?

Fino a quando saremo disposti a tollerare le opacità e le omissioni di un governo, quello nostro, che nasconde dietro l’emergenza le proprie carenze? Fino a quando vorremo farci insultare dal primo che passa, mentre c’è gente che fatica ogni giorno, o peggio. Fino a quando accetteremo militari stranieri nelle nostre strade, buoni solo a minacciare? L’epidemia non è una scusa per mandare giù tutto. L’emergenza passerà, prima o poi, e bisognerà chiedere conto di molte cose. Tra cui magari anche questa.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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