RUSSIA: Servono nuove indagini sul caso Nemtsov

Sono passati cinque anni da quel 27 febbraio in cui perse la vita Boris Nemtsov. Stretto collaboratore di Eltsin negli anni Novanta e oppositore politico di rilievo dell’era Putin, Nemtsov stava camminando sul ponte Bolshoj Moskvoretskij di Mosca, quando fu freddato da quattro colpi da arma da fuoco.

Le indagini, condotte dal Comitato Investigativo russo, portarono alla condanna a vent’anni di carcere per Zaur Dadayev, esecutore materiale dell’omicidio, e a reclusioni tra gli undici e i diciannove anni per altri quattro uomini (Anzor Gubashev, Shadid Gubashev, Temirlan Eskerchanov e Chamzat Bachaev), complici nell’organizzazione e nella pianificazione del delitto. Tuttavia, la sentenza del giugno 2017 è stata fortemente criticata per mancanza di prove sufficienti. Il 20 febbraio 2020, Margaret Cederfelt, relatrice dell’Assemblea Parlamentare dell’OSCE sul caso Nemtsov, ha rilasciato un ultimo rapporto in cui si chiedono “nuove e approfondite investigazioni”.

I mandanti dell’assassinio

Non sono mai state chiarite le ragioni dell’omicidio, né tantomeno chi vi si nascondeva dietro. Infatti, non convince l’accusa degli inquirenti che indicherebbe nel solo Ruslan Mukhudinov, ex ufficiale ceceno, il mandante. Alcuni ipotizzano un possibile ruolo dei servizi segreti ed altri ancora ragionano su un possibile coinvolgimento del presidente russo Vladimir Putin.

Secondo John B. Dunlop, esperto di storia russa alla Hoover Institution, Nemtsov sarebbe stata una figura alquanto scomoda agli occhi di Putin. Infatti, egli stava lavorando a un dossier sul coinvolgimento russo nel conflitto ucraino, documento che è stato, in seguito, pubblicato dai suoi colleghi di partito del RPR-PARNAS, con il titolo “Putin. Guerra”. Tuttavia, l’accusa più accreditata sembrerebbe quella nei confronti del dittatore ceceno, Ramzav Kadyrov. La figlia di Boris Nemtsov ne aveva richiesto ripetutamente l’interrogatorio in tribunale che, però, fu negato da parte dei giudici della corte.

Secondo il rapporto di Cederfelt, “le diverse teorie sui mandanti dell’assassinio non possono essere respinte“, in quanto i fatti presentati dall’accusa sarebbero almeno in parte “implausibili o persino impossibili” e “lo svolgimento del processo sembrerebbe essere stato progettato per evitare inchieste pubbliche” sui mandanti dell’omicidio (pag.31). L’intera faccenda legale presenta, infatti, numerose falle: l’assassinio è stato classificato come omicidio ordinario e non come attacco a personaggio pubblico o uomo di Stato, accusa che avrebbe potuto comminare pene aggravate. Inoltre, mancano le videoregistrazioni dell’omicidio e sufficienti prove per determinare con certezza che l’arma portata a processo fosse quella del delitto, o fosse la sola utilizzata per uccidere Nemtsov.

La risposta del Cremlino

Lo scorso 21 febbraio, l’agenzia di Stato russa TASS ha riportato le parole del portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov. “Gli organi investigativi russi stanno conducendo l’indagine in conformità con la legge russa; nessuna investigazione internazionale può essere condotta sul territorio della Federazione Russa”, ha dichiarato Peskov. Il Cremlino ha, pertanto, chiuso le porte a qualsiasi tentativo di intervento internazionale sul caso Nemtsov.

La vita di Boris Nemtsov è stata raccontata in un documentario diretto dal regista Kara-Murza, proiettato al Parlamento Europeo nel giugno 2017. Il film è disponibile su youtube, sottotitolato in inglese dall’Institute of Modern Russia.

Foto: DW.com

Chi è Amedeo Amoretti

Studente di Laurea Magistrale in Relazioni Internazionali, curriculum Global Studies, alla LUISS Guido Carli. Si interessa principalmente di Russia, Bielorussia e Ucraina.

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