di Matteo Zola
Il prossimo 25 ottobre si terranno in Bulgaria le elezioni per il Presidente della Repubblica. L’attuale presidente, Georgi Parvanov, giunto al termine del suo secondo mandato, non potrà ricandidarsi. Sono otto i pretendenti alla presidenza, per altrettanti partiti o coalizioni, in un sistema politico – quello bulgaro – dove Stato e mafia si compenetrano troppo spesso. A dimostrarlo i molti fatti di cronaca che hanno riempito le colonne dei giornali internazionali dal 1991 ad oggi.
I poteri del Presidente della Repubblica
La Bulgaria è una democrazia dal 1991, la forma di governo è votata al parlamentarismo ma anche il presidente della repubblica è eletto dai cittadini. I poteri del presidente, tuttavia, sono limitati: è capo delle forze armate, può respingere una legge per un ulteriore dibattito ma il Parlamento può ribaltare il veto presidenziale con un semplice voto di maggioranza. Non detiene l’iniziativa legislativa e non può sciogliere la Camera. Una volta eletto abbandona il partito per cui si è candidato poiché la Costituzione vieta che il Presidente sia iscritto a un qualsiasi movimento politico. L’attuale Presidente, Georgi Parvanov, era il candidato del Partito socialista (l’erede diretto del Partito Comunista pre 1989), è stato l’unico Presidente rieletto per un secondo mandato che, appunto, scade il prossimo 25 ottobre.
Una democrazia imperfetta
La Bulgaria è una “democrazia imperfetta” secondo il Democracy index dell’Economist che la vede al 51° posto (con un voto di 6.84 su 10). Per quanto questa classifica sia controversa, testimonia le difficoltà di un Paese a cui, nel 2008, sono stati sospesi i fondi europei (ben 486 erano i milioni previsti per quell’anno) a causa della corruzione dilagante che portava gli euro di Bruxelles nelle tasche dell’oligarchia politico-mafiosa locale. Secondo l’Ufficio europeo di lotta contro la frode, due uomini d’affari avrebbero sottratto nel 2007 ben 32 milioni di euro stanziati da Bruxelles per finanziare progetti agricoli e di sviluppo, con lo scopo di rimborsare la campagna elettorale proprio del presidente bulgaro Georgi Parvanov. Il 2007 è stato anche l’anno del forse prematuro ingresso della Bulgaria nell’Unione.
Mafia bulgara e politica
Alla corruzione dilagante si associano l’insicurezza sociale e l’intimidazione diffusa: coloro che provano a denunciare gli affari della cupola politico-mafiosa bulgara, semplicemente muoiono. Eclatante è stato il caso di Boris Tsankov, “l’uomo che sapeva troppo”, giornalista dal passato criminale che conosceva bene il mondo dei “mutri“, i mafiosi bulgari che – usciti dai servizi segreti comunisti – si sono dedicati al business della “protezione” (leggi: intimidazione) per poi riciclarsi nelle assicurazioni e degli affari. Affari milionari che fanno i “mutri” gli uomini più ricchi del Paese.
Il caso della centrale nucleare di Belene (di cui ci siamo occupati in un’inchiesta pubblicata in italiano su East Journal e in inglese su Flare) spiega bene il tipo di rapporti che intercorrono tra questi “affaristi” bulgari e la politica.
Bulgaria multietnica
La Bulgaria è multietnica: turchi, rom, romeni, arumeni, pomacchi, sono molte le comunità religiose e linguistiche che abitano il Paese. Esiste un partito turco, il Movimento per i Diritti e le Libertà (DPS), che negli ultimi vent’anni ha saputo diventare l’ago della bilancia della politica bulgara. Alle ultime elezioni europee del 2007 ha ottenuto il 20% dei consensi mentre alle politiche del 2009 il 14,5% attestandosi al terzo posto. Un risultato interessante se si pensa che la minoranza turca in Bulgaria è il 9,4 % della popolazione. L’altra minoranza più numerosa è quella Rom, intorno al 5%, da sempre oggetto di discriminazione e talvolta espressione di un’altra mafia, altrettanto organizzata: i cosiddetti “gipsy kings“, i re zingari che guidano clan dediti al contrabbando e al furto, sono di gran lunga più innoqui della mafia dei colletti bianchi di matrice bulgara. Di recente la morte di un giovane bulgaro a causa di un criminale Rom ha scatenato un’ondata di violenze contro le comunità Rom del Paese.
Ultranazionalismo
Il partito nazionalista Ataka ha cavalcato l’onda del malcontento: le elezioni presidenziali si avvicinano e l’intolleranza è sovente foriera di consensi. Ataka, però, alle scorse elezioni politiche si è fermata al 9,36%. A queste presidenziali esprime un proprio candidato, Volen Siderov. Quasi cinque punti meno del partito turco. Segno che l’intolleranza non è argomento tale da interessare un popolo da vent’anni governato da una classe politica corrotta: giustizia, equità, lavoro. Sono questi i temi che interessano ai bulgari, temi da sempre elusi, buoni solo per le retoriche elettorali.