Bulgaria

BULGARIA: La piazza fa cadere il governo

Dopo un paio di settimane di forte mobilitazione, il governo bulgaro guidato da Rosen Željazkov cede e si dimette. Il paese piomba, di nuovo, nella paralisi politica degli ultimi anni.

Cosa è successo?

Contrariamente agli annunci seguiti alle ultime proteste da parte di personalità di spicco del governo, nonché alla disponibilità di quest’ultimo a revisionare la legge di bilancio, Željazkov non ha retto alle pressioni dei manifestanti. Già da qualche settimana, in particolare a seguito dell’annuncio della legge di bilancio, decine di migliaia di bulgari erano scesi in piazza contro il governo. Protesta atipica, vista da occidente, considerato che la contestazione è rivolta contro l’aumento del deficit pubblico, nonché delle tasse sui contributi previdenziali e sui dividendi per finanziare un aumento di pensioni e salari del settore pubblico. Una contestazione, dunque, (neo)liberale e molto giovane.

In realtà la protesta ha da subito catalizzato lo sfinimento dei bulgari nei confronti della politica mainstream del paese. L’attuale governo, fatta eccezione per i populisti conservatori di C’è un Popolo come Questo (ITN), è infatti composto dai tre storici attori della politica bulgara: GERB, il partito guidato da Bojko Borisov, premier della Bulgaria per dieci anni associato a vasti scandali di corruzione; il Partito Socialista Bulgaro (BSP), successore del Partito Comunista e dunque onnipresente nella vita politica del paese; e il partito della minoranza turca DPS che garantisce supporto esterno al governo, il cui leader, l’oligarca Delyan Peevski, è da sempre mira di fortissima contestazione per la sua immagine di uomo corrotto.

Il susseguirsi degli eventi rimanda direttamente al 2021, quando vaste proteste contro il governo guidato da Borisov aprirono una breccia nello scenario politico del paese, fino ad allora dominato dai partiti mainstream. Varie formazioni definite populiste entrarono con vigore in Parlamento: il citato ITN, catapultato improvvisamente in prima linea e la cui parabola si è presto consumata; alcuni partiti liberali che attualmente compongono la coalizione Continuiamo il Cambiamento – Bulgaria Democratica (PP-DB), seconda forza del paese dopo il GERB; e, poco più tardi, l’estrema destra di Vazrazhdane.

Vazrazhdane, nonostante la sua traiettoria ascendente nel corso delle ultime elezioni, non è riuscito a canalizzare a suo favore la rabbia popolare delle ultime settimane. A beneficiarne, considerata anche la natura liberale della protesta, è stata la coalizione PP-DB: i sondaggi hanno subito registrato un balzo nel supporto del partito, ora vicinissimo al GERB. Una crescita poco spendibile in caso di nuove elezioni, visto che si è lontani dalle cifre necessarie per governare (il partito è dato poco sopra al 20%); le possibili coalizioni di governo sono già state tutte testate (esclusa l’estrema destra) con esiti negativi: PP-DB ha anche governato con il suo acerrimo nemico, GERB, scelta che gli era costata un forte ridimensionamento alle urne.

Il Presidente Rumen Radev inviterà adesso i partiti a tentare di formare un nuovo governo. Salvo grandi sorprese, l’esito sarà negativo, ed il paese si avvierà dunque verso le settime elezioni dal 2021 a ridosso di un periodo delicatissimo: nel 2026, la Bulgaria adotterà l’euro, scelta che ha provocato forti risentimenti tra la popolazione.

Foto: dal profilo Facebook Коалиция “Продължаваме Промяната – Демократична България”

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Chi è Gianmarco Bucci

Nato nel 1997 a Pescara, vive a Firenze. Al momento svolge un dottorato in Scienze Politiche e Sociologia alla Scuola Normale Superiore di Pisa sulle coalizioni rosso-brune in Europa centro-orientale. Scrive su East Journal dal dicembre 2021.

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