di Matteo Zola
Degna del migliore partito comunista sovietico, questa è Russia Unita, il partito di Putin e Medvedev. Il 23 settembre scorso, in un congresso degno delle migliori vecchie adunate oceaniche sulla piazza Rossa, diecimila persone hanno applaudito allo scambio di ruoli tra Vladimir e Dimitri. Il presidente russo Medvedev ha infatti “rinunciato” alla carica chiedendo a Putin di ritornare alla poltrona del Cremlino. Un “onore”, ha commentato Putin. L’inversione delle cariche, nonostante qualche apparente contrasto pubblico, dimostra quindi un accordo di ferro tra i due, come ha ammesso lo stesso Vladimir. Uno scambio che però fa comodo soprattutto al vecchio Putin che una volta “eletto” presidente, potrà contare su un mandato allungato da quattro a sei anni e si potrà ricandidare anche nel 2018, arrivando così al 2024: un quarto di secolo al potere. A Medvedev resterà l’arduo compito di fare le riforme che tutto il mondo economico e industriale, nonché l’emergente classe media, invocano a gran voce. Riforme di cui Medvedev era l’espressione, al punto che qualcuno nella stampa europea aveva già dato Putin per “vecchio e superato”. Il vecchio che avanza.
L’arrocco tra Dimitri e Vladimir blinda il potere russo per i prossimi decenni ma non mancano le turbolenze interne. La defenestrazione del ministro delle Finanze, Aleksei Kudrin, ne è l’esempio più evidente ma anche la cacciata di Michail Prokhorov quale leader del partito “Causa Giusta” è un segno di squilibrio interno dal momento che “Causa Giusta” avrebbe dovuto diventare – nei piani del Cremlino – il principale partito d’opposizione a Russia Unita. Un’opposizione fittizia, ovviamente.Meno fittizia era l’opposizione di Russia Giusta il cui leader, Serghei Mironov, è stato esautorato dalla carica di presidente del Senato. Troppe critiche. Il suo partito ora rischia di non superare la soglia del 7%.
Putin “l’eterno“, come è stato apostrofato da Novaia Gazeta, deve ora tenere sotto controllo qualche scossa di assestamento ma nulla sembra poterne scalfire la leadership. Anche i rapporti con l’occidente non subiranno contraccolpi: la Russia ha troppo bisogno della tecnologia e del know how dell’occidente e quest’ultimo ha troppo bisogno delle risorse energetiche russe per puntare i piedi su questioni di diritto, che si tratti di diritto costituzionale o diritti umani.
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