Da BELGRADO – Lo scorso 7 luglio si è tenuta a Banja Luka l’ennesima manifestazione pacifica per chiedere giustizia per David Dragicevic, il giovane ventunenne trovato morto lo scorso 24 marzo. Da allora, sono molti i cittadini della capitale della Republika Srpska (una delle due entità in cui è suddivisa la Bosnia) che tutti i giorni si riuniscono nella piazza centrale per chiedere giustizia per David, di cui si sospetta che sia stato torturato e ucciso con la complicità delle autorità dell’entità a maggioranza serba.
Quella dello scorso 7 luglio è stata, in termini di grandezza, la seconda manifestazione, dopo quella del 21 aprile, a cui hanno partecipato migliaia di cittadini – stando a diverse fonti, circa 15mila persone.
A guidare le proteste è Davor Dragicevic, padre di David, che da mesi accusa pubblicamente i vertici della Republika Srpska di aver ucciso suo figlio. E se in un primo momento le autopsie sembravano poter giustificare questa accusa da parte del genitore, l’esame tossicologico dello scorso 29 giugno – che non ha riscontrato la presenza di alcuna sostanza psicotropa “pesante” se non una bassissima percentuale di cannabinoidi – rigetta del tutto la tesi del ministro degli Interni dell’entità Dragan Lukac, che in un primo momento aveva indicato nell’uso di droga la causa della morte del giovane.
Dopo la pubblicazione sul gruppo Facebook “Pravda za Davida” (giustizia per David) del referto medico condotto da una clinica viennese, Davor Dragicevic aveva quindi rincarato la dose di accuse e la richiesta di giustizia. La manifestazione del 7 luglio è stata una delle più partecipate e ha visto il coinvolgimento di molti cittadini accorsi da molte città del paese, scavalcando quindi le rigide divisioni nazionali che solitamente attanagliano anche le proteste di carattere sociale.
Significativo a tal proposito è stato il gesto di Mahir Mujic, giovane bosgnacco che in segno di solidarietà ha corso da Sarajevo a Banja Luka.
Il supporto alla causa di Davor è quindi trasversale, poiché il caso della morte di David non è il primo a rimanere irrisolto e a lasciare il sospetto di un coinvolgimento delle forze dell’ordine bosniache. Al fianco di Davor Dragicevic il 7 luglio c’era infatti anche il bosgnacco Muriz Memic, padre di Dzenan, giovane sarajevese morto nel febbraio del 2016 in circostanze mai chiarite del tutto e per cui si sospetta che si possa trattare di un omicidio occultato dalle autorità della capitale bosniaca.
Dal canto suo, il presidente della Republika Srpska Milorad Dodik – che lo scorso maggio ha annunciato la sua candidatura al seggio serbo della presidenza collegiale bosniaca – si è comportato in maniera ambigua. Se in un primo momento era sembrato vicino alla causa del padre di David, incontrandolo personalmente, questi è gradualmente tornato a difendere l’operato della polizia e della procura della Republika Srpska.
“Non ci saranno elezioni fino a quando non verrà risolto il caso”, aveva dichiarato Davor Dragicevic, minacciando direttamente il regime incontrastato di Dodik, che alle elezioni del prossimo ottobre potrebbe quindi accusare il colpo delle proteste che da mesi animano Banja Luka.
Tuttavia, il leader dell’entità gode di un appoggio incondizionato dei media, che riportano in modo fazioso circa le proteste. L’emittente nazionale RTRS, in occasione della manifestazione del 7 luglio, riportava che vi avrebbero partecipato solo “alcune centinaia di persone”. Inoltre, la TV vicina al governo aveva denunciato pubblicamente l’organizzazione non governativa ReStart Srpska – che sin da marzo partecipa alle proteste – definendo “criminali” i suoi membri, di cui aveva pubblicato le generalità, nonostante fossero tutti incensurati.
Infine, il padre di David ha dichiarato che prima delle elezioni del prossimo ottobre si terrà un’altra manifestazione su larga scala – mentre quelle di minor tenore continuano ogni giorno in quella che è stata rinominata “Piazza David”.
Il presidente Dodik, ai vertici dell’entità serba da vent’anni (con una parentesi all’opposizione tra il 2001 e il 2006), sente per la prima volta il rischio di vedersi delegittimato non solo alle urne ma anche nel suo operato politico: la morte di David sembra infatti mettere in cattiva luce le istituzioni dell’entità, accusate di essere incapaci di garantire sia la sicurezza dei suoi cittadini, che il regolare percorso della giustizia.
Foto: banjalucanke.com