La preparazione al Mondiale di Russia 2018 diventa ogni giorno più tormentata. Stavolta, secondo quanto riportato dal magazine calcistico norvegese Josimar, il problema è legato alle condizioni di lavoro degli operai impegnati nell’area di San Pietroburgo. Questo va a confermare i sospetti sorti nello scorso novembre su alcuni illeciti durante la costruzione degli stadi che ospiteranno la rassegna iridata.
Nello specifico lo scandalo consisterebbe nell’utilizzo di lavoratori nordcoreani (circa centodieci inviati con il beneplacito del governo coreano come riportato da Josimar) impiegati in condizioni di lavoro oltre il semplice sfruttamento, al limite della schiavitù. Molti degli operai non avrebbero percepito parte dello stipendio o persino l’intera entità del compenso a causa di contratti capestro. I pochi soldi rimanenti sarebbero poi requisiti dal governo del loro paese, almeno secondo quelli che sarebbero gli accordi tra Corea del Nord e Russia per inviare i lavoratori. Quello dello sfruttamento dei lavoratori nordcoreani è comunque un problema diffuso in molti e già ampiamente segnalato dall’Ufficio per i Diritti Umani dell’ONU. I soldi servirebbe a finanziare il programma nucleare coreano.
Per questi lavoratori non esiste mai un giorno di riposo e sono tenuti sotto stretta sorveglianza ventiquattrore su ventiquattro. La loro sistemazione, condivisa con altri lavoratori stranieri, consisterebbe in grossi container – non in grado comunque di ospitare tutte le persone presenti – posti poco di fuori dal sito dei lavori e in cui mancherebbero le minime condizioni igieniche. Allo stesso tempo sarebbero poi state coperte alcune morti (si parla di almeno quattro operai deceduti) poiché avvenute a causa del mancato rispetto delle norme di sicurezza. I sospetti su questo aspetto potrebbero essere confermati dal ritrovamento del cadavere di un lavoratore nordcoreano che si era tentato di occultare poco lontano dalla zona in cui sono posti i container.
La FIFA, secondo quanto riportato dal The Guardian, era a conoscenza della cosa. Il quotidiano inglese sarebbe riuscito a leggere una lettera destinata ai presidenti delle federazioni calcistiche di Norvegia, Finlandia, Svezia e Islanda in cui si rispondeva ad alcuni dubbi sollevati dagli stessi sulle condizioni dei lavorati nei cantieri del Mondiale 2018. In quelle righe Gianni Infantino, presidente FIFA, ammetterebbe che durante un’indagine svolta tra settembre e novembre sarebbero venute alla luce evidenti prove del mancato rispetto dei diritti umani dei lavoratori nel sito di costruzione dello stadio di San Pietroburgo, confermando anche la presenza di lavoratori nordcoreani. Si sarebbe poi agito congiuntamente con il Comitato Organizzatore del Mondiale russo – capeggiato da Vitalij Mutko – per risolvere il problema e una successiva indagine svolta a marzo confermerebbe la riuscita dell’operazione. Durante dei controlli su altri siti di costruzione non sarebbe invece emerso nulla di irregolare.
Infantino avrebbe quindi deciso, di comune accordo con il presidente UEFA Aleksander Čeferin , di non rivelare quanto scoperto in Russia. Entrambi i presidenti e Vitalij Mutko alle domande poste sulla questione russa – e inviate ben prima della rivelazione del Guardian su Infantino – tramite dei portavoce avrebbero infatti negato il tutto e affermato che FIFA e UEFA sono in prima linea per i diritti umani e che collegare le due federazioni allo sfruttamento dei lavoratori nordcoreani e quanto consegue da questo. Nella risposta russa di affermava addirittura che i lavoratori nordcoreani sarebbero stati ben pochi e per un limitato periodo di tempo.
Rimangono ancora molti lati oscuri e ci sarebbe da chiedersi se davvero il problema si sia risolto e come, alla luce di queste rivelazioni, Infantino e tutta la FIFA possano porsi in posizione forte nei confronti di Turchia e Qatar per quanto riguarda il rapporto tra diritti umani e i grandi eventi calcistici.
Foto: www.fifa.com