All’Iran, più che a tanti altri paesi del Medio Oriente, vengono spesso attribuiti stereotipi di difficile decostruzione. Certamente un peso non indifferente è dovuto alla sua recente storia. Dalla Rivoluzione islamica del 1979 che portò al potere l’ayatollah Khomeini alla conseguente demonizzazione da parte degli Stati Uniti, dall’imposizione di un sistema politico dispotico all’isolamento internazionale, l’Iran parte sicuramente svantaggiato, ma solo se ci si sofferma a una lettura superficiale.
Infatti l’Iran può vantare fin dalla fine dell’Ottocento, all’epoca della dinastia dei Qajar, una società civile molto colta e avanzata, in grado di partorire un’intellighenzia critica nei confronti del clero, anche se mai apertamente antireligiosa. Da questo mondo di intellettuali, giornalisti e artisti scaturisce l’attuale società civile iraniana, che, nonostante le ripetute censure, i drastici cambiamenti politici e la sanguinosa guerra che contrappose l’Iran all’Iraq fra il 1980 e il 1988, è tuttora portatrice di istanze di rinnovamento e di un fecondo dibattito culturale.
Con una scrittura fluente e invitante, Giuseppe Acconcia, corrispondente dal Medio Oriente e ricercatore per la Goldsmiths University of London e per l’Università Bocconi, ripercorre la storia dell’Iran con un occhio attento al presente. Da conoscitore diretto dei luoghi che racconta, Acconcia ha vissuto e viaggiato molte volte per il paese, lascia trasparire la sua competenza, senza però far pesare la sua centralità di autore. È la storia dell’Iran che gli interessa far conoscere, anche attraverso particolari poco conosciuti, non trascurando di fornire al lettore un ampio quadro delle attuali istituzioni della Repubblica islamica e della vita quotidiana dei cittadini iraniani.
Episodio in qualche modo dirimente per la storia dell’Iran contemporaneo è individuato da Acconcia nel golpe, guidato dai servizi segreti inglesi e americani, che depose nel 1953 il primo ministro Mossadeq, colpevole di aver nazionalizzato la compagnia petrolifera iraniana. La destituzione fu voluta in primis dallo shah Mohammad Reza, noto all’estero soprattutto per la sua opera di modernizzazione del paese e per l’alleanza politico-commerciale con l’Occidente. Profondamente ostile al comunismo, Reza organizzò una delle più temibili polizie segrete del Medio Oriente, la Savaq, che si rese colpevole di arresti, torture ed esecuzioni, ma fu anche accusato di indifferenza nei confronti delle istanze delle fasce più deboli della popolazione.
La Rivoluzione islamica del 1979, che lo depose mettendo fine alla monarchia, venne accolta inizialmente come la tanto attesa apertura a quei diritti che il regime precedente aveva così duramente represso. Invece si trattò di un’effimera illusione, la Rivoluzione venne monopolizzata dal clero sciita, che impose regole molo rigide nei costumi e nella vita sociale, sottoponendo il controllo ultimo delle istituzioni alla Guida Suprema, rappresentata da Khomeini fino alla morte avvenuta nel 1989 e da allora fino a oggi da ‘Ali Khamene’i. Ma, nonostante il rigore del clero e di un’istituzione come il Consiglio dei Guardiani, composto da sei giuristi religiosi nominati dalla Guida Suprema e da sei laici nominati dal Parlamento, che funge da Corte costituzionale, nonostante la censura e la repressione delle forme di espressione più indipendenti, la Repubblica islamica concede il pluralismo partitico e un’alternanza politica garantita dalle elezioni presidenziali che si tengono ogni quattro anni. Dopo la precedente presidenza ultraconservatrice di Ahmadinejad, attualmente, appena rieletto, siede alla presidenza il moderato Ruhani, che ha già avviato una serie di riforme molto interessanti.
Acconcia ci conduce così nella complessità dell’Iran contemporaneo. Ci parla del cinema e del teatro, che ha grande spazio e numeroso pubblico soprattutto nelle città, ci racconta delle mondo femminile, che non gode ancora appieno della parità giuridica con gli uomini, sebbene alcuni passi in avanti siano stati fatti, ci mostra attraverso le parole i veli sul capo delle donne sempre meno invasivi e ci illumina sulle abilità degli artisti ad aggirare la censura. Ci parla di un Iran che, nonostante le repressioni e le chiusure, dopo il 1979 non ha assunto atteggiamenti aggressivi e non ha attivato strategie di esportabilità del proprio modello, diventando uno dei paesi meno disgregati del Medio Oriente.
E, infine, Acconcia ci parla di un paese bellissimo che invita tutti a visitare, prima che arrivino anche da quelle parti i segni più chiassosi e grossolani di un Occidente sempre meno ostile.
Il grande Iran
prefazione di Mohammad Tolouei
Èxòrma, Roma 2016
- 235, euro 14.50
Foto: Tobi Gaulke, Flickr