Il calvario russo scatenatosi a seguito dello scandalo doping sembra non volersi arrestare. I recenti sviluppi sembrano infatti mettere ancora di più sulla graticola le federazioni sportive russe e dell’est Europa. Negli ultimi mesi la WADA, sempre nell’ambito dell’indagine sul cosiddetto “doping di Stato russo”, ha effettuato nuovi test sui campioni prelevati durante le Olimpiadi del 2008 e del 2012. I risultati di questi nuovi test sono decisamente sconcertanti e la fisionomia dei medaglieri di entrambe le edizioni finiranno per subire copiose modifiche.
Gli atleti risultati positivi al doping sono circa cento e, come accennato, la maggior parte di questi proviene dalla Russia e dall’Europa dell’est. Quaranta di quest’ultimo gruppetto hanno vinto una medaglia. I numeri complessivi sembrano però desinati a salire e con loro le sanzioni che giorno per giorno vengono annunciate dagli organi ufficiali. Conseguentemente sono arrivate anche le riassegnazioni delle medaglie che, in alcuni casi, sono state consegnate a chi era arrivato ben lontano dal podio. Questa è infatti la storia di Chaunté Lowe, saltatrice in alto, che si è vista attribuire la medaglia di bronzo dopo che ben tre atlete arrivate di fronte a lei sono state squalificate. La maggior parte degli atleti a cui è stata ritirata la medaglia sono russi o provengono dall’area ex sovietica (Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Kazakistan, Moldavia, Ucraina, Uzbekistan), ma sono coinvolti anche la saltatrice greca Hrysopiyi Devetzi e la sollevatrice turca Sibel Özkan.
Quasi tutti gli atleti squalificati sono positivi a steroidi anabolizzanti di tipo stanozololo e turinabol. Celeberrimi nel mondo dello sport sia per essere i protagonisti dell’attuale scandalo sia per essere le sostanze che aiutarono la Germania Est a trovare il successo sportivo tra gli anni ’70 e ’80. Se al tempo non furono rilevati gli illeciti è perché la scienza legata all’antidoping non aveva fatto abbastanza progressi da poter essere in grado di scovare un ammontare così piccolo di sostanze.
Oltre a quelle estive, in ballo ci sono anche le Olimpiadi invernali di Soči del 2014. Secondo alcune informazioni rilasciate al New York Times ci sarebbero ben quindici atleti russi a medaglia risultati positivi dopo nuovi controlli. Tutte queste nuove violazioni mettono sempre più in cattiva luce la Russia, che a questo punto potrebbe anche subire nuove e pesanti penalizzazioni dopo la quasi totale squalifica dai Giochi Olimpici di Rio 2016 e quella integrale dalle Paralimpiadi della stessa edizione.
Vitalij Mutko, ex ministro dello Sport russo da poco nominato vicepremier, è considerato dalla WADA uno dei maggiori responsabili del doping sistematico da parte degli atleti russi. Inoltre ha dei pessimi rapporti con il presidente della stessa antidoping Craig Reedie e con Richard McLaren, colui che si è occupato di portare avanti l’inchiesta. Quest’ultimo potrebbe assestare il colpo decisivo alla Russia quando il 9 dicembre consegnerà il rapporto definitivo sul caso. Mutko attualmente è ai ferri corti anche con la FIFA. Infatti negli ultimi tempi sono stati sollevati sospetti di corruzione durante i lavori di costruzione degli stadi per il Mondiale 2018.
L’ex ministro tenta comunque di difendersi, negando di essere a conoscenza del sistema doping, e il proprio movimento sportivo. Uno dei modi in cui sta facendo ciò è opporsi all’aumento dei poteri della WADA proposto negli ultimi tempi, tramite cui l’antidoping avrebbe anche la possibilità di negare a chi commette violazioni di ospitare le competizioni internazionali. A detta di Mutko una cosa simile danneggerebbe fortemente il ruolo delle federazioni internazionali e il loro rapporto con quelle nazionali. Allo stesso tempo ha accusato il Comitato Paralimpico di estorsione nei confronti della Russia, poiché a quest’ultima sarebbe stato imposto – insieme a altre condizioni – il pagamento di tutte le spese per i controlli extra pena l’esclusione dalle Paralimpiadi invernali del 2018 in Corea del Sud.
Foto: Alexei Nikolsky