Maggioranza e opposizione in Albania hanno trovato l’accordo che pone fine alla lunga crisi politica. Il Partito democratico ha ottenuto le garanzie richieste per un processo elettorale trasparente e, dunque, parteciperà alle elezioni, sfidando il Partito socialista nel voto del 25 giugno. Intanto riparte anche la riforma della giustizia.
Oltre all’ormai cronica crisi in Macedonia, anche l’Albania sembrava avviata lungo una china pericolosa. Il Partito Democratico, all’opposizione, era passato il 18 febbraio all’Aventino parlamentare e aveva annunciato il boicottaggio delle elezioni previste per giugno, denunciando la presunta influenza del narcotraffico. Per contro, la maggioranza socialista di Edi Rama accusava l’opposizione di voler bloccare la riforma della giustizia, condizione necessaria per l’apertura dei negoziati d’adesione all’UE – oltre che di aver paura di perdere alle urne. Dopo mesi di accuse reciproche, e l’elezione di Ilir Meta alla presidenza della repubblica, l’Albania sembrava avviata ad elezioni delegittimate dalla mancanza dell’opposizione ed ad una protratta crisi politica che facesse perdere tempo prezioso al paese delle aquile.
Secondo l’accordo raggiunto tra il premier socialista Edi Rama e il leader del Partito democratico Lulzim Basha nella tarda notte del 17 maggio, che ricalca quanto proposto dall’eurodeputato David McAllister durante la sua mediazione a inizio maggio, l’opposizione parteciperà alle elezioni – ora previste per il 25 giugno, con una settimana di rinvio – in cambio di una serie di garanzie per un processo elettorale inclusivo e trasparente. La “tenda” dell’opposizione, montata di fronte al palazzo del governo, è stata quindi smontata dopo tre mesi di attività.
Lunedì 23 maggio il Parlamento, in sessione straordinaria, ha votato all’unanimità la nomina dei nuovi ministri tecnici proposti dall’opposizione (interni, giustizia, istruzione, salute e servizi sociali, e finanze) e approvato le norme elettorali contro il voto di scambio e per limiti stringenti alle spese elettorali e alla par condicio in tv. Il monitoraggio della correttezza delle elezioni sarà esercitato dalla missione di osservazione elettorale OSCE/ODIHR guidata dal diplomatico svedese Peter Tejler, con 13 esperti e 26 osservatori, oltre a 300 osservatori di breve periodo nel giorno del voto.
I deputati hanno anche approvato la nomina dei membri delle commissioni di vetting – incaricate del riesame delle credenziali di giudici e procuratori nel quadro della riforma della giustizia, – di Klement Zguri come nuovo presidente della Commissione elettorale centrale, e di Erinda Ballanca come nuova Ombudsperson, entrambi proposti dall’opposizione.
Il premier Edi Rama ha dichiarato che concedere pochi ministri di garanzia all’opposizione era il minimo che potesse fare per convincere il Partito Democratico a sbloccare il vetting e la riforma della giustizia. Rama ha ricordato che tale processo sarà supervisionato da giudici europei ed americani, e che maggioranza ed opposizione insieme torneranno a Bruxelles per chiedere l’apertura dei negoziati d’adesione all’UE, qualunque sia il risultato elettorale di giugno. Secondo quando dichiarato al portale BIRN da Skender Minxhozi, direttore di Java News, “la crisi era iniziata a causa dell’insicurezza del PD rispetto a questa importante riforma. La sua messa in atto senza perdere altro tempo dovrebbe essere il primo punto dell’accordo tra i partiti”.
Lo scorso 11 maggio il Commissario europeo all’allargamento Johannes Hahn aveva inviato un messaggio ai cittadini albanesi, ricordando l’importanza di proseguire il dialogo politico all’interno delle istituzioni e condannando gli inviti a impedire la tenuta delle elezioni, che sarebbero dovute essere giudicate di per sé nonostante l’annunciata assenza delle opposizioni. Sabato 13 maggio, poi, l’annunciata manifestazione del Partito democratico a Tirana si era rivelata un relativo flop, portando alla crescita delle voci in dissenso alla strategia extraparlamentare di Basha, vista come un vicolo cieco. Infine, la visita dell’alto diplomatico statunitense Hoyt Brian Yee il 15 maggio è servita a dare un ultimo impulso al compromesso su una data per le elezioni. Un contributo è venuto anche dalla società civile, con il messaggio di solidarietà del premio Nobel Ismail Kadare all’ambasciatrice UE Romana Vlahutin, che aveva ricevuto serie minacce per il suo impegno nella risoluzione della crisi.