ROMANIA: Esplode la più grande protesta di sempre, 300mila in piazza contro il governo

Sono le più grandi proteste di piazza dalla caduta di Ceausescu, ben 300mila persone hanno manifestato in strada a Bucarest contro la nuova legge introdotta dal governo per depenalizzare corruzione e abuso di potere. Una legge che fa comodo anzitutto a Liviu Dragnea, leader del partito socialista al governo, attualmente a processo per corruzione. Il governo ha infatti deciso corruzione e abuso di potere saranno punibili solo se è dimostrabile un danno per lo stato superiore a 44.000 euro. Guarda caso, la vicenda che riguarda Liviu Dragnea è sotto quella cifra. A scampare alla giustizia saranno anche quei politici finiti in manette negli ultimi anni di altalenante lotta alla corruzione. Un liberi tutti che non piace ai romeni. Proteste si sono registrate anche in altre città della Romania, a dimostrazione della dimensione nazionale del malcontento. Un malcontento radicato nel tempo che trova, in questa legge, la classica goccia in un vaso già traboccante.

L’attuale quadro politico

L’attuale primo ministro, Sorin Grindeanu, è stato nominato appena un mese fa. Ci sono voluti due mesi per arrivare alla sua nomina poiché il partito socialista, uscito vincitore dalle elezioni parlamentari dello scorso dicembre, non riusciva a indicare un nome adatto a ricoprire la carica di primo ministro. Carica che sarebbe dovuta andare al leader del partito socialista, Liviu Dragnea, fautore del successo elettorale. Ma Liviu Dragnea non poteva in quanto precedentemente condannato per frode elettorale e per questo interdetto da ogni incarico pubblico. Egli indicò allora il nome di Sevil Shadeh, donna di origine tatara e religione musulmana, ritenuta da molti un “pupazzo” nelle mani dello stesso Dragnea. Anche per questo il presidente della repubblica, Klaus Iohannis, rifiutò di conferirle l’incarico. Così, a inizio gennaio, si è giunti alla nomina di Sorin Grindeanu, uomo di cui la piazza oggi chiede le dimissioni.

Il quadro politico è complicato dal fatto che Klaus Iohannis, presidente della repubblica, è anche l’uomo di punta del partito nazional-liberale, ed è in questa veste (piuttosto che in quella di “arbitro”) che egli partecipa all’agone politico. Iohannis ha infatti preso l’abitudine a partecipare alle proteste di piazza: un modo, lui dice, per dare sostegno ai cittadini. Ci si chiede se sarebbe stato altrettanto solerte nel caso in cui al governo ci fosse stato il suo partito.

Quali conseguenze?

Difficile immaginare gli esiti di una protesta tanto massiccia. Il governo non intende dimettersi, anche se Florin Jianu, ministro per gli Affari e il Commercio, ha lasciato il suo incarico in polemica con la nuova legge voluta dal governo. Tuttavia, qualora il governo dovesse rassegnare le dimissioni, difficilmente si andrebbe a nuove elezioni: si è votato a dicembre e il governo si è insediato da appena un mese. Il primo dovere del presidente Iohannis sarebbe quello di cercare una nuova maggioranza in parlamento, evitando il ritorno alle urne.

Qualora la protesta dovesse assumere caratteri violenti, le conseguenze sarebbero difficili da valutare. Tuttavia la protesta è pacifica, come anche nel 2012 e nel 2014, anni in cui grandi manifestazioni di piazza portarono alla caduta dei governi in carica. Quelle proteste fecero capire quanto distante fosse il “palazzo” dalle esigenze dei cittadini, ma anche quanto la classe dirigente fosse in grado di mantenere il potere malgrado tutto.

Per arginare la protesta, il governo potrebbe anche tentare di delegittimarla. Alcuni manifestanti hanno già lamentato la presenza di “uligani”, ovvero di provocatori filo-governativi il cui scopo sarebbe quello di arrivare allo scontro con la polizia, legittimando così la repressione da parte delle forze dell’ordine. Un gioco vecchio come il mondo che si spera nessuno voglia davvero giocare. Al momento gli scontri sono stati contenuti, portando al ferimento di quattro persone.

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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