La notte del 30 ottobre 2015 si consumava a Bucarest una tragedia che avrebbe portato in strada a protestare più di 20.000 persone, il primo ministro a dimettersi e un enorme scandalo di corruzione e malasanità a venire a galla: l’incendio della discoteca Colectiv, in cui persero la vita 65 persone. A dieci anni di distanza da quella notte, in Romania quasi niente sembra essere cambiato: corruzione e clientelismo continuano a uccidere.
Il Colectiv, una vecchia fabbrica di scarpe chiusa nel 1994 e convertita qualche anno dopo in discoteca, ospitava i Good Bye to Gravity la sera tra il 30 e il 31 ottobre del 2015. La band metal presentava ai fan il nuovo album, i cui pezzi raccontavano, attraverso una serie di dure metafore, delle problematiche sociali della gioventù romena e, macabra coincidenza, di come la crescente corruzione ne minacciasse il futuro. Durante il concerto era previsto un breve spettacolo pirotecnico con dei fuochi d’artificio all’interno della sala. Le scintille delle prime fiaccole, però, raggiunto il soffitto, lo incendiarono completamente causandone in pochi minuti il crollo. Morirono 28 persone e 162 rimasero ferite.
Il governo dichiarò tre giorni di lutto nazionale e la Procura aprì immediatamente le indagini per accertare cause e responsabilità, mentre gli ospedali della capitale faticavano a trovare risorse e strutture per poter curare i sopravvissuti all’incendio. Intanto, in piazza e per le strade di Bucarest migliaia di cittadini protestavano in corteo chiedendo le dimissioni del governo e dell’allora primo ministro Victor Ponta. L’ospedale per i grandi ustionati di Bucarest era impreparato a ricevere un numero così elevato di persone e anche gli altri ospedali dove vennero trasferiti i feriti non riuscirono a garantirne le cure necessarie.
Nelle settimane successive all’incendio della discoteca, altre 37 persone morirono a causa delle infezioni contratte in ospedale durante la degenza.
Mentre le indagini sulle cause dell’incendio andavano avanti, infatti, il giornalista Catalin Tolontan scopriva, grazie alla cruda testimonianza di un’infermiera e ai documenti che gli erano stati forniti, che i disinfettanti distribuiti negli ospedali di Bucarest dalla compagnia farmaceutica Hexi Farma venivano diluiti, diminuendone fortemente l’efficacia ed esponendo i malati a gravi infezioni, fino a provocarne il decesso. Lo scandalo che ne seguì venne raccontato dal regista Alexander Nanau nel documentario d’inchiesta “Colectiv”: uno scioccante caso di malasanità dava il via a una catena di inchieste su corruzione e riciclaggio di denaro che scosse l’intera Romania.
Le condanne ai responsabili dell’incendio arrivarono sette anni dopo la tragedia: vennero arrestati per omicidio colposo e lesioni personali colpose i proprietari della discoteca; per corruzione e abuso d’ufficio sia l’ex sindaco del settore 4 di Bucarest, Cristian Popescu Piedone, che gli ufficiali dell’Ispettorato per le Situazioni d’Emergenza, George Matei e Antonina Radu: questi, pur essendo a conoscenza che la società che gestiva il Colectiv svolgeva la sua attività senza possedere il nulla osta o l’autorizzazione antincendio, ne hanno consapevolmente omesso la mancanza, fornendo le autorizzazioni per lo svolgimento dello spettacolo, fuochi d’artificio compresi.
Il caso di Popescu Piedone è stato particolarmente eclatante: in attesa della fine del processo di primo grado, infatti, nel 2020 Piedone si era candidato alla funzione di sindaco del settore 5 della capitale, uscendone addirittura vincitore e svolgendo la sua attività per quasi due anni. Dopo la sentenza del 2022 che lo condannava a 4 anni di detenzione per abuso d’ufficio, Piedone presentò un ricorso straordinario in Cassazione, da cui venne assolto dai reati di cui era accusato: la Corte annullò la condanna e stabilì che “il fatto non costituisce reato”, quindi Piedone non commise alcuna violazione penale nel concedere le autorizzazioni al Colectiv. Di conseguenza, una volta assolto, venne immediatamente scarcerato, le spese processuali rimasero a carico dello Stato e Piedone esonerato dall’obbligo di risarcire i familiari delle vittime dell’incendio. Qualche anno dopo, lo stesso Piedone venne nominato presidente dell’ANPC (Autorità Nazionale per la Protezione dei Consumatori) salvo poi dimettersi a luglio di quest’anno perché coinvolto in un’inchiesta per corruzione e abuso d’ufficio.
Cristian Popescu Piedone, infatti, è stato rinviato a giudizio dai procuratori della Direzione Nazionale Anticorruzione (DNA) nel fascicolo in cui è accusato di aver divulgato informazioni private e di avere avvertito in anticipo i dipendenti di un hotel di Sinaia di un imminente controllo da parte della polizia.
La corruzione in Romania ha continuato nel frattempo a fare altre vittime. Nell’agosto del 2023 una stazione GPL a Crevedia, vicino Bucarest, è esplosa causando cinque vittime e sessanta feriti: la stazione GPL operava da anni senza autorizzazione antiincendio e, nonostante la chiusura forzata, aveva continuato a funzionare regolarmente.
Non tanto meglio risulta essere la situazione degli ospedali: a dieci anni dalla tragedia, nessuna struttura ospedaliera è in grado di trattare i grandi ustionati, costretti quindi a curarsi fuori dalla Romania, e la carenza di personale e di un numero di posti letto adeguati per le cure dei malati risulta ancora critica. Anche le condizioni di sicurezza degli ospedali sembrano essere inadeguate: negli scorsi anni diverse strutture in tutto il Paese hanno preso fuoco, aggravando ulteriormente la difficile situazione scaturita dall’emergenza Covid.
Ma lo Stato, a quanto parte, preferisce usare i fondi pubblici romeni per costruire e inaugurare gigantesche cattedrali.
Foto: Archivio Radio Romania Actualitati
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