Il partito socialista, che ha vinto le elezioni parlamentari dell’11 dicembre scorso, ha finalmente indicato il nome del prossimo primo ministro. Si tratta di Sevil Shhaideh, donna, economista, classe 1964, di origini tatare, è una figura politica poco nota dentro e fuori il paese avendo fin qui ricoperto incarichi minori, tra cui spicca quello di segretario presso il ministero per lo Sviluppo regionale sotto il precedente governo socialista. Sevil Shhaideh potrebbe quindi essere la prima donna a ricoprire l’incarico di primo ministro nella storia politica romena. Non solo, sarebbe anche il primo premier musulmano, essendo la minoranza tatara di fede islamica.
Si attende solo che il presidente della repubblica, Klaus Iohannis, esponente di un’altra minoranza – quella tedesca – le conferisca l’incarico di formare il governo. Incarico che, abitualmente, viene dato al leader del partito che ha vinto le elezioni, in questo caso Liviu Dragnea, segretario del partito socialista. Ma Dragnea, condannato per frode elettorale e sospeso da ogni incarico politico fino all’aprile scorso, non ha potuto candidarsi a primo ministro a fronte della contrarietà di Iohannis il quale, appena dopo le elezioni, ha dichiarato che “il paese non può essere guidato da indagati o condannati per reati penali”.
Sevil Shhaideh, sposata con un milionario di origini siriane, ha trascorso gran parte della sua vita a Costanza, città sulle rive del Mar Nero, dove si concentra la minoranza tatara giunta nella regione alla fine del XVIII secolo, all’indomani della conquista russa della Crimea. L’esodo dei tatari verso la Dobrugia, come allora si chiamava la provincia di Costanza, fu favorito dalle autorità ottomane e portò nella regione circa 100mila persone. La successiva indipendenza della Romania (1878) causò una nuova migrazione di questa popolazione verso l’Anatolia. Solo una minima parte decise di rimanere, costituendo oggi una delle tante minoranze del paese.
I tatari in Romania sono appena l’1% della popolazione ma potrebbero trovarsi a esprimere il primo ministro. Una eventualità che dimostra quanto la politica e la società romene si siano allontanate dal nazionalismo portato avanti anche durante il regime di Ceausescu, noto per la sua brutalità verso le minoranze. Inoltre, in periodo di islamofobia montante, il paese non si fa problemi ad avere un premier musulmano. Un segnale importante per il resto d’Europa, sempre più avvitato in nazionalismi di ritorno, xenofobia, “controrivoluzioni” e populismo.
Tuttavia la nomina della Shhaideh non cambierà molto le politiche romene in fatto di immigrazione. I governi di Bucarest, socialisti compresi, si sono sempre opposti alla redistribuzione dei migranti nei paesi UE attraverso un sistema di quote, come suggerito da Bruxelles. La Shhaideh non sembra intenzionata a discostarsi da questa linea.